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Il diritto allo studio universitario: dove porterà il Pnrr?

6 Marzo 2023

Federica Laudisa affronta il tema del diritto allo studio universitario alla luce del finanziamento e delle nuove azioni previste dal PNRR.

Lunedì 27 febbraio 2023  si è tenuto il seminario IL DIRITTO ALLO STUDIO UNIVERSITARIO: EPPUR SI MUOVE. DOVE PORTERÀ IL PNRR? 

Si è trattato di un seminario organizzato da FBK-IRVAPP con un’ospite d’eccezione, Federica Laudisa, ricercatrice dell’IRES – Istituto di Ricerche Economiche Sociali del Piemonte, con esperienza consolidata nello studio e nell’analisi delle politiche di sostegno al diritto allo studio.

Le abbiamo chiesto il contesto politico normativo e l’evoluzione del diritto allo studio universitario a cui il PNRR ha recentemente indirizzato un cospicuo impegno finanziario, pari a quasi 1,5 Miliardi di euro.


–  Come si colloca il diritto allo studio universitario nel contesto normativo e politico nazionale?

In Italia il diritto allo studio universitario è assicurato principalmente a livello normativo attraverso lo strumento della borsa di studio, che rappresenta l’intervento principe previsto dall’art. 34 della Costituzione.

Chi fruisce di una borsa di studio è totalmente esonerato dal pagamento delle tasse universitarie. Il nostro sistema di sostegno al diritto allo studio universitario è analogo a quello francese e tedesco, ma si differenzia a livello di governance e di numeri, perché chi governa il sistema di sostegno in Italia sono da un lato lo Stato e dall’altro le Regioni, che hanno entrambi competenze esclusive in materia.

Lo Stato ha competenza esclusiva nella “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che debbono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”; in concreto, definisce la soglia economica massima e il requisito di merito per l’accesso alle borse di studio.
Le Regioni stabiliscono invece le effettive soglie economiche per accedere alle borse e il loro importo.

Ogni Regione ha un unico ente gestore degli interventi, anche se ci sono delle eccezioni. Abruzzo, Sardegna, Sicilia e Veneto, infatti, ne hanno uno per ogni sede universitaria. In Lombardia e Calabria, invece, ogni ateneo/istituto universitario gestisce i benefici per i propri iscritti.

Questo sistema prevede complessivamente 73 soggetti che gestiscono gli interventi di accesso alle borse di studio in Italia e il risultato finale è che ci sono tanti bandi quanti sono gli enti gestori. I criteri economici di accesso risultano quindi spesso differenti in base alla sede di studio.

Seminario IRVAPP 27-2-2023 - photo Francesca Guerzoni FBK

Nel 2022, ad esempio, 6 Regioni non hanno erogato le borse di studio e quindi il sistema risulta di fatto iniquo.
Nel 2021-’22, dunque,  quasi 8 mila studenti non hanno potuto usufruire di alcuna borsa di studio. C’è inoltre un problema di comunicazione poiché nessuno informa adeguatamente gli studenti delle scuole superiori che esistono questi interventi di supporto per proseguire gli studi.

La riforma della Costituzione nel 2001 ha affidato, appunto, alle Regioni la competenza esclusiva in materia di diritto allo studio universitario e allo Stato quella sulla definizione dei livelli essenziali delle prestazioni a sostegno del diritto allo studio universitario. In definitiva queste due competenze esclusive, di Stato e Regioni, sono state definite in modo tale da non permettere una coniugazione efficace delle competenze e delle azioni ad esse collegate. Questo è il vero nodo irrisolto che parte dalla Riforma Costituzionale.

– Il finanziamento previsto dal PNRR all’interno della missione 4 “Istruzione e ricerca” prevede due linee di investimento di quasi 1,5 miliardi di euro.  Quali sono gli interventi previsti e qual’ è l’obiettivo di fondo che si vuole raggiungere?

Il PNRR parte da un’evidenza: in Italia vi è una bassa percentuale di laureati. Il 29% della popolazione tra i 25 e 34 anni ha un titolo di studio terziario contro un 45% della media dei Paesi OCSE. A questo divario contribuiscono il sottodimensionamento dei servizi residenziali per gli studenti universitari e l’esistenza di ostacoli di tipo economico.

L’obiettivo di fondo dichiarato è quindi quello di incrementare la quota di laureati e di elevare il livello di istruzione del Paese.
Per colmare questo divario il PNRR prevede di conseguenza due linee di intervento: una prima quota pari a 500 milioni di euro del finanziamento è destinata ad incrementare gli importi e il numero delle borse di studio ed il rimanente alla residenzialità universitaria, e quindi ad aumentare i posti alloggio.

grafico PNRR

– Lei ritiene che questi interventi riusciranno a raggiungere l’obiettivo o avrebbe previsto azioni di supporto diverse rispetto a quelle previste dallo Stato?

Sono stati effettivamente incrementati gli importi delle borse di studio, ma raggiungere la quota di borsisti che ci si prefigge è più complesso. Questo perché sono le Regioni a definire le soglie di accesso alle borse di studio attraverso strumenti come l’ISEE e l’ISPE. In base alla regione sede di studio, le soglie ISEE e ISPE sono infatti differenti.

Raggiungere 336 mila borsisti entro il 2024 è difficile anche perché le risorse stanziate non sono effettivamente sufficienti. Il rischio è che non si raggiunga il target PNRR e che ri-emerga la figura dell’avente diritto alla borsa di studio, non beneficiario.

La residenzialità universitaria, inoltre, presenta alcune criticità perché gli obiettivi non sono verosimilmente raggiungibili sia in termini quantitativi che in termini qualitativi.
65 mila nuovi posti alloggio in 4 anni si possono definire una “mission impossible!”. Non si tratta, infatti, di investimenti in nuove costruzioni destinate esclusivamente all’uso di alloggi per studenti ma nella definizione di articolate modalità di gestione di edifici pubblici e privati già esistenti.
Chi controllerà? Quali saranno le tariffe per gli studenti? E terminato il periodo di «sovvenzione statale», cosa accadrà?

Si dice “Il sapere ti apre le porte”… Cosa direbbe lei ai giovani per convincerli a scegliere di proseguire gli studi all’università? In quali termini secondo lei questa scelta può rappresentare un investimento importante per i giovani e per il nostro Paese?

L’istruzione rimane l’unica forma di ascensore sociale. I dati ci dicono che, in ogni caso, chi ha una laurea ha un guadagno medio più alto rispetto a un diplomato, sebbene il differenziale non sia così importante come in altri Paesi. E soprattutto la crisi economica attraverso i dati ci ha mostrato che i laureati hanno perso il lavoro in percentuale minore rispetto ai diplomati o a chi non aveva alcun titolo di studio. In definitiva, l’istruzione è l’unica strada per avere un futuro migliore. Oggi si parla non solo di istruzione universitaria ma anche di formazione terziaria professionalizzante, che rappresenta il filone su cui il nostro Paese deve ancora investire, al fine di avere una formazione che sia più rispondente al mercato del lavoro.


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