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Going QAnon: religione, digitalizzazione e la sfida della sicurezza

14 Marzo 2023

Cos’ha in comune il movimento cospirazionista statunitense QAnon con la religione, qual è il ruolo della digitalizzazione per la sua diffusione e radicalizzazione e cosa dobbiamo aspettarci in termini di sicurezza e cybersicurezza.

Il 6 gennaio del 2021 molti di noi hanno sentito parlare, forse alcuni per la prima volta, di QAnon in occasione dell’occupazione di Capitol Hill da parte di un nutrito gruppo di sostenitori del presidente uscente Donald Trump, che si opponevano a gran voce all’elezione di Joe Biden accusando brogli elettorali. Pare infatti che fra le file degli aggressori militassero molti seguaci del movimento il cui nome ricorda quasi un codice cifrato, un linguaggio esoterico.

QAnon è un movimento nato e prosperato negli Stati Uniti a partire dall’ottobre 2017 in seguito all’attività di un utente anonimo, Q, sulla piattaforma web4chan che diffondeva informazioni segrete relative al cosiddetto “Deep State”. Secondo Q e i suoi proseliti, esisterebbe una sorta di rete globalizzata (cabala) che trama nell’ombra, composta da celebrità di Hollywood, miliardari e politici democratici la quale si dedica alla pedofilia e si nutre del sangue delle giovani vittime per rigenerarsi e acquisire potere. Questo apparato sotterraneo sarebbe in grado di influenzare la società e le decisioni politiche e l’ex presidente americano Donald Trump sarebbe stato designato come il Messia che salverà gli Stati Uniti e il cittadino comune da questa sordida egemonia (The Storm).

Oltre alla figura messianica del salvatore, il movimento permuta anche altri elementi dalla religione, in particolare dai gruppi religiosi conservatori, come ad esempio la visione apocalittica di un mondo e di una società sull’orlo del collasso e l’avvento dell’anticristo. Basti pensare alle parole di chiara ispirazione religiosa urlate a gran voce proprio durante l’assalto al Campidoglio dal personaggio icona del fatto, il cosiddetto “sciamano”: “Thank you, heavenly Father, for being the inspiration needed to these police officers to allow us into this building.” “Grazie, Padre dei Cieli, per essere l’ispirazione di cui avevano bisogno questi agenti di polizia per farci entrare in questo edificio.”

Con il passare del tempo, QAnon ha assunto sempre più i toni di una teoria cospirazionista, che è la definizione che attualmente meglio descrive il movimento originario nato da e sul web. In realtà, le tematiche portate a vessillo da QAnon non sono inedite e sono rintracciabili anche al di fuori degli Stati Uniti, perfino in Paesi europei. Ma allora perché Qanon ha attecchito così in profondità oltreoceano e perché continua ad assoldare proseliti?

A questo e ad altri interrogativi ha cercato di rispondere Pasquale Annicchino in occasione del seminario “Going QAnon: religione, digitalizzazione e la sfida della sicurezza” organizzato dal centro ISR della Fondazione Bruno Kessler e svoltosi il 7 marzo 2023. Il professore, ricercatore e docente di Giurisprudenza presso l’Università di Foggia, ha invitato a riflettere sulla peculiarità del contesto americano e sul ruolo che la religione riveste all’interno della sfera pubblica. Fin dal 1700 in tale contesto sono sorti vari movimenti religiosi inizialmente visti come sette esoteriche riservate a pochi ma poi diventati movimenti religiosi ufficialmente riconosciuti (primo fra tutti, Scientology). Negli Stati Uniti è in essere un contesto giuridico-normativo che agevola la creazione di nuovi movimenti religiosi per via della rilevanza che la religione riveste nella sfera pubblica e a volte persino a livello geopolitico, cosa di non immediata comprensione per un europeo, abituato a un’idea di religione come fatto privato e individuale. QAnon stesso presenta alcuni tratti che possono portare a definirlo, più che un movimento o una teoria cospirazionista, come una religione che presenta alcune similitudini con il linguaggio e la matrice del cristianesimo evangelico conservatore, ad esempio nella riproposizione del framework apocalittico in cui il bene combatte contro il male. Temi, appunto, per nulla nuovi, che rivelano l’importanza e le conseguenze della loro sedimentazione nel corso dei secoli.

Similmente, QAnon mutua istanze e linguaggi anche dalla sfera militare, in virtù del ruolo che la violenza riveste nella cultura americana e dell’ammirazione e credibilità di cui le forze armate godono nella società. Si affaccia dunque il concetto di digital soldiers che combattono strenuamente la grande battaglia apocalittica contro la cabala e QAnon diventa una “teoria ombrello” che, tramite il digitale, si diffonde e ramifica con varie declinazioni.

Un ruolo chiave nella radicalizzazione ed espansione di QAnon lo riveste, infatti, il digitale: abbiamo visto come il movimento sia nato proprio attraverso una piattaforma web, ed è sempre tramite il web che esso si è diffuso, con una forte accelerazione durante la pandemia da Covid-19, quando le comunità di fedeli si sono disgregate e, costrette all’isolamento preventivo, si sono spostate online alla ricerca di contenuti evangelici, trovando invece, spesso, QAnon. I social media, i podcast, i meme, ecc. sono stati e tutt’ora sono determinanti per la radicalizzazione dei seguaci di QAnon e la diffusione virale della teoria stessa grazie alla profilazione dei dati e agli algoritmi che propongono costantemente ciò che gli utenti vogliono vedere sulle proprie bacheche. Le comunità religiose, rimaste sole davanti ad uno sterile schermo, senza il supporto di un pastore né della fisicità del testo sacro, si sono sentite smarrite e hanno probabilmente trovato nel movimento ciò che andavano cercando: ascolto, unione di ideali, lotta comune.

Con questi presupposti e dopo i gravi fatti di Capitol Hill cosa dobbiamo attenderci, in termini di sicurezza e di cybersicurezza, da QAnon? A quanto pare le agenzie di sicurezza statunitensi, fra cui FBI e West Point, non stanno prendendo la cosa sottogamba e hanno iniziato a interessarsi da vicino al fenomeno, non relegandolo a materia di studio per accademici. La soluzione sembra essere quella di avere regolamenti certi e preventivi per l’uso delle piattaforme social e i contenuti che si diffondono attraverso di esse. Serve intervenire by design sulle piattaforme ben prima che vengano messe in commercio per evitare la diffusione incontrollata e incontrollabile di simili teorie cospirazioniste che potrebbero essere all’origine di danni considerevoli al tessuto morale e sociale di una nazione.


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