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COVID-19: diffusione globale era inevitabile

26 Marzo 2020

Pubblicato su Science lo studio sugli effetti delle restrizioni dei viaggi dalla Cina sulla diffusione nel mondo del virus

La limitazione dei viaggi dalla Cina non poteva essere una misura sufficiente a evitare la diffusione globale di COVID-19. È questa la principale conclusione cui sono giunti un gruppo di studiosi di un team internazionale, tra cui gli italiani Marco Ajelli e Stefano Merler della Fondazione Bruno Kessler di Trento, Corrado Gioannini, Maria Litvinova, Luca Rossi e Alessandro Vespignani della Fondazione ISI di Torino, pubblicato sulla rivista Science ed intitolato “The effect of travel restrictions on the spread of the 2019 novel coronavirus (COVID-19) outbreak“.

Lo studio mostra come, al 22 gennaio 2020, e cioè un giorno prima della messa in quarantena dell’intera area di Wuhan, l’epidemia avesse ormai raggiunto un tale livello di diffusione a Wuhan ed in altre provincie della Cina, da rendere inefficaci le misure di restrizione dei viaggi per evitare la diffusione globale di COVID-19. Infatti, gli studiosi stimano che il numero di casi a Wuhan al 22 gennaio fosse compreso tra 62.000 e 200.000, a fronte dei soli 270 riportati all’OMS alla stessa data, e che ci fossero già tra 3.000 e 16.000 casi nel resto della Cina.

Queste stime derivano dall’elevato tasso di trasmissibilità stimato dagli autori per la Cina prima degli interventi, con ogni persona infetta che trasmette l’infezione in media ad altre 2,6 persone e con un tempo di raddoppio del numero di casi stimato in poco più di 4 giorni.

Lo studio mostra anche che una successiva restrizione dei viaggi estesa a tutta la Cina sarebbe stata insufficiente a limitare la diffusione di COVID-19, se non accompagnata da una drastica riduzione della trasmissibilità in Cina. Cosa che si è poi verificata, ma purtroppo troppo tardi per evitare la diffusione globale del virus. Tra i paesi più a rischio di ricevere casi di COVID-19 importati dalla Cina, lo studio individua Giappone, Tailandia, Corea, Taiwan e Stati Uniti.

Questi risultati – commenta Stefano Merler, ricercatore della Fondazione Bruno Kessler – mostrano tutta la nostra fragilità nell’affrontare crisi come quella generata dell’emergenza di COVID-19. A pensarci bene è difficile immaginare cosa avrebbero potuto fare di meglio in Cina. In meno di un mese hanno individuato il nuovo patogeno e in meno di tre mesi hanno quasi arrestato un’epidemia dilagante in Cina. Ma tutto questo non è bastato ad evitare la diffusione globale del virus, a causa della forte interconnessione globale, con decine di milioni di persone che ogni giorno si spostano da un paese all’altro. Credo anche – conclude Merler – che questa crisi dimostri chiaramente la necessità di un coordinamento internazionale per affrontare certe crisi, che non possono essere affrontate efficacemente se non si studiano e condividono preventivamente piani e strategie globali per il contenimento.


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