“Misura ciò che è misurabile e rendi misurabile ciò che non lo è”: i sensori come tra(s)duttori dell’ambiente
Basta elidere la -s da “trasduttore” per ricavare una parola più nota, famigliare, esplicativa di quel complesso termine tecnico che però esprime così bene la funzione di ogni sensore: quella di “traduttore”.
D’altronde ce lo diceva anche Galileo, nella citazione che dà il titolo a quest’articolo sulla parola chiave del Centro Sensors&Devices, come suggerito dal Dr. Antonino Picciotto, coordinatore dei processi tecnologici della Micro Nano Facility: il fondatore della scienza moderna aveva ben capito il valore dell’operazione di “misura” per conoscere e manipolare il mondo; quasi ogni “qualità” di nostro interesse può essere tradotta in qualcosa di “quantificabile”, e da Galileo in poi il campo di queste traduzioni non ha fatto altro che svilupparsi nel campo della ricerca sperimentale.
E se ciò è stato possibile, non si deve solo a grandi operazioni teoriche di matematizzazione del mondo: la teoria non si potrebbe sviluppare senza un supporto materiale. Galileo non avrebbe scoperto le irregolarità della luna senza il cannocchiale, Ampere non avrebbe sviluppato la legge che porta il suo nome senza la pila voltaica, Planck non avrebbe avviato la rivoluzione quantistica senza lo spettroscopio.
In un senso ampio, tutti gli strumenti scientifici che svolgono una misurazione indiretta (la maggioranza) sono dei sensori. È soltanto tramite tali sensori e dispositivi di misurazione di vario genere che il calore del sole diventa temperatura, la colonna d’aria della terra pressione atmosferica, l’acqua nell’atmosfera umidità.
Definizione e applicazioni
I sensori ambientali di rilevazione di un gas sono l’esempio paradigmatico di cosa essi effettivamente siano: su un rettangolino di silicio (o altro semiconduttore) sono disposte sostanze chimiche, (per esempio biossido di zolfo), particolarmente reattive al gas che si vuole rilevare (biossido di azoto). Sulla base delle reazioni del biossido di zolfo, cambia il comportamento elettrico del sensore di silicio sottostante: a partire da un segnale chimico ambientale si arriva a un segnale elettrico, che verrà poi ulteriormente rielaborato dal sistema in cui il sensore è inserito e fornirà, di conseguenza, un dato sull’ambiente.
Le applicazioni dei sensori sono innumerevoli. Non serve andare fuori dal Centro Sensors&Devices per scoprirne una grande quantità, e di vario genere. Un settore particolarmente interessante è quello biomedico: le unità’ di ricerca del centro hanno partecipato negli anni a progetti per sviluppare dei sensori da inserire nelle macchine di diagnostica medica (progetto Hyperimage), o ancora sui biosensori, che combinano un elemento biologico, un trasduttore e un sistema di rilevamento e facilitano i processi di auto-monitoraggio dei pazienti.
Anche l’Intelligenza Artificiale è in qualche modo “debitrice” dei sensori quali fonte primaria di dati: per esempio, nelle macchine a guida autonoma i fotomoltiplicatori al silicio fungono da “radar” per rilevare la distanza da altri corpi e valutare la velocità da tenere, gli eventuali cambi di direzione, le frenate… .
Un altro ambito d’applicazione riguarda i dati meteorologici: se le previsioni meteo in passato erano più incerte, e a oggi si stanno sempre più raffinando per accuratezza e precisione, è perché un numero crescente di sensori integrati e distribuiti nell’atmosfera invia informazioni alle intelligenze artificiali, che combinano questi dati climatici e formulano predizioni sul tempo.
Riflessioni sociomateriali
Il tema dell’intelligenza artificiale può indurci – ancora una volta – a riflettere sul carattere intrinsecamente materiale di scienza e tecnologia. Se una persona digita su internet “Intelligenza artificiale” verrà travolta da immagini di robot, righe di codice, cervelli, neuroni… se una persona pensa all’intelligenza artificiale di norma si immagina un concetto astratto, lo confronta con quella umana, pensa alle sue implicazioni sociali e filosofiche. Raramente si considera l’infrastruttura materiale di sensori, processori e memorie, hardware, che fonda di fatto l’intelligenza artificiale e ne permette l’esistenza.
Secondo quanto ci ha detto di Lorenza Ferrario, responsabile dell’unità Micro Nano Fabrication di Sensors&Devices, i sensori sono “la testa di ponte” di un sistema, il primo anello di una catena per trasformare segnali dall’ambiente che ci circonda in materiale adatto a elaborazioni, consentendo così la loro evoluzione da dato a informazione…
È importante tenere bene presente questo supporto materiale da cui dipende il funzionamento di tutto, che spesso diamo per scontato. In questo modo, da un lato ci ricordiamo della dimensione più concreta della tecnologia, dall’altro prendiamo coscienza di una forma di relazione, spesso lasciata implicita, che abbiamo con essa: siamo noi con i nostri comportamenti, i nostri dati biometrici, le nostre operazioni sul lavoro che forniamo dati alle macchine che regolano il loro comportamento di conseguenza, in modo automatico (algoritmo deterministico) o apprendente (algoritmo di intelligenza artificiale). Il ponte attraverso il quale questo scambio è reso possibile, a livello dell’hardware, è spesso costituito dai sensori.
Esseri umani e macchine configurano insieme il mondo in cui viviamo, ed è scorretto dire che gli uni guidano le altre o viceversa: la società intera risulta dall’interazione fra l’agency di attori umani e non. Noi costruiamo e allo stesso tempo siamo guidati dalle nostre macchine, e le nostre macchine dipendono da noi per la loro manutenzione, miglioramento e funzionamento ottimale. Tenere conto di entrambi questi aspetti è la chiave per la comprensione della complessità.