Dall’Iraq al Trentino sulla strada dell’intelligenza artificiale
Ahmed Fadhil nasce 30 anni fa a Mosul, per poi trasferirsi in un villaggio del sud dell’Iraq. Nell’adolescenza ha avuto scarse possibilità di accedere a computer o a Internet, ma questo non gli ha impedito di coltivare una forte passione per la ricerca e lo sviluppo di software legati all'intelligenza artificiale
Al di là delle tastiere e dei monitor, che sono simili in tutto il mondo, qual è stata la differenza più grande incontrata in Italia?
Avevo in mente lo stereotipo degli italiani che mangiavano pasta e pizza e poi, quando sono arrivato qua, ho scoperto che era vero (ride)! Inoltre mi guardavano tutti un po’ strano perché continuavo a bere il tè, mentre io pensavo che gli italiani bevessero troppo caffè… ora son sei anni che bevo caffè tutti i giorni!
Cosa ti manca di più del tuo Paese?
Mi mancano i piatti tipici cucinati da mia madre, questo è inevitabile. Ma devo dire che qui in Trentino apprezzo molto i canederli e la polenta.
Nell’unità ICT4Good di FBK, dove attualmente Ahmed svolge il suo PhD, ci si occupa di applicazioni che possano migliorare il benessere, l’equità e la sostenibilità delle future generazioni. Ed è in questo contesto, con la supervisione di Adolfo Villafiorita, che il nostro dottorando iracheno ha sviluppato un’applicazione in grado di migliorare il lavoro dei medici e l’efficacia delle loro cure.
“Coach AI” è un’applicazione di telemedicina che aiuta i medici a diminuire il carico di lavoro quando devono tenere sotto controllo più pazienti. Prendiamo ad esempio un dietologo che ha a che fare con persone che hanno problemi di sovrappeso o pessime abitudini alimentari: in questo caso si definiscono degli obiettivi che possono essere il consumo maggiore o minore di carboidrati o verdure. Quando il paziente accede all’applicazione riceverà gli obiettivi e, fornendo le informazioni richieste, potrà far capire al medico se ha seguito o meno il piano dietetico. Questo tipo di servizio si può applicare a qualsiasi tipo di cura che richiede una raccolta statistica delle attività svolte.
Ma la tua passione per la programmazione da dove nasce?
Quando ero alle superiori, in una delle scuole migliori nella zona in cui vivevo, c’erano 3 computer per 40 persone. In più non c’era internet, per cui si imparavano solo le cose che venivano insegnate dal professore. Non c’erano molte possibilità di sperimentare. Da lì però ho avuto una gran voglia di prendere un computer, ho deciso che ne avrei avuto uno ad ogni costo. Così sono riuscito a recuperare un vecchio PC con cui mi sono avvicinato al mondo della programmazione.
C’è stato qualcuno che ti è servito da stimolo o da esempio?
Sicuramente mio padre è il motivo principale per cui sono qui ora. Lui si è laureato in ingegneria elettronica ma non ha mai esercitato la professione. Ai tempi del regime gli stipendi di un laureato non erano sufficienti a portare avanti una famiglia (8 fratelli nel caso di Ahmed ndr). Infatti molti insegnanti e tecnici necessariamente lavoravano anche come manovali, agricoltori o negozianti. Mio padre ha quindi optato per ereditare l’attività agricola da mio nonno, perché nettamente più redditizia di un impiego da ingegnere.
Qual è stato il percorso che ti ha portato qui in FBK?
Ai tempi delle superiori il mio obiettivo principale era di ottenere la laurea e cominciare a lavorare.
Ma a un certo punto dovetti smettere per la pessima situazione in Iraq. Poi ho avuto la possibilità di accedere a una borsa di studio per l’Università di Cipro e da lì la mia vita è completamente cambiata. Da lì ho cominciato ad avere molte più ambizioni, a studiare di più, a viaggiare di più, a scoprire posti nuovi e ho avuto anche la possibilità di venire in Italia, di fare un master e ora di finire il PhD.
Cosa vuol dire per te essere ricercatore in FBK?
Essere un ricercatore in FBK significa avere la flessibilità e la libertà di decidere su cosa lavorare e dove condurre la tua ricerca. Penso che come istituto possa offrire molto ai dottorati in termini di facilities, collaborazioni, viaggi all’estero e può anche migliorare la tua esperienza per pensare diversamente.
Quale pensi saranno le conseguenze dell’intelligenza artificiale?
Io credo che l’intelligenza artificiale sia qui per rimanere. Non importa se uno sia d’accordo o meno. Sicuramente ci saranno molti posti di lavoro che verranno sostituiti, ma allo stesso tempo ci saranno servizi migliori e anche nuove opportunità lavorative, diverse dalle attuali.
Siamo sicuri che il progetto di Ahmed sia pienamente in linea con la sua idea di intelligenza artificiale nel futuro, e siamo altresì certi che sia sulla buona strada per ritagliarsene un pezzetto.