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Con Filippo da Riva del Garda a Vancouver

13 Marzo 2017

Vi ricordate* di Filippo Miserocchi? Ormai alle soglie della maggiore età, racconta la sua esperienza di vita durante il 4° anno di liceo a Vancouver in Canada. Buona lettura e non perdetelo di vista!

È una tendenza difficile da non notare anche per chi osserva dall’esterno il mondo della scuola: sempre più studenti dedicano uno o più anni della loro istruzione a prepararsi a una società globalizzata che sanno dovranno affrontare fin dal primo giorno di “vero lavoro”. Ci si riferisce a programmi quali “Erasmus” e in generale ogni situazione che vede un@ scolar@ allontanarsi dalla sua zona di conforto per andare a vivere in un Paese estero, frequentare scuole locali ed effettivamente vivere come un autoctono.

Esperienze di questo tipo sono di valore inestimabile proprio perché permettono una formazione a 360 gradi dell’individuo mettendolo di fronte a una cultura sostanzialmente diversa nella maggioranza dei casi e di conseguenza spingendolo ad adattarsi e cercare l’indipendenza dalla società.

Per quanto riguarda la mia esperienza, dopo aver ascoltato diverse opinioni estremamente positive da studenti che già avevano avuto questa opportunità sono rimasto affascinato dalla potenziale avventura e mi sono ripromesso di non sprecare questa opportunità. La mia meta sarebbe stata Vancouver, sulla costa occidentale del Canada, ed è grazie al supporto dei miei genitori se da lì provengono queste mie righe.

In sei mesi ho avuto modo di esplorare sia il territorio sia la società in modo decisamente più profondo rispetto a quanto si può osservare dall’Europa. Descriverei il Canada come una versione più “soft” degli Stati Uniti d’America: un primo ministro amato da tutto il mondo (eccetto i canadesi) al posto del neo-eletto Trump e in generale una società più permissiva e aperta che però mantiene i valori dell’America Settentrionale.

Inoltre, contrariamente a quanto mi dicevano, sono riuscito a integrarmi e a fare nuove conoscenze immediatamente e il non aver patito il cosiddetto “shock culturale” mi ha permesso di avvicinarmi alla nuova realtà fin da subito. Come mi aspettavo l’innovazione tecnologica ha un grande seguito e ciò mi ha permesso di continuare a perseguire la mia passione di sempre che anni fa mi ha anche portato dentro FBK: club scolastici e fiere richiamano studenti da ogni dove permettendo di incontrare numerosi appassionati e rendendo ancora più stimolante la curiosità che ci accomuna.

Il motivo di tutto l’entusiasmo che ho visto in altri studenti mentre mi raccontavano della loro avvincente esperienza adesso è facile da comprendere e sicuramente al mio ritorno sarò anch’io uno di loro: prima che io partissi quei ragazzi mi hanno convinto a osare un po’ di più sapendo poi di poter ottenere così tanto in cambio. Al momento non vedo un futuro con me affacciato sull’Oceano Pacifico proprio perché ho avuto modo di passarci del tempo e farmi un’idea di come questo luogo potrebbe far parte della mia vita ventura. Al contrario di me, molti altri ragazzi sono fermamente convinti di voler tornare nel luogo dove si sono sentiti a casa loro per la prima volta e sono già pronti a ripartire ancora prima di tornare.

*NDR: A 11 anni aveva chiesto in premio una settimana da passare in FBK. Nella sezione Media Collegati a fianco, le testimonianze del 2010.


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