For a Human-Centered AI

Diritto come certezza e intelligenza artificiale: la giustizia predittiva

27 Aprile 2023

Considerazioni sul possibile supporto dell’intelligenza artificiale alla Giurisprudenza, per una giustizia accessibile a tutti.

  1. Il diritto come “certezza”

Ubi societas ibi ius. Ogni comunità ha bisogno del diritto per vivere pacificamente, tanto nei rapporti esistenziali e sociali quanto nelle scelte economico-operative. Solo un assetto normativo “certo” permette di organizzare il presente e progettare il futuro. Cosa s’intende per certezza? Come può essere garantita nel moderno ordinamento? Sono solo alcune delle domande a cui da sempre, giuristi d’ogni luogo e tempo, cercano di dare una risposta.

In questo senso, lo studio evolutivo di molti ordinamenti conferma che vi è un’innata tendenza dell’uomo alla certezza del diritto. Un principio, se non una necessità, in base al quale ogni persona deve essere posta in condizione di valutare e prevedere le conseguenze giuridiche della propria condotta.

A regole di condotta non scritte si sono così succeduti nel tempo assetti normativi formali e astratti, capaci di disciplinare ogni situazione suscettibile di verificarsi in concreto. La previsione a priori delle norme vigenti garantisce – o almeno dovrebbe – la certezza del diritto, assicurando l’uguaglianza e la parità di trattamento dei cittadini dinnanzi alla legge.

Alla luce di tale premessa, la domanda che si richiede di porre è la seguente: in un contesto come quello recente, caratterizzato da decine di migliaia di leggi disciplinanti i più disparati argomenti, l’esigenza di certezza del cittadino (usualmente privo dell’abilità di comprendere testi normativi) può essere considerata soddisfatta? La risposta è più difficile di quel che sembra. Da un punto di vista prettamente teorico tale esigenza può esser considerata adempiuta poiché, di fatto, esiste un regime di pubblicazione legale (ad es. Gazzetta Ufficiale o i vari Bollettini Regionali) che mette costantemente a disposizione della collettività  i più recenti interventi legislativi. Tuttavia, da un punto di vista “pratico” la questione si complica, giacché in ordine al richiamato concetto di “certezza”, la norma, oltre ad essere conosciuta, richiede di essere compresa.

Certamente esistono figure che aiutano il cittadino nella comprensione della legge (gli avvocati, i commercialisti, i consulenti …), ma la loro capacità di “valutare e prevedere” le conseguenze giuridiche della condotta di un cliente è subordinata alla complessità del caso, si riduce a considerazioni generali (nessun avvocato è in grado di fornire la percentuale di vincita o perdita di una determinata causa), o è condizionata dalla possibilità di ottenere un guadagno, così da convincere il cliente a proseguire lo stesso per vie giudiziarie.

  1. La giustizia predittiva

Il problema è complesso e più attuale che mai. Prima di provare a dare una risposta e addentrarci nel merito di quella che è considerata la soluzione, bisogna partire da un esempio semplice ma di estrema attualità.

Un “umile” lavoratore, che negli anni e con non poche difficoltà è riuscito ad accantonare una modesta somma di denaro, ha il desiderio di comprare una casa. Con l’aiuto di un agente immobiliare trova la soluzione dei suoi sogni e conclude, finalmente, un accordo dal valore di centomila euro. Tuttavia, alla prima pioggia la nuova casa si allaga, manifestando l’esistenza di un serio problema di drenaggio. Così il lavoratore, che lì aveva investito tutti i suoi risparmi, decide di rivolgersi ad un legale. Arrivato nello studio del legale, l’acquirente fa notare come, nel corso di una delle visite precedenti l’acquisto, alla sua domanda circa la possibilità che l’immobile possa avere «problemi con l’acqua», l’agente aveva risposto «non che io sappia». Scomparso il venditore, lo sfortunato acquirente valuta la possibilità di agire contro l’agente immobiliare, ma scopre dall’avvocato che il suo caso è complicato perché la legge è più complessa rispetto al passato. Anche l’agente, spaventato e a proprio avviso innocente (poiché non a conoscenza dello stato dei drenaggi), si rivolge a un avvocato, e questi gli spiega che il suo caso è incerto, giacché nel tempo l’ordinamento si è costellato di norme sulla diligenza professionale degli agenti e sulle tutele offerte al consumatore. Insomma, il caso è incerto sotto tutti i profili. Esiste qualche certezza? Sì: tanto l’acquirente quanto l’agente, rispettivamente per agire e resistere in giudizio, dovranno pagare cinquemila euro per le spese legali (il cinque per cento del valore dell’immobile), a cui il primo deve aggiungerne altri cinquemila per anticipare il costo della riparazione.

