For a Human-Centered AI

FBK sull’ “Economist”

17 Febbraio 2017

Tecnologia del linguaggio e religioni. La Fondazione Bruno Kessler di Trento citata due volte questo mese dal noto settimanale diffuso in tutto il mondo.

La prima citazione riguarda un settore in forte sviluppo, quello delle reti neurali per la traduzione automatica. Nell’articolo “Finding a voice” (The Economist – 7 gennaio), il giornalista Lane Greene  intervista il ricercatore Marcello Federico, responsabile dell’Unità di ricerca HLT-MT (Human Language Technology – Machine Translation) del Centro ICT della FBK, per raccontare lo stato dell’arte delle tecnologie del linguaggio.

La seconda citazione coinvolge il nostro direttore del Centro per le Scienze Religiose, Marco Ventura. Sul blog dedicato alle religioni, Ventura è stato interrogato in merito all’intervento della Corte europea per i Diritti dell’uomo di Strasburgo sul caso svizzero, nel cantone di Basilea, di cui tratta in questo articolo “Swimming together, living together. The meaning of a European court verdict on Muslim girls and school swimming lessons” del 13 gennaio scorso, che riguardava il rifiuto dei genitori di alcune studentesse musulmane di lasciarle partecipare alle lezioni di nuoto, obbligatorie per la scuola, durante le quali si sarebbero trovate in piscina insieme ai compagni maschi.

Approfondiamo con i nostri ricercatori i temi del loro intervento.

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MARCELLO FEDERICO (responsabile dell’Unità di ricerca HLT-MT del Centro ICT della FBK)

Greene ha dedicato una sezione dell’articolo “Finding a voice” alla Machine Translation. “Greene” – ci racconta Federico – “ha lavorato per mesi all’articolo, intervistando diversi studiosi del settore. Durante l’intervista era molto interessato a capire il funzionamento di un nuovo approccio alla traduzione automatica, basato su reti neuronali, che ha cambiato il paradigma attuale”.

E come riesce una rete neuronale a risolvere il problema della traduzione automatica?

“Mentre nell’approccio tradizionale” –spiega Federico – “la traduzione viene ottenuta componendo frammenti di traduzioni già visti in fase di addestramento, una rete neurale genera le traduzioni a partire da caratteristiche delle parole da tradurre che vengono estratte automaticamente dai testi,”.

Greene nel suo articolo parla di “Coca-Cola Factor”. Ci spiega meglio?

“Per usare un’analogia, è come se la rete neurale imparasse il concetto di Coca-Cola non tramite la ricetta che ne combina gli ingredienti, ma mediante le sue caratteristiche, come il colore, la liquidità, la dolcezza, caratteristiche che la rete in realtà scopre da sola”.

Potremmo definirla una sorta di intelligenza artificiale?

“Sì, le reti neurali sono oggi il modello più avanzato di intelligenza artificiale, avendo ridefinito lo stato dell’arte in molti dei problemi che questa disciplina studia, quali il riconoscimento di immagini, i giochi di strategia e, appunto, la traduzione automatica.”

Non è un concetto semplice da capire..

“Non è facile da spiegare a parole perché” – ammette Federico – “è difficile capire cosa la rete rappresenti al suo interno. La rete neuronale è un oggetto molto elegante e misterioso. Se deve tradurre in inglese la frase Domani volerò a Roma, la rete tramite i suoi nodi calcola prima una rappresentazione interna (codifica) del testo e poi da quest’ultima, mediante altri nodi, genera il testo inglese Tomorrow I will fly to London (decodifica). La rete impara a codificare e decodificare ottimizzando i suoi parametri. Noi semplicemente forniamo molti esempi di traduzione che la rete usa per misurare il suo grado di apprendimento e per modificare i suoi parametri ogni volta che commette un errore. Per aver un’idea della complessità di questo compito, utilizzando un computer con elevato parallelismo una rete neurale può impiegare molti giorni per ottimizzare i suoi pesi.”

Cos’è per lei “la rete”?

“La rete è una cosa piuttosto semplice ed elegante, se si guardano le sue parti elementari, cioè i suoi nodi: ciascun nodo trasforma i suoi valori di input in un valore di output combinandoli con dei “pesi” (o parametri) e applicando delle operazioni elementari. La rete diventa complessa e misteriosa se la vediamo nel suo insieme, fatto di decine di migliaia di nodi collegati tra loro, e di milioni di parametri da apprendere. Cosa esattamente rappresentino i valori associati dalla rete ai parametri non lo sappiamo, perché l’algoritmo di apprendimento li sceglie in modo che minimizzino gli errori di traduzione della rete e non perché abbiano un significato particolare.

Quali sono le ricerche che state conducendo nel vostro gruppo?

