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Archivi digitali per la storia della Shoah

31 Ottobre 2017

Laura Brazzo della Fondazione CDEC ha illustrato le potenzialità offerte dalle nuove tecnologie per l'integrazione delle informazioni

“Oltre alla mancanza irrimediabile della  fonte primaria, ossia degli archivi nazisti, tra le complessità e le difficoltà insite nello studio della Shoah sono da considerare anche la dispersione e la frammentazione dei documenti utili a ricostruire quella storia”.

Questa la premessa da cui è partita Laura Brazzo, responsabile dell’archivio storico della Fondazione CDEC (Centro Documentazione Ebraica Contemporanea) di Milano,  per introdurre il tema degli archivi digitali sulla Shoah durante il  seminario organizzato lo scorso 19 ottobre a Trento dall’Istitito Storico Italo-Germanico e dal gruppo Digital Humanities della Fondazione Bruno Kessler.

“Oggi le innumerevoli risorse disponibili online”, ha spiegato Brazzo, “facilitano certamente il compito degli studiosi, ma sembrano ancora troppo spesso legate a schemi tradizionali di consultazione e di utilizzo che non sfruttano le potenzialità offerte dalla nuove tecnologie. Gli archivi digitali per la Shoah, per quanto non di rado ricchi di materiali e informazioni e talvolta dotati di raffinati sistemi di ricerca, si comportano come un sistema di isole nel quale sono assenti la possibilità di comunicazione e di collegamenti”.

L’intervento è stato l’occasione per illustrare due casi che, seppur in modi diversi, hanno fra i loro obiettivi anche la costruzione di “ponti” virtuali fra risorse altrimenti isolate: Digital Library della Fondazione CDEC di Milano e il portale web EHRI – European Holocaust Research Infrastructure.
Soffermandosi in particolare sul progetto della Fondazione CDEC, l’esperta ha sottolineato l’importanza di pubblicare dati in formato aperto, rendendo le informazioni condivisibili e riusabili, come è stato fatto per il dataset in formato LOD (Linked Open Data) sulle vittime della Shoah in Italia.  L’esposizione dei dati in formato LOD non solo favorisce la costruzione dei collegamenti ma consente anche lo sviluppo di applicazioni come ad esempio quella realizzata dal gruppo DH –FBK per la tracciatura dei movimenti dei deportati dall’Italia. “Il LOD Navigator rappresenta il primo caso di riuso dei nostri dati”, sottolinea Brazzo, “e ciò ha consentito la realizzazione di uno strumento di grande valore anche didattico e di una rappresentazione delle informazioni disponibii sui trasferimenti e la deportazione diversa da quella narrativa tradizionale”.

La relatrice ha proseguito l’intervento illustrando obiettivi, metodi e procedimenti del progetto Digital Library e ha concluso con un auspicio: “Gli archivi digitali per la Shoah devono essere intesi, progettati e realizzati non tanto o non solo come un insieme di risorse e informazioni comodamente accessibili via web, quanto piuttosto come uno strumento che consenta anche un’evoluzione della ricerca storica, inclusa la sua rappresentazione. Citando lo studioso americano Todd Presner, la sfida oggi è trasformare una narrazione in una serie di dati adatti ad essere elaborati da una macchina. L ’esatto contrario di ciò che fanno gli storici”.


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