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Come difendersi dalle bufale, secondo Paolo Attivissimo

24 Agosto 2017

Il giornalista informatico e noto “cacciatore” di bufale ha svelato a una platea di giovani studenti i trucchi per smascherare le false notizie online

«Una volta fare l’acchiappabufale era un lavoro divertente e leggero, ora è diventato maledettamente serio: non fate i giornalisti, non vi conviene». È un vero e proprio avvertimento quello lanciato da Paolo Attivissimo, protagonista lo scorso 22 agosto di una conferenza-spettacolo al teatro Sambàpolis di Trento, organizzata dalle università di Trento e Bolzano nell’ambito della settimana di orientamento per i ragazzi delle scuole superiori.

Attivissimo, giornalista informatico, si è affermato negli anni come uno dei punti di riferimento italiani nel debunking, ossia l’arte di smascherare le bufale, soprattutto grazie al suo blog Il Disinformatico. In questa occasione si è dovuto confrontare con una platea composta in gran parte da studenti provenienti dalle scuole di tutta Italia: un’ottima opportunità per provare a “educare” le giovani leve a riconoscere i mille trabocchetti nascosti nell’informazione online, ricchissima di bufale, leggende metropolitane, fake news, topiche giornalistiche e quant’altro.

Il risultato è stato una serata piacevole, in cui Attivissimo ha condotto per mano il pubblico in un viaggio mai noioso e ricco di esempi concreti, presentati spesso con il sorriso ma senza mai perdere di vista un contesto estremamente serio, quello della fragilità dell’informazione moderna.

Una fragilità che non risparmia nessuno, a partire dai giornalisti. Nel mirino di Attivissimo c’è soprattutto la pratica diffusa del giornalismo “copia e incolla”: se un’agenzia di stampa, per fretta o incompetenza, diffonde una notizia sbagliata, nella maggior parte dei casi l’errore si propaga a tutte le principali testate, che non si preoccupano di verificare la veridicità della notizia. Creando un danno non da poco, «perché noi lettori stringiamo una sorta di patto sociale con i giornalisti, che ci porta a credere che le notizie che vengono pubblicate siano vere».

Un altro capitolo riguarda i “fabbricatori di bufale” di professione, che diffondono di proposito notizie false allo scopo di arricchirsi, grazie alla pubblicità legata al numero di click. Spesso facendo leva sui pregiudizi e i sentimenti del pubblico.

Ma la responsabilità della diffusione sempre più incontrollata di bufale, secondo Attivissimo, è anche degli utenti. «In passato i lettori erano solo dei consumatori passivi di informazione, ma oggi non è più così. Grazie ai social network, chiunque è un potenziale “produttore” di notizie: i profili social di ciascuno di noi costituiscono delle vere e proprie testate giornalistiche, che possono avere una diffusione anche molto vasta, se il numero di follower è elevato». Condividere una bufala sui propri profili social può avere quindi conseguenze molto più significative di quanto si possa credere.

Cascarci, purtroppo, è facilissimo. Soprattutto grazie a meccanismi psicologici come il “pregiudizio di conferma”, che porta a selezionare e condividere solo le notizie che confermano un proprio pregiudizio, scartando quelle di segno opposto e senza fare le opportune verifiche.

Tuttavia, secondo Attivissimo non è necessario disporre di chissà quali strumenti per difendersi. «La maggior parte delle notizie si possono verificare in cinque minuti, basta solo un po’ di attenzione. E avere una buona conoscenza dell’informatica aiuta».

Altra storia, invece, è riuscire a “sopravvivere” al confronto con gli irriducibili complottisti. Un tema molto sentito, come dimostrano le molte domande sull’argomento poste dal pubblico e dai ragazzi a fine conferenza. «Purtroppo non esiste una ricetta per convertire i complottisti. Il consiglio è sempre quello di evitare il muro contro muro, mantenendo un atteggiamento conciliante e cercando di far cadere in contraddizione l’interlocutore».

Insomma, «datevi da fare e non abbassate mai la guardia», ha chiuso Attivissimo rivolgendosi ai più giovani, sottolineando che un’opportuna educazione sul tema, a partire dalle scuole, potrebbe giocare un ruolo chiave nel ridimensionare la diffusione delle bufale.


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