“Che spazio sarà?”: partenza a razzo al MUSE per “Scienza a ore sei”
Grande cornice di pubblico al MUSE per il primo incontro della nuova edizione di "Scienza a ore sei", dedicato al tema spazio
Più di cento persone hanno affollato la caffetteria del MUSE lo scorso 20 febbraio per il primo appuntamento della serie di aperitivi scientifici “Scienza a ore sei”, giunto quest’anno alla seconda edizione. Gli incontri puntano a favorire un dialogo aperto e informale, davanti a un aperitivo, tra il pubblico e i ricercatori dei quattro principali enti di ricerca del territorio (Università di Trento, MUSE, Fondazione Kessler e Fondazione Mach), su temi scientifici di interesse e attualità.
L’incontro di apertura, “Che spazio sarà?”, è stato dedicato al tema del futuro dell’esplorazione spaziale e ha visto protagonisti i ricercatori Roberto Iuppa, fisico dell’Università di Trento, e Pierluigi Bellutti, responsabile dell’unità Micro Nano Facility (MNF) della Fondazione Bruno Kessler. Il dibattito ha toccato tutti i punti di maggiore interesse legati alla ricerca spaziale, a partire dalla possibilità per l’uomo, ormai non più utopistica, di raggiungere e colonizzare il pianeta Marte. Per riuscirci non basta sviluppare tecnologie avanzate (che di fatto sono già esistenti), ma sarà necessario superare anche altri problemi. Uno di questi è rappresentato dai raggi cosmici, radiazioni altamente energetiche che permeano l’Universo e dannose per la salute: sulla Terra ne siamo fortunatamente schermati (grazie all’atmosfera che fa da “scudo”), ma non è così per gli astronauti in volo spaziale. Un lungo viaggio per raggiungere il Pianeta Rosso sarebbe quindi fortemente deleterio per il fisico dei turisti (o colonizzatori) spaziali. Per questo motivo una delle linee di ricerca di maggiore importanza in questo settore – come ha illustrato Iuppa – è proprio quella che punta a schermare gli astronauti da queste radiazioni.
Non è banale poi nemmeno l’aspetto psicologico legato alla lunga convivenza con altre persone durante il viaggio e al trasferimento in un luogo totalmente diverso dalla Terra: una questione spesso trascurata ma in realtà vitale per il successo di un progetto così ambizioso.
Ma sono tante le tecnologie di alto livello, alcune di queste sviluppate nei laboratori trentini, che hanno portato negli ultimi anni ad allargare sempre di più le frontiere della ricerca spaziale. Durante l’incontro i due ricercatori hanno citato in particolare il progetto Limadou, un satellite cinese che ha l’obiettivo di studiare le perturbazioni della ionosfera associate ai terremoti, i cui rivelatori sono stati realizzati proprio dall’unità MNF della Fondazione Kessler guidata da Bellutti. Molte di queste tecnologie, poi, benché sviluppate per lo spazio, possono essere sfruttate anche sulla Terra: ormai non si contano le applicazioni e i brevetti concepiti per lo spazio che divengono utili per la nostra vita quotidiana (dalla medicina ai trasporti fino all’elettronica). Con un grande vantaggio, sottolineato da Bellutti: lo spazio richiede una perfezione tecnologica quasi assoluta, dunque queste applicazioni risultano di norma molto più efficienti rispetto a quelle realizzate “solo” per la Terra.
Sono state diverse e interessanti anche le domande poste dal pubblico (in gran parte composto da giovani), apparso molto partecipe e coinvolto: merito anche della verve dei due relatori, che hanno saputo stimolare l’attenzione dell’uditorio ricorrendo a esempi efficaci e riuscendo a spiegare con semplicità concetti scientifici non certo banali.
Il prossimo appuntamento della serie sarà mercoledì 13 marzo con Silvio Ranise di FBK e Massimiliano Sala dell’Università di Trento, sul tema della blockchain.