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Gli eccessi virtuosi della religione

14 Novembre 2022

Robert Orsi a Trento per la Davide Zordan Lecture 2022

Pochi minuti dopo aver preso la parola Robert Orsi, il prestigioso relatore della Zordan Lecture 2022, ha interrotto il suo ragionamento e, alzando per un attimo gli occhi dal leggio, si è rivolto al pubblico riunito nell’Aula Grande di FBK per onorare la memoria e celebrare il lascito di un teologo dalle indimenticabili doti umane e intellettuali, formulando un quesito non retorico: “Ha senso interrogarsi sullo studio e l’insegnamento della «religione» in un momento in cui il futuro del pianeta e di tutte le specie che lo abitano è a rischio? Non si compie un errore categoriale quando si pongono sullo stesso piano le questioni prosaiche dell’insegnamento e della ricerca e la catastrofe globale, la distruzione del pianeta?”

A quel punto l’obiettivo del relatore è diventato chiaro a tutti: dimostrare agli scettici che esistono dei nessi significativi tra l’eccesso che l’esperienza religiosa reca dentro di sé come un tratto distintivo del suo modo d’essere e la situazione limite rappresentata dall’obbligo di fare i conti con le conseguenze immediate e di lungo periodo del riscaldamento globale del pianeta causato dall’abuso dei combustibili fossili.

Cambiamento del clima significa molte cose note: estati sempre più torride, lunghi periodi di siccità, scioglimento dei ghiacci e dei ghiacciai, fenomeni meteorologici estremi, innalzamento del livello dei mari, incendi devastanti, estinzioni a catena, migrazioni incontrollate, instabilità geopolitica. Vuol dire poi anche non sapere a che santo votarsi: sentirsi cioè impotenti di fronte a un cambiamento mastodontico, troppo lento per mobilitare istintivamente le masse e troppo rapido per ammettere tentennamenti. L’antropocene, come hanno notato in molti, è la trappola perfetta, lo scacco matto di una specie che sembra avere osato troppo.

Orsi, tuttavia, non è venuto a Trento per recitare la parte del profeta di sventure che si limita a denunciare l’impensabilità di una catastrofe inevitabile. Il motto della sua Lecture, al contrario, comunicava senso di responsabilità e impegno personale: «eccomi!»

Ma in che modo gli studi religiosi possono tradurre quell’«eccomi!» in un gesto non velleitario?

Secondo Orsi chi studia scientificamente la religione ha un duplice contributo da offrire oggi. Il primo è ricordare in che cosa consiste il peccato originale dell’antropocene, e cioè l’esclusione e il disconoscimento dell’altro-che-umano nell’intento solo apparentemente nobile di costruire un mondo fatto su misura per l’uomo. Da questo punto di vista, la competenza di chi si occupa professionalmente di cose «sacre» può rivelarsi indispensabile proprio perché, per citare le sue stesse parole, «la religione è uno degli ambiti, forse il principale, in cui gli esseri umani cercano di entrare in contatto – nella pratica, nella teoria e nell’immaginazione – con l’altro-che-umano e, cosa ancora più importante, in cui l’altro-che-umano – tutti gli altri con cui gli esseri umani sono stati in relazione, dèi e antenati, angeli e demoni, ma anche fiumi e rocce, alberi e animali, insetti e uccelli – cerca di entrare in contatto con l’umano».

La «religione», tuttavia, in particolare la religione com’è stata intesa dai moderni, ha agito anche come una fedele alleata degli artefici dell’antropocene nel rapido processo di ostracizzazione e rimozione dell’altro-che-umano dall’orizzonte della civiltà occidentale. L’obiettivo polemico di Orsi, qui, era non tanto la religione che genera scrupoli e crea legami (re-legere et re-ligare), quanto piuttosto la «religione» che si raggomitola in una dimensione puramente interiore, che divide spietatamente gli inciviliti dai barbari e si fa strumento di oppressione politica: la religione, insomma, che diventa «fondamento metafisico dell’antropocene».

La religione, nondimeno, non è soltanto questo. «C’è un di più nella religione», ha notato Orsi in un passaggio cruciale del suo discorso, «che non è riducibile a nessun paradigma dato». La religione «post-antropocenica» e «post-‘religiosa’» da lui invocata nella conclusione della Lecture è proprio questa realtà eccedente, che rimuove le sbarre dalle porte e dalle finestre della casa confortevole in cui l’umanità si è rinchiusa, che respinge l’antropocentrismo senza diventare post-umana, che spalanca l’orizzonte temporale liberando le persone e incentivandole a pensare e immaginare fuori dalle cornici esistenti.

L’eccesso virtuoso della religione nell’epoca dell’eccesso impensabile della catastrofe climatica si riassume dunque in quell’esclamazione elementare – «eccomi!» – che certifica il passaggio definitivo dall’età della scelta a quella dell’impegno incondizionato e della responsabilità.


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