La fattispecie che si delinea è la seguente: il lavoratore – ormai costretto, per mancanza di liquidità, a prendere una somma a prestito – dovrà scegliere tra l’abbandonare la controversia e pagare i danni dell’immobile di tasca propria, oppure utilizzare tale somma per finanziare un’azione legale priva di garanzie, consapevole che nella peggiore delle ipotesi dovrà pagare, oltre ai danni della casa, anche l’onerosa pratica legale. In una situazione di questo tipo, nella quale non vengono in rilievo questioni di principio, sarebbe auspicabile che l’avvocato, prima ancora del giudice, avesse i mezzi per condurre una valutazione probabilistica ex ante, aggiornata ai più recenti orientamenti giurisprudenziali, per dare al cliente un’idea chiara circa le probabilità di successo di un’eventuale azione? Certo che sì, e la soluzione si chiama –giustizia predittiva-.

Per giustizia predittiva deve intendersi la possibilità di prevedere il probabile esito di un giudizio attraverso l’ausilio di particolari algoritmi (come ben spiegato nell’articolo di Edoardo Rulli, “Giustizia predittiva,intelligenza artificiale e modelli probabilistici. Chi ha paura degli algoritmi?) Si tratta di uno strumento di supporto alla funzione legale – e, poi, giurisdizionale – capace di analizzare in tempi brevi (più brevi di quelli concessi all’uomo) un’enorme quantità di informazioni, con l’obiettivo di prevedere l’esito o i possibili esiti di un giudizio.

  1. Conclusioni

Se ci si interroga sulle possibilità di un’applicazione operativa della giustizia predittiva in Italia, occorrerà innanzitutto volgere lo sguardo al suo funzionamento. A tal fine sarà richiamato uno dei più famosi tool di predictive justice, concepito per chiunque intenda esercitare pretese di ogni genere in un giudizio.

“Lex Machina” è un software predittivo fondato nel 2009 in California. Esso fornisce particolari analisi ad aziende o studi legali, volte all’elaborazione di programmi utili al miglioramento del business o alla formulazione di strategie per il giudizio. Attraverso l’intelligenza artificiale vengono categorizzati per “bravura” e orientamento di pensiero, rispettivamente, avvocati e giudici. Con riferimento ai primi, viene attribuito loro un punteggio: sulla base di parametri quali “l’esperienza” e le “vincite complessive” vengono valutate le possibilità di successo dinnanzi a “quel” giudice rispetto ad un altro, o, ancora, in uno specifico tribunale piuttosto che in un altro.

Che la tecnologia sia di assoluto rilievo è fuori discussione; sorgono invece evidenti dubbi quanto alla effettiva qualità delle valutazioni. Difatti, la capacità del legale non può esser valutata tenendo conto solo di  quante volte su quel determinato tipo di causa quel singolo avvocato abbia vinto o perso, senza prima considerare il contesto. Non si tratta di una competizione sportiva, la diligenza e la capacità del professionista possono essere massime anche avendo perso la causa giacché, la maggior parte delle volte, la soluzione migliore (e spesso l’unica disponibile) è perdere nel “miglior modo possibile”. In secondo luogo, la tendenza ad utilizzare la rete per la creazione di un “TripAdvisor” per avvocati, inciderà profondamente sull’attività forense, divenendo problematico tanto per il professionista, che si vedrà valutato sulla base di parametri non realistici; quanto per il cliente, giacché anch’esso potrà ritrovarsi a rifiutare una causa che invece poteva essere vinta, e quindi subire le decisioni dell’algoritmo.

L’applicazione di un software di questo tipo in Italia non sarà semplice, soprattutto se non coordinata ai criteri per la valutazione della condotta di un avvocato. Tali criteri, come già detto, non si basano su vincite e perdite, ma richiedono che il professionista, nello svolgimento dei suoi compiti, adotti un comportamento diligente (art. 1176 c.c.) tale che qualunque esperto in materia avrebbe seguito. D’altro canto, se si guarda a queste tecnologie nell’ottica del cliente – e non dell’avvocato –, la loro portata innovativa è impressionante. Si darà finalmente la possibilità a tutti coloro che non possono permettersi di affidare il proprio patrimonio alla sola “speranza” di compiere la scelta migliore in un contesto alquanto dubbio come quello processuale (cioè il vero obiettivo della professione legale per com’è stata concepita). Il tutto affidandosi ad adeguate analisi e statistiche capaci di fornire uno spettro sulle probabilità di vincita d’una determinata causa.

Per concludere, si tratta di una tecnologia nuova che pur sollevando numerosi dubbi, riserva al tempo stesso un estremo potenziale. Risolvere tali perplessità sarà una delle più stimolanti sfide che il giurista di adesso e quello del futuro dovranno affrontare.


Autore/i