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Mission for health: promuovere la salute nei contesti complessi del mondo

11 Marzo 2024

Un riassunto dei lavori e un'videointervista alla relatrice del convegno “Global Faith-Based Healthcare Systems", che parte da una metafora sulle sequoie per parlare di come la salute venga promossa all'interno dei vari contesti socio-culturali esistenti.

Dal 14 al 16 febbraio 2024 si è tenuto nella sede di via S. Croce della FBK il meeting del progetto “Global Faith-Based Healthcare Systems”, incentrato sui sistemi e le organizzazioni sanitarie a ispirazione religiosa che si occupano di salute globale, operando in contesti diversi del mondo. Il progetto – condotto in partnership tra la Georgetown University (Washington, D.C.) e il Centro per le Scienze Religiose di FBK sin dal 2017 – parte dall’interrogativo su come si viva oggi la cosiddetta “mission for health”, ossia l’impegno a promuovere la salute, in particolare nei contesti del mondo che più sono precari e instabili sia per quanto riguarda le condizioni di salute della popolazione, che rispetto ai loro sistemi sanitari.

Al meeting hanno partecipato persone provenienti dal mondo accademico, dalle organizzazioni faith-based e dalle comunità locali, che più intervengono nella cura e nell’assistenza di coloro che, pur avendone necessità, non avrebbero risorse per ricevere le cure. Le organizzazioni faith-based rispondono a questi bisogni e lo fanno orientando i propri interventi in maniera tale da poter intervenire – almeno in parte – anche per situazioni che resterebbero altrimenti scoperte.

Negli ultimi anni e durante la pandemia il lavoro delle organizzazioni faith-based è stato capillare e il loro contributo ha ricevuto un riconoscimento istituzionale anche da parte dell’Organizzazione Mondiale per la Sanità, che durante l’emergenza ha istituito un Faith Network, per permettere il coinvolgimento delle organizzazioni a ispirazione religiosa, così come dei leader e delle comunità religiose rispetto a questioni inerenti la salute e le cure.

Nell’incontro si sono approfonditi il ruolo dei global health services, lo sviluppo tecnologico in realtà e sistemi diversi del mondo, il contributo e le attività svolti su scala locale e globale, il valore del lavoro di chi in tali contesti opera e di chi coordina le attività, cercando al medesimo tempo di capire come l’“umano” rimanga e rappresenti ancora una sfida sulla quale riflettere e per la quale impegnarsi. Raccogliere e prestare attenzione alle dimensioni della spiritualità, della sofferenza, della resistenza e della compassione fa pienamente – e ancor oggi – parte delle attitudini che è importante, forse necessario, sviluppare per affrontare la malattia e le fasi critiche dell’esistenza umana, rispetto alle quali la medicina interviene e per occuparsi delle quali la sanità è intesa.

In questo quadro lo studio e lo sviluppo delle tecnologie rappresentano e portano – al momento e in prospettiva – un contributo fondamentale, che si può pensare e declinare anche nella forma di una technocharity, per come l’ha definita Massimo Leone, o come forma avanzata di solidarietà e di sviluppo, mediata anche – ma non solo – dalle tecnologie, per come le ha interpretate Roland Benedikter (Eurac, Bolzano). In tal senso l’educazione e le culture sembrano giocare ancora un grande ruolo nel promuovere la salute e nel garantire la sostenibilità degli interventi e dei sistemi: è per questo importante e necessario coinvolgere le persone che operano nei diversi contesti, ai fini di essere più inclusivi, attenti alle specificità dei contesti e consapevoli del contributo importante che la medicina tradizionale può portare. Una componente spirituale emerge di frequente e sempre di più, nell’ambito della salute: essa aiuta a pensare alle persone nella loro realtà, nella loro cultura e a rispettarle così anche nella loro dignità.

Una metafora, ripresa da Bette Jacobs, ha fatto da filo conduttore ai lavori: le sequoie – tra i più antichi alberi sulla Terra, capaci di resistere alle avversità ma con un punto di fragilità forte, dovuto al fatto che le loro radici non sono profonde – compensano questa vulnerabilità con l’essere sotto terra fortemente interconnesse e interdipendenti tra loro. Questa inter-connessione può rappresentare bene la sfida che dobbiamo raccogliere se vogliamo garantire non solo la nostra sopravvivenza, al presente e in prospettiva, ma anche la possibilità di assicurare lo sviluppo e la sostenibilità delle diverse comunità che abitano nel mondo.


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