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Dalla ricerca all’impresa: la storia di Mauro Cettolo

17 Aprile 2018

Dopo 26 anni in Fondazione il ricercatore HLT-MT ha iniziato un periodo di distacco in azienda. "Una decisione non presa a cuor leggero, ma mi è sembrata una buona occasione per sperimentare anche altro"

Ad aprile Mauro Cettolo ha iniziato un periodo di distacco in PerVoice, azienda leader nel settore delle tecnologie di riconoscimento vocale nata nel 2007 proprio dalle tecnologie e dalle competenze FBK.
Un periodo di due anni reso possibile dalla Legge provinciale 13 dicembre 1999, n. 6, art. 5, art. 19 e art. 19 bis (Aiuti per la ricerca applicata, per la diffusione della ricerca scientifica e per l’inserimento dei ricercatori nelle imprese).

Mauro, lasciare la Fondazione dopo così tanti anni deve essere un po’ come andare via di casa.
Eh sì, la sensazione è un po’ quella. È una nuova occasione che mi si è presentata quasi per caso e che ho deciso di cogliere per il verificarsi di una serie di situazioni ed incontri casuali accaduti la scorsa estate. Si sono create in brevissimo tempo le condizioni affinché mi dicessi “perché no?”.

E quindi?
E quindi dopo 26 anni di lavoro in Fondazione vado a vivere un’esperienza in azienda. Ovviamente non è stata una decisione presa a cuor leggero.
Mi è sempre rimasta impressa una frase che disse una volta Nadio Delai, già presidente FBK, e cioè che una persona ogni dieci anni dovrebbe cambiare lavoro. È una affermazione che condivido e che ho cercato di fare mia nel percorso professionale, dapprima cambiando dopo tredici anni il mio interesse di ricerca dal riconoscimento del parlato alla traduzione automatica e adesso, dopo altri tredici anni, andando in azienda.

Come è maturata questa decisione?
Le motivazioni che mi hanno portato a prendere in considerazione la possibilità di cambiare e accettare la proposta di PerVoice sono molteplici. Da un lato, dopo tanti anni, c’è sicuramente l’esigenza di provare qualcosa di nuovo, di mettersi in gioco. E poi, come detto, alcune coincidenze sia di natura esogena sia di natura endogena. Le prime riguardano il cambio di paradigma che si è verificato nell’ambito dell’elaborazione del linguaggio e della traduzione automatica, con l’affermarsi delle reti neurali profonde basate su algoritmi più performanti e vincenti rispetto a quelli con approccio statistico. Le seconde, quelle endogene, hanno a che fare con alcuni fattori che hanno cambiato la strutturazione del nostro gruppo di ricerca.

Il tuo distacco è reso possibile della legge 6 ed è in linea anche con quanto previsto dall’articolo 55 del Contratto Collettivo Provinciale di Lavoro del personale delle fondazioni.
La possibilità che mi offre la normativa è importante, è uno strumento ideale specie per chi come me non è più così giovane. Prima d’ora non ho mai lavorato in azienda e credo possa essere un’ottima occasione – non so quante me ne sarebbero potute capitare ancora – per provare e sperimentare.

Due anni
Esatto. Credo sia un periodo congruo, non così breve da non riuscire ad entrare appieno nella vita dell’azienda, non esageratamente lungo. Anche se due anni di “distacco” dalla vita e dal lavoro in Fondazione sono tanti. Poi come detto, si vedrà cosa accadrà in questo lasso di tempo.

Cosa ti aspetti da questa esperienza?
Certamente un netto cambio di priorità e del modo di lavorare. Oltre alla ricerca vera e propria e alla sua “rendicontazione” attraverso le pubblicazioni, una parte significativa del lavoro in Fondazione era di “servizio della comunità”: revisionare paper, organizzare convegni e seminari, parteciparvi, dare supporto agli studenti, collaborare con riviste. Ecco, tutta questa attività sono certo che gradualmente diminuirà fino a cessare del tutto. Non posso dire adesso se mi mancherà.
Da un punto di vista del lavoro pratico, negli ultimi 10 anni ci sono state novità rilevanti, come dicevo. Colossi del web hanno sviluppato e reso disponibili pacchetti software per la traduzione automatica. Il lavoro di ricerca va a migliorare alcuni aspetti specifici di questi software. In azienda, migliorare può equivalere ad un abbattimento dei costi, a rendere questi software più performanti, adattarli per le esigenze specifiche delle aziende clienti.
Ad esempio, non tutte le aziende sono propense ad utilizzare i servizi offerti da questi colossi perché non sono disposte a cedere i propri dati e quelli dei propri clienti. Ed è qui che aziende come PerVoice possono essere competitive sul mercato, garantendo prestazioni adeguate e al contempo la salvaguardia della privatezza dei dati.

E al tuo rientro?
Credo che avrò una visione molto più ampia dell’ambito in cui lavoro, proprio perché avrò conosciuto una prospettiva diversa e complementare rispetto a quella vissuta sino ad ora.
In azienda si sviluppa il modello, la soluzione migliore, stante date condizioni hardware e tecnologiche. In ricerca è il contrario: si sviluppa il modello ottimale e poi si pensa a come implementare l’infrastruttura che lo faccia funzionare al meglio. Spesso manca la consapevolezza che alcuni aspetti considerati irrilevanti ai fini della pubblicazione possano essere invece considerati di valore per le aziende. Più in generale credo che chi transita tra impresa e ricerca possa portare nuova linfa e aiutare a sviscerare meglio anche questi aspetti.


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