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I vaccini contro SARS-CoV-2: verso la fine della pandemia di COVID-19?

20 Aprile 2021

Il punto su vaccini e campagna vaccinale nel webinar di FBK per la Salute

Si è partiti da una domanda etica per il webinar del 15 aprile scorso di FBK per la Salute: i vaccini sono un bene pubblico? Come va intesa la proprietà dei brevetti e la loro salvaguardia in nome della scienza nello scenario di una pandemia, per evitare il perpetrarsi delle disuguaglianze sociali e perseguire la salute pubblica globale?

Una prima risposta – quella auspicabile – ci viene dal passato, in particolare dall’ideatore del vaccino contro la poliomielite, Albert Bruce Sabin, che desiderava che il suo vaccino costasse poco per essere accessibile a tutti e permettere al contempo un giusto guadagno a chi lo produceva. Tutelare, quindi, sia i brevetti che la salute pubblica.

Al momento, invece, si ha l’impressione che sui vaccini si sia scatenata una guerra geopolitica in cui si gioca, in ultimo, la sovranità fra Paesi. A ciò si aggiunge un alone di incertezza, dovuta però in gran parte anche al processo scientifico stesso, che procede per step successivi: i problemi avuti da Astrazeneca e Johnson & Johnson per alcuni (rarissimi, lo ricordiamo) casi di trombosi, con priorità di età che si modificano di continuo, non si sa ancora quanto duri la copertura, se un vaccinato può contagiare, qual è la percentuale di successo contro le varianti. Una giusta comunicazione prevede di definire con franchezza quali sono le cose che si sanno con certezza e quali no, partendo dal presupposto che la medicina prosegue per intuizioni ed esperienza sul campo e che ci troviamo di fronte alla più grande campagna vaccinale della storia.

In questo contesto il dott. Antonio Clavenna – medico specialista in Farmacologia Clinica, ricercatore presso l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS di Milano e responsabile del Laboratorio di Farmacoepidemiologia all’interno del Dipartimento di Salute Pubblica – ha aiutato a far luce su alcuni aspetti dei nuovi vaccini anti-covid.

Solo un anno fa si stimava che ci sarebbero voluti circa 16 anni per arrivare a un vaccino contro il covid. Successivamente è stato ipotizzato l’arrivo delle prime dosi ad agosto 2021 mentre attualmente ne abbiamo già 4 approvati (Pfeizer-Biontech, Moderna, Astrazeneca e Johnson & Johnson) e 52 in fase di sperimentazione. Ciò è stato possibile grazie alla collaborazione scientifica fra laboratori di ricerca e a quella con le case farmaceutiche, senza contare che lato pubblico sono stati investiti molti soldi per accelerare il processo, il tutto senza scappatoie, ovvero senza saltare nessuna fase sperimentale, eventualmente sovrapponendole. Inoltre alle spalle c’erano già svariate ricerche avviate sui vaccini, ad esempio quelle contro i virus della SARS, MERS e altre malattie emergenti e si era iniziato a investire in approcci più innovativi rispetto a quelli più comuni (virus inattivato, virus attenuato, subunità proteiche, ecc.) come l’impiego di mRNA messaggero e vaccini a vettore virale contenenti virus incapace di replicarsi ma che funziona per veicolare istruzioni alle cellule per produrre la proteina bersaglio. Studi, questi, che saranno utili anche al di là di Covid-19.

Contro le forme gravi della malattia l’efficacia percentuale di tutti e quattro i vaccini approvati è ottima, mentre per l’infezione sintomatica meno ma rimane comunque molto buona, il che significa che il rischio di essere ospedalizzati in terapia intensiva e di rischiare, quindi, la morte, è sensibilmente ridotto.

Con efficacia del vaccino si intende la riduzione del rischio di ammalarsi. Se un vaccino è efficace al 95% non significa che 95 persone non si ammaleranno e 5 sì, ma che si riduce del 95% la possibilità di contrarre la malattia. Se prendiamo i dati riferiti alla settimana precedente il seminario della Lombardia, dove si era registrata un’incidenza di 20.000 nuovi casi su 10.000.000 di abitanti e ipotizziamo di aver precedentemente vaccinato tutti i suoi 10.000.000 di abitanti, allora avremmo osservato solo 1.000 nuovi casi di infezione invece di 20.000.

Al di là dei dati percentuali di efficacia dei vaccini ad oggi disponibili, risulta difficile fare dei confronti esaustivi fra le quattro tipologie autorizzate perché ogni studio ha contemplato una popolazione diversa in termini di circolazione del virus, presenza di malattie croniche nel campione, età, ecc. quindi le percentuali sono senz’altro valide e veritiere, ma non assolute e dipendono da molti fattori. Va anche tenuto presente che gli studi sono stati fatti in un contesto con misure restrittive in atto (mascherina, distanziamento, ecc.).

Al di là degli studi, stiamo comunque iniziando a vedere l’efficacia sul campo della campagna vaccinale: in Israele si è osservato che in seguito alla somministrazione del vaccino i ricoveri con sintomi gravi e morte sono drasticamente calati, inizialmente nella popolazione vaccinata e in seguito anche negli altri.

Molta attenzione va però prestata all’insorgere e al diffondersi delle varianti, che si originano in seguito alla mutazione del virus: al momento la variante inglese sembra essere coperta dal vaccino, che ha però un’efficacia ridotta su quella sudafricana. Anche il contributo dell’immunità cellulare è ancora sotto esame.

Riguardo invece alla durata della copertura, servono inevitabilmente più dati, ovvero occorrerà monitorare fino a quanti mesi le persone che si sono vaccinate rimarranno efficacemente coperte. Al momento si ipotizzano sei mesi, ma questo dato andrà rafforzato dalle evidenze scientifiche del prossimo periodo.

I sintomi avversi (reattogenicità) sono tutti piuttosto simili fra loro (cefalea, dolore nel punto di inoculazione, febbre, sfoghi cutanei i più comuni), cambia solo la frequenza, nel senso che con i vaccini a mRNA messaggero i sintomi si presentano solitamente dopo la seconda dose mentre con gli altri dopo la prima.

Molte sono le questioni ancora aperte per scienziati e ricercatori: somministrazione nei pazienti immunodepressi, durante gravidanza e allattamento, nei bambini, l’efficacia contro le varianti, le tempistiche del richiamo, come individuare per tempo le rarissime trombosi, prevenirle e curarle. È tutto insito nel processo scientifico, graduale e controfattuale, puntuale e rigoroso. Ed è forse anche questo il fascino magico della scienza, che ci sta facendo intravedere la luce in fondo al tunnel.


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