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Claudio Ferlan è il nuovo direttore responsabile del Magazine della Fondazione Bruno Kessler

13 Aprile 2022

Riflessioni sulla comunicazione scientifica e sulla nuova veste del Magazine FBK

Care lettrici e cari lettori, questo è il primo editoriale che scrivo come direttore responsabile del Magazine della Fondazione Bruno Kessler.  Raccolgo il testimone da Marco Ventura, che in conclusione del suo mandato ha pubblicato un prezioso policy paper dedicato al ruolo degli attori religiosi nella definizione di politiche sulla Intelligenza Artificiale.
È un ottimo esempio di come la ricerca possa dialogare con le emergenze del tempo presente: ci poniamo delle questioni, studiamo confrontandoci, proponiamo delle risposte cercando di essere concreti, oltre che analitici. Vogliamo proseguire su questa strada. 

Futuro

Per passione e per interesse, da tempo tengo gli occhi aperti sui ragionamenti dedicati al passato, al presente e al futuro del giornalismo, in particolare sulla comunicazione della scienza, che è il nostro pane quotidiano. Tra le mie fonti c’è la statunitense Nieman Foundation, insieme con diverse testate, qualche convegno, parecchi libri, numerose chiacchierate, ricerche fatte per alcuni articoli scritti di prima mano.  

Poiché il nostro obiettivo è quello di raccontare la ricerca, scientifica, sociale e umanistica (in rigoroso ordine alfabetico), possiamo e dobbiamo imparare anche dal giornalismo, chiamiamolo così, generalista. Nieman è solita proporre una riflessione di fine anno proprio sul futuro del giornalismo, affidata a una serie di professionisti dei media, provenienti da differenti parti del mondo, con età ed esperienze tra loro molto diverse.

Viva la varietà, dunque. Partendo da qui, pure se siamo in aprile, mi piace condividere con voi alcune idee che ho ricavato dalla mia osservazione partecipata di fine 2021. Cominciamo dal concetto di comunità. I dati, ha scritto Francesco Zaffarano nella riflessione appena citata, non sono abbastanza: il giornalista (il comunicatore della scienza, traduciamo nel nostro caso) deve essere pronto a incontrare le proprie lettrici e i propri lettori, cercando di costruire con loro un rapporto da persona impegnata in quello che fa.

Un’opinione propria anche di Sarah Marshall, che vede nel consolidamento della relazione tra chi scrive e chi legge un’opportunità per costruire prodotti migliori, capaci di uscire dalla superficialità di molte interazioni social.  È una considerazione che ho avuto modo di ascoltare, condividere e pure scrivere in più di un’occasione: la comunità scientifica ha bisogno di dialogo e interazione, da concretizzare usando linguaggi comprensibili ma non semplicistici.  Questo approccio potrebbe portare anche a quanto auspicato da Sarah Stonbely: dare vita a progetti in cui chi ha il compito di comunicare lavori in stretta alleanza con le organizzazioni della società civile. 

Proseguiamo con un’altra questione fondamentale, forse ancora più rilevante in un contesto come quello della Fondazione Bruno Kessler: l’eccesso di notizie. Rilevante perché, come ricercatori, sentiamo forte la responsabilità di verificare le informazioni prima di farle circolare. Io di mestiere faccio lo storico, e il controllo delle fonti ce lo insegnano da piccoli (non siamo certo gli unici). Secondo Simon Allison, continuo a citare da Nieman, la moltiplicazione delle news è il problema, non la soluzione. Chi queste news maneggia, aggiunge Allison, deve collocarsi tra chi legge e “l’abisso della infodemia”. Sullo stesso piano di riflessione si colloca Shalabh Upadhyay, che rileva come in un mondo di troppe informazioni, il prodotto-news stia velocemente perdendo la propria importanza. Queste puntualizzazioni, a mio parere condivisibili, non sono prerogativa del mondo della politica o della cronaca, ma devono fare da guida anche a chi si occupa del sapere scientifico e della sua diffusione.

Comunità e Infodemia

Gli spunti sono numerosi, prima di ragionare sulle due questioni che ho individuato oggi come principali, mi limito a sottolinearne alcuni sui quali avremo magari modo di tornare in futuro: i vantaggi dello smart-working, la centralità del contesto storico e della comunicazione su base locale, l’efficacia di una adeguata sintonia tra forma e contenuto.

Che fare? Per costruire una comunità, apriamo le porte virtuali del nostro Magazine in particolare, e del nostro lavoro in generale a chiunque abbia intenzione e voglia di suggerire e di confrontarsi. Vi proporremo periodicamente un editoriale e continueremo a fare circolare la nostra newsletter cercando di darle dinamicità, risponderemo alle mail che vorrete inviarci a e a , lavoreremo con entusiasmo e determinazione alla costruzione di una comunicazione virtuosa. Saremo attenti e attente, per evitare i rischi infodemici, a verificare quello che pubblichiamo, a tenere aperto il dialogo scientifico e giornalistico, a sperimentare nuove forme di comunicazione, a correggerci quando sbaglieremo. 

A rileggerci presto.

Claudio Ferlan


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