Esistono altre forme di vista: immagin(ar)i latenti che vengono da lontano
Dal 26 ottobre all’8 dicembre 2023 la 00A Gallery di Trento ha ospitato una mostra fotografica inconsueta, frutto dell’ostinazione dell’artista/inventore Andrea Salvà che batte un sentiero di innovazione interrotto da tempo.
Che cosa distingue l’arte dalla scienza? Quali ossessioni possono avere in comune le due forme di ricerca? Quando un fenomeno fisico diviene opera d’arte? Può una immagine segnalare nuovi futuri possibili? Sono molte le domande suscitate dall’esposizione di INTERFERENTIAL STILL LIFE – Rebirth of the Lippmann Plate.
La mostra, a cura di Carla Cardinaletti, ha presentato, per la prima volta dopo molti decenni, degli scatti tutt’altro che scontati: le stampe fotografiche di alcuni oggetti, presi in prestito dalla vita quotidiana, realizzate con un’attualizzazione della tecnica di sviluppo elaborata all’inizio dello scorso secolo dal Premio Nobel francese Gabriel Lippmann (1845—1921). L’importanza dei suoi studi ha introdotto, e per un lungo periodo di tempo reso possibile, la rappresentazione di immagini fotografiche “multispettrali” basate sulla cattura della luce rifratta su lamine d’argento, i cosiddetti Lippmann plates.
“Una calcolatrice, un libro, una macchina fotografica vintage e una sequenza di farmaci d’uso comune, ritratti secondo gli stilemi della fotografia pubblicitaria. Gli Still Life di Salvà sono pezzi unici, che fanno però incursione nella consuetudine delle nostre case, dei nostri cassetti, della nostra memoria.”
Senza addentrarci nel gioco di specchi fra contenuto (oltre ai medicinali, la lattina di una nota bevanda energetica di largo consumo) e contenitore (una lamina che prima di essere correttamente impressionata ha richiesto anni di sperimentazione e un incredibile numero di prove ed errori) che le immagini presentate a Trento propongono, dal punto di vista scientifico questa occasione è stata preziosa per mettere in dialogo competenze diverse attorno al prisma dell’indagine, di per sé multidisciplinare.
Innanzitutto la procedura codificata da Lippmann, riproducibile per statuto scientifico, è stata messa alla prova del tempo e rinnovata grazie all’introduzione di nanoparticelle costruite in laboratorio con strumenti ad alta precisione fino a raggiungere dei risultati stabili.
Si tratta quindi non di una semplice riproposizione, di un amarcord artistico e scientifico, ma di una reinvenzione contemporanea che omaggia il passato e inaugura un nuovo possibile percorso, in un tempo, il nostro, in cui l’immagine prevalente è digitale e le nanotecnologie abbinate a fenomeni di interferenza ottica possono entrare in gioco.
L’intreccio fra diverse discipline emerge anche come una possibilità didattica inedita: l’esperienza estetica di relazione con queste foto speciali, più uniche che rare (al mondo sono conservate complessivamente 500 Lippmann plates, circa un centinaio delle quali sono esposte), può rientrare nell’alveo di quella che viene chiamata arte cinetica perché senza applicare un prisma e soprattutto, senza il movimento, la percezione delle qualità fotografiche straordinarie è esclusa.
Immagini che letteralmente prendono forma, acquistano una tridimensionalità e una qualità dei dettagli che rasenta il tattile. Foto che scatenano la nostra curiosità perché non sono statiche ma in movimento, insieme a noi, facendoci porre nuove domande, sul ruolo della luce, naturale o artificiale, sulla fisica del colore e sulla nostra stessa percezione attraverso il corpo e l’interazione con gli oggetti nello spazio (embodiment e agency).
L’occasione è stata preziosa anche per permettere al gruppo di lavoro artistico di incontrare gli scienziati del Centro Sensors and Devices della Fondazione Bruno Kessler, in particolare Leonardo Gasparini (leader dell’unità IRIS, qui il suo commento all’esperienza di visita della mostra), Rossana Dell’Anna e David Novel (entrambi dell’unità MNF). Questi ultimi hanno reso possibili alcune misurazioni per validare la consistenza dei risultati testati empiricamente, attraverso l’imaging, con i microscopi elettronici in dotazione a FBK, del plate fotografico impressionato dalla luce.
Immagine al microscopio elettronico a scansione di una porzione del plate esposto alla luce durante la fase di acquisizione dell’immagine. È visibile la distribuzione di nanoparticelle metalliche di qualche decina di nanometri di diametro, dalle quali dipende la formazione dell’immagine iperspettrale durante la visione da parte dell’osservatore.
Le competenze tecniche che sono state necessarie per conseguire questo risultato e per raccontarne il processo e le implicazioni rappresentano una occasione di visual literacy e di incontro ravvicinato con la scienza dell’invisibile all’occhio umano, eppure tanto essenziale per cogliere la bellezza e la ricchezza della varietà della natura attraverso la nostra percezione. Una sorta di realtà aumentata che non si serve di tecnologie o protesi ma parte da una consapevolezza nuova. Un salto di qualità percettivo che apre a nuove scoperte e ad associazioni analogiche e po(i)etiche, che avvicina alla scienza come esercizio quotidiano di meraviglia e instancabile volontà di errare, imparare e condividere sempre nuova conoscenza.
Crediti Foto: 00A Gallery – Trento