A tutto idrogeno
Ruben Bartali, ricercatore del Centro materiali e microsistemi della Fondazione Bruno Kessler, dialoga con Federica Vinci di Volt Italia a proposito di sostenibilità e "sovranità energetica nazionale" al Festival degli studenti universitari della città di Trento: Poplar
La drammaticità dell’urgenza di una adeguata iniziativa internazionale contro i cambiamenti climatici, e l’inadeguatezza di quanto fatto finora, è emersa con forza crescente specialmente nell’ultimo anno, grazie alla mobilitazione dei giovani di tanti paesi del mondo sulle orme della giovanissima Greta Thunberg, in centinaia di città col movimento dei Fridays for future, e con altri movimenti, prevalentemente giovanili, di analoga ispirazione. Anche in Trentino abbiamo potuto toccare con mano gli effetti locali dei cambiamenti climatici che si sono manifestati con tutta la loro durezza con la tempesta Vaia, il nome dell’evento disastroso che a fine ottobre 2018 ha colpito il triveneto e la sua montagna, atterrando oltre dieci milioni di metri cubi d’alberi.
Il cambiamento climatico, i suoi effetti e le sue cause sono tornate dunque al centro del dibattito pubblico: se durante il primo decennio del 2000, il confronto si è concentrato attorno ai Protocolli di Kyoto e al ruolo degli Stati, oggi Greta Thunberg e il movimento ambientalista, guidato da giovani e donne, sta rivoluzionando il lessico e la prospettiva con cui affrontiamo il tema. Per quanto riguarda il territorio trentino questa sensibilità fa parte dell’identità locale ed è testimoniata ad esempio dagli usi civici che da secoli permettono la gestione e valorizzazione del patrimonio boschivo. Non solo. A testimonianza dell’elevata attenzione della società civile, già nel settembre dello scorso anno un gruppo di esperti che si occupano a vario titolo di tematiche ambientali e cambiamenti climatici aveva lanciato un appello in 10 punti rivolto ai candidati alle elezioni provinciali del Trentino del 21 ottobre 2018.
Tornando al nostro presente, negli stessi giorni dello sciopero mondiale del clima (venerdì 20 settembre 2019), a Trento si è tenuto il festival Poplar, giunto quest’anno alla sua terza edizione, a cura delle associazioni studentesche universitarie della città e realizzato in primo luogo grazie al volontariato di centinaia di studenti. L’evento ha coinvolto migliaia di ragazzi offrendo un ricco programma artistico e culturale. In particolare, nell’ambito della sezione “Cult” che ha interesato il programma pomeridiano, sono stati invitati esperti locali e nazionali per dialogare attorno a temi di attualità. In questa cornice, sabato 21 settembre, si è svolto l’incontro “Esiste un futuro sostenibile?” con la partecipazione di Federica Vinci, Presidente del partito politico paneuropeo Volt Italia, e Ruben Bartali, ricercatore del Centro Materiali e Microsistemi della Fondazione Bruno Kessler. L’intento degli organizzatori è stato quello di leggere il fenomeno della sostenibilità e della transizione energetica alternando lo sguardo politico e quello scientifico.
Ne è emerso un quadro con più luci che ombre per quanto riguarda la situazione energetica italiana, specie con riferimento al territorio Trentino, particolarmente ricco di risorse da fonti idroelettriche. Il ricercatore FBK ha sottolineato come la transizione energetica nazionale rappresenti una grande opportuità nella misura in cui il sistema paese sarà in grado di investire prioritariamente su ricerca ed educazione, anche da questo punto di vista l’urgenza è quella di dotarci delle competenze necessarie per non subire il cambiamento, interpretandone al meglio le sfide di conoscenza che implica. Bartali fa parte del gruppo di lavoro ARES che promuove la ricerca e sviluppo su nuove soluzioni energetiche e mira a trasferirle sul mercato collaborando con partner a livello industriale e territoriale.
Per farci riflettere, ha esordito con una richiesta spiazzante: restare in silenzio per alcuni istanti. Dopo 10 secondi ci ha detto che il tempo trascorso era stato sufficiente a raccogliere tutta energia necessaria per soddisfare buona parte dei consumi della nostra regione. Si è poi parlato del ruolo cruciale dell’energia non soltanto per guidare la transizione alla green economy ma anche per porre le basi dello sviluppo sostenibile della nostra società nel suo complesso. L’energia è un elemento evolutivo fondamentale per il nostro ecosistema e coinvolge l’innovazione sociale e quella tecnologica. Andare verso un maggiore impiego di energie alternative richiede maggiore complessità e implica uno sforzo adeguato di ripianificazione per cambiare reti di distribuzione energetica dato che ci saranno molte sorgenti a tenere insieme in maniera efficiente. La sfida consiste allora nell’integrare nuove e vecchie fonti, studiando come adeguare i consumi e accumulare l’energia. Lo stoccaggio termico e i vettori come le batterie e le tecnologie dell’idrogeno possono aiutarci molto su questo frangente. A proposito del vettore idrogeno, a dimostrazione del fatto che “si può fare”, il ricercatore ha portato con sé un modello in scala di auto a idrogeno che ha accumulato energia solare raccolta grazie a un pannello fotovoltaico per tutta la durata dell’incontro. Separando l’ossigeno dall’idrogeno, l’energia così incamerata è stata sufficiente per far muovere la macchina.
Quali sono i pro e i contro? Il vantaggio dell’idrogeno è nella sua alta densità energetica ma al contempo “ha un difettuccio: è il gas piu esplosivo”. Il rischio sicurezza è affrontato oggi grazie allo sviluppo di distributori automatici sicuri e a costi pian piano sempre più accettabili. Occorre cioé guardare il fenomeno in prospettiva e orientare anche il dibattito pubblico verso la formazione di pareri informati. L’ambientalismo si comprime o espande a seconda della temperie culturale in cui si inserisce. Cambiano le parole che etichettano gli stessi fenomeni nel corso del tempo perché etichette diverse suggeriscono connotazioni diverse. Proprio in tema, si pensi al caso emblematico del “surriscaldamento globale” trasformato in “cambiamento climatico” dalla pressione mediatica esercitata dall’amministrazione di George W. Bush a inizio millennio. Le parole che scegliamo comportano una capacità di guardare lontano oppure impongono un immobilismo che si ferma al presente o all’immediato futuro. Come se, data la fragilità dei sistemi politici sempre più liquidi, sul piano pubblico non fossimo più in grado di pianificare sforzi pluriennali per affrontare sfide complesse. Se ci pensiamo bene, è invece quel che ciascuno di noi fa nell’ambito della sfera privata quando compra una casa o pensa a come impostare le scelte familiari per la crescita dei propri figli.
Eventi come il festival Poplar aiutano quindi a riflettere ascoltando voci diverse e allenando lo sguardo per far spazio a una mentalità progettuale nonostante le retoriche catastrofiste e per trovare le giuste argomentazioni per motivare le persone ad agire. Anche se non possiamo sapere quale sarà il futuro che ci attende, siamo in grado di proiettare i trend del presente in cui viviamo e possiamo predire quali scenari ci attendono. In ogni caso, fra uno scenario pessimista e uno ottimista a far la differenza saranno infatti le persone, per questo è irrinunciabile l’investimento sulla conoscenza per mettere oggi le basi per il meno peggiore dei futuri possibili, il futuro migliore che riusciamo a costruire insieme col nostro lavoro quotidiano.
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