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Lavoro da casa: un successo oltre le aspettative con qualche domanda aperta sul futuro

27 Novembre 2020

I dati illustrati da Bruno Lepri durante il webinar organizzato da FBK Academy sono il risultato di uno studio condotto dalla Harvard Business School, la Austin Business School e l’azienda Humanyze

Cosa è successo durante questa pandemia quando si sono chiusi gli uffici con una estensione mai sperimentata prima d’ora? Quale è stato in particolare l’impatto del lavoro da casa sulla produttività durante il lockdown della scorsa primavera? Attorno a queste domande si è focalizzato il webinar tenuto da Bruno Lepri, responsabile dell’Unità ICT-MobS della Fondazione Bruno Kessler, nell’ambito del percorso “LAVORARE SMART. Buone pratiche e strumenti per guidare insieme il cambiamento” organizzato da FBK Academy questo autunno.

“Gli studi pre-pandemia”, specifica Lepri, “avevano quasi sempre dimostrato che il lavoro da casa – preferisco chiamarlo così perché non si tratta in questo caso di vero e proprio smart working – faceva decrescere le performance e la medesima previsione era stata fatta da molti leader negli ambiti lavorativi, i quali in generale si aspettavano un calo nel rendimento”.

E invece la sorpresa. “Il lavoro da casa”, ha detto Lepri, “ha mostrato ottime performance tanto che grandi aziende come Twitter hanno dichiarato di voler far proseguire i propri dipendenti in questo modo per sempre, anche oltre l’emergenza della pandemia, e uno studio di Manpower dice che in generale 8 lavoratori su 10 sarebbero d’accordo a continuare così”.

Ovviamente per quelle attività per cui è possibile farlo, chi ha lavorato da casa si è dimostrato più produttivo e ha migliorato il livello di efficienza, di attenzione e di concentrazione rispetto a quando si lavora in sede. Non solo, rispetto al lavorare in ufficio, si sono ridotti i livelli di stress, di emozioni negative e di conflitti legati all’ambito lavorativo. I dati illustrati durante il webinar sono il risultato di uno studio condotto dalla Harvard Business School, la Austin Business School e l’azienda Humanyze, pubblicato sulla Harvard Business Review. Uno degli autori dello studio è Ben Waber con cui Bruno Lepri aveva lavorato al MIT Media Lab negli USA. L’analisi è stata condotta su 680 lavoratori. “I risultati”, sottolinea Lepri, “riguardano il periodo marzo-maggio perché sono quelli finora pubblicati. Ma lo studio sta ancora proseguendo e con questo andamento.”

Fra i lati positivi emersi anche la possibilità di evitare inutili viaggi di lavoro, meeting più brevi e più focalizzati, più flessibilità per gestire la famiglia e soprattutto la totale eliminazione del tempo impiegato per andare e tornare dal lavoro.

I motivi per cui la situazione si è mostrata evoluta rispetto al passato sembrano essere principalmente due. Per prima cosa gli studi precedenti erano piuttosto datati e nel frattempo c’è stata una grande evoluzione delle tecnologie che permettono di lavorare e comunicare da remoto. E poi la grande novità relativa a questo periodo è che, a causa del lockdown, la situazione ha riguardato tutti coloro che potevano lavorare a distanza, nessuno nei diversi gruppi di lavoro si è sentito escluso e tutti si sono sentiti parte di una squadra.

Per il lavoro da remoto quindi non solo la riduzione del rischio di contagio, la riduzione del traffico, dell’inquinamento e dei rischi correlati, e una migliore conciliazione vita-lavoro, ma anche migliori performance lavorative e spirito di gruppo. Un idillio a tutto tondo? Non proprio perché esistono diverse sfaccettature e domande sugli sviluppi del futuro.

Innanzitutto il lavoro da casa non è stato uguale per tutti. Lo stress è stato gestito meglio dalle persone in coppia rispetto a chi vive single e da chi non ha figli rispetto a chi ha figli da accudire  (in quest’ultimo caso con situazioni che variavano a seconda che le scuole fossero aperte o meno). All’interno di tutte le categorie, la maggiore capacità di adattamento è stata dimostrata dalle persone più in grado di mantenere relazioni positive ed empatiche con gli altri.

Un po’ per tutti è emersa la difficoltà a staccare dai momenti lavorativi per passare alla vita privata. I dati dicono che lavorare da casa ha esteso il tempo lavorativo del 10-20% in media.

Per quanto riguarda le aziende, le più efficaci sono risultate quelle che hanno trovato un buon equilibrio tra tempo speso per i meeting online e il tempo lasciato ai lavoratori per portare avanti i propri obiettivi.

“Fra gli aspetti negativi” ha sottolineato Lepri “c’è la perdita delle interazioni faccia a faccia informali e non pianificate. Inoltre si comunica sempre più con i collaboratori stretti e decrescono le occasioni per comunicare con altri team, come invece può succedere sul luogo di lavoro quando ci si incontra casualmente e si chiacchiera. Secondo uno studio della Stanford e della Columbia University questo porta a minor collaborazione e minor creatività nel lavoro. Esiste inoltre la difficoltà ad accogliere i nuovi colleghi che arrivano mentre si lavora da remoto e a costruire o mantenere i cosiddetti legami deboli in grado di permettere flussi di conoscenza tra parti di organizzazione che formalmente non sarebbero connessi. Più difficile anche costruire relazioni a lungo termine o di vera e propria amicizia. E’ molto importante che in caso di lavoro da remoto nelle aziende venga potenziata la comunicazione interna”.

Fra le domande quella su cosa ci riserva il futuro. “La mia impressione”, risponde Lepri, “è che a lungo termine si potrebbe perdere in creatività. Tuttavia questa al momento è una opinione basata su alcune analisi che si stanno conducendo e gli studi sull’argomento devono ancora essere conclusi”.


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