“Al momento nel team di traduzione automatica portiamo avanti due filoni: uno di ricerca, sulle ultime tecnologie (traduzione neurale), l’altro sull’applicazione industriale della traduzione automatica. Il nostro obiettivo ultimo è di sviluppare tecnologie di traduzione automatica statistica per l’industria, che abbia caratteristiche adatte a risolvere i problemi dei traduttori professionisti e delle agenzie di traduzione. Le nostre ricerche in particolare cercano di superare i limiti che ostacolano ancora l’applicabilità della traduzione neurale in molti casi pratici.

Da quanto ci lavorate?

“Abbiamo iniziato a lavorare sulla traduzione neurale da circa un anno. Siamo praticamente gli unici in Italia e in Europa collaboriamo con altri laboratori di ricerca, grazie anche al fatto che questa tecnologia utilizza la condivisione di software open source. Oggi nel mondo c’è un forte interesse nei confronti del di tutto ciò che ha a che fare con le reti neurali. Nell’ultima conferenza sul tema, che si è tenuta a Barcellona lo scorso dicembre, c’erano circa 4,500 partecipanti. C’è un’eccitazione globale su questo tema che tutti credono sia il futuro dell’intelligenza artificiale”.

Quali sono i punti di forza di questa tecnologia?

“In un’analisi comparativa tra traduzione di tipo neurale e traduzione di tipo a “frasi”, dall’inglese al tedesco, abbiamo riscontrato che la prima è molto migliore nell’ordinare le parole. In particolare nella posizionare i verbi, che in tedesco possono finire in fondo alla frase”.

Quali sono i problemi da risolvere in questo nuovo filone di ricerca?

“La difficoltà maggiore è quella di rendere più veloce l’addestramento. In generale, la traduzione neurale è molto più dispendiosa in termini computazionali. Mi spiego meglio con un raffronto: invece delle poche ore necessarie per addestrare un sistema statistico a “frasi”, per un sistema neurale ci vogliono diversi giorni utilizzando computer più potenti. Dobbiamo cercare di ridurre questo gap, perché l’industria non può permettersi questi tempi. In secondo luogo, l’industria della traduzione opera su tanti domini linguistici diversi, come l’automotive, la farmaceutica, o l’Information Technology. Vorremmo rendere le reti neurali più flessibili, in modo che possano contemporaneamente lavorare su molteplici domini, cosa che oggi ancora non sanno fare bene”.

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MARCO VENTURA (Direttore del Centro per le Scienze religiose – FBK-ISR)

Nell’articolo “Swimming together, living together. The meaning of a European court verdict on Muslim girls and school swimming lessons” del 13 gennaio scorso, The Economist tratta un caso di cronaca – tutt’altro che isolato – che riguardava il conflitto tra genitori di ragazze musulmane e la scuola che li aveva sanzionati per non aver autorizzato le figlie a partecipare alle lezioni di nuoto. Le autorità svizzere, nel 2010, erano state inflessibili e avevano sanzionato (con 1400 franchi svizzeri) studentesse e genitori per aver coperto il loro rifiuto. La Corte Europea per i Diritti dell’uomo di Strasburgo si è pronunciata il 10 gennaio 2017 e ha stabilito che le autorità svizzere avevano ragione.

Nel suo intervento sull’Economist, Direttore, ha voluto sottolineare l’importanza e l’equilibrio di questa decisione.

“Le questioni legate ai simboli religiosi” – spiega Marco Ventura – “sono per la nostra società e in particolare per l’Europa sempre più sensibili, soprattutto quando i simboli sono dell’Islam. Tante volte la cronaca registra fatti che poi finiscono spesso davanti ai tribunali. Non è la prima volta che questo caso si presenta, soprattutto nel nord Europa e in particolare in Germania dove i giudici si sono già pronunciati in modo analogo a quelli svizzeri e, ora, europei. Secondo i giudici, laddove alcune esigenze religiose minime, come il diritto di portare il burkini, siano tutelate non si può andare oltre, non si possono chiedere ulteriori eccezioni come quella di esentare le ragazze dal corso di nuoto. Si tratta comunque di tensioni che sono spie di un conflitto profondo, e della faticosa ricerca di soluzioni rispetto alle quali tutti cittadini, e non solo noi esperti, siamo chiamati a riflettere e contribuire”.

La Corte ha voluto anche sottolineare anche l’importanza, al di là del corso di nuoto, del “saper vivere insieme”?

“E’ molto difficile trovare un equilibrio tra il diritto alla differenza, e a tutte le differenze, quindi anche a quella religiosa, e il “vivere insieme” – per usare l’espressione che la Corte ha abbracciato, dopo che essa è divenuta un punto di riferimento, soprattutto nel mondo francofono. “Nuotare insieme” diventa una sorta di estensione del concetto di vivere insieme. Quello tra ciò che è dovuto alla differenza, e ciò che è dovuto alla necessità del vivere insieme è un equilibrio fragile e difficile, da cercare di volta in volta. Questa sentenza individua un punto di equilibrio. Ma al di là di quello che possono dichiarare le Corti, ciò che conta è come la società civile cerca e trova quell’equilibrio nella vita quotidiana” – conclude Marco Ventura. (m.l.)


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