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Luoghi di confine: riflessioni sulla religione nella cultura contemporanea

4 Dicembre 2024

Si è tenuta il 26 novembre a Trento l’edizione 2024 della Davide Zordan Lecture, evento annuale organizzato dal Centro per le Scienze Religiose della Fondazione Bruno Kessler per onorare la memoria di Davide Zordan, ricercatore prematuramente scomparso nel 2015.

Relatrice protagonista di quest’anno è stata Daria Pezzoli-Olgiati, professoressa di scienza e storia delle religioni alla Ludwig-Maximilians-Universität di Monaco di Baviera.

La studiosa ha discusso della religione come dimensione fondamentale della cultura contemporanea e ha invitato il pubblico a intraprendere una “passeggiata” in zone di confine – nel senso più ampio del termine – per scoprire aspetti sorprendenti, marginalizzati o ignorati di un fenomeno antico e attuale. Le abbiamo fatto alcune domande per approfondire le tematiche e per chiederle della sua esperienza di collaborazione con Davide Zordan.

  • Prof.ssa Pezzoli-Olgiati, nel 2004 Lei aveva trascorso un periodo di ricerca presso il Centro per le Scienze Religiose FBK da cui era nata una lunga e fruttuosa collaborazione, in particolare con il compianto Davide Zordan. Cosa ha portato con sé e nei suoi studi di quell’esperienza?

Daria Pezzoli-Olgiati, Relatrice protagonista della Davide Zordan Lecture 2024

Nel 2004 ho lavorato come Visiting Fellow presso il Centro per le Scienze Religiose FBK. In questo periodo ho iniziato ad occuparmi del concetto di genere per lo studio delle religioni, un tema che fino a quel momento non era ancora stato approfondito nella mia disciplina, e a lavorare sul rapporto tra le religioni e i media. Entrambi i campi di ricerca sono diventati il filo conduttore del mio lavoro fino ad oggi. Nel corso degli anni, la cooperazione con il Centro per le Scienze Religiose si è intensificata. Sia Davide Zordan che Stefanie Knauss, oggi professoressa presso la Villanova University, lavoravano su temi simili. Con loro abbiamo organizzato colloqui a Trento e progetti di ricerca internazionali sulla visualità, il genere e il corpo. Sono state collaborazioni molto proficue che hanno portato alla pubblicazione di volumi secondo noi significativi. Ricordo ad esempio Approaches to the Visual in Religion, Research in Contemporary Religion (Göttingen 2011) e Religion in Cultural Imaginary. Explorations in Visual und Material Practices (Zurigo/Baden-Baden 2015).

 

  • Quest’anno, per la Davide Zordan Lecture, ha affrontato il tema della religione nel mondo contemporaneo, una questione al tempo stesso di grande attualità e difficile da gestire

Le forme religiose del nostro tempo sono vissute in una società differenziata e plurale, segnata da forte mobilità, complessità e trasformazioni sia profonde che velocissime. Se da una parte è vero che le istituzioni religiose tradizionalmente ancorate alle società europee stanno perdendo membri e influenza sull’assetto sociale, dall’altra si constata che la ricerca di un orientamento esistenziale in un periodo estremamente complesso è intensa e articolata su temi e modalità variegate. Usando un concetto di religione aperto, analizziamo luoghi e forme di ricerca esistenziale di senso in vari ambiti sociali e scopriamo pratiche e visioni religiose del mondo in interazione con vari ambiti sociali come la politica, il sistema sanitario, l’arte oppure lo sport. Esplorando queste dimensioni religiose si capisce che, seppur frammentata e articolata in modi a volte sorprendenti, la religione è un fenomeno molto variato e diffuso. Queste forme possono essere un’opportunità per ripensare a come rafforzare una società democratica in cui orientamenti diversi possano interagire in modo costruttivo. Ovviamente la religione può essere usata anche per legittimare pratiche totalitaristiche. Di fronte all’ambiguità delle formazioni religiose nel mondo contemporaneo con i loro potenziali e pericoli lo studio accademico accurato della religione, nei vari rami della teologia e nelle scienze religiose, si rivela fondamentale, sia a livello concettuale che a livello storico e culturale. 

  • Con Davide Zordan condivideva una grande passione per il cinema e i media in generale. Perché oggi la ricerca sulla religione ha bisogno degli studi culturali per capire come sono cambiatate la fede religiosa o la ricerca spirituale delle persone? Più in particolare, in che senso il cinema può essere un valido strumento di ricerca in questo ambito?

Il cinema nasce alla fine dell’Ottocento come una tecnica innovativa che permette di riprodurre immagini in movimento tramite un’illusione ottica. In questo senso l’invenzione del film è il precursore della comunicazione audiovisiva che permea la nostra società, diventando un linguaggio dominante, usato in tutti gli ambiti della vita sociale e individuale. Già questa constatazione spiega perché l’analisi di fonti audiovisive è centrale per lo studio della religione. Inoltre, la storia del cinema e quella delle religioni si intersecano fino dagli inizi: la nuova tecnica era alla ricerca di racconti importanti, conosciuti, che nobilitassero questa invenzione. Per raggiungere un pubblico vasto, l’industria emergente del cinema aveva bisogno di storie capaci di entusiasmare non solo le masse della classe lavorativa, ma tutti gli strati sociali. La Passione di Cristo si rivelò essere un racconto adatto a questo scopo e divenne una delle narrazioni più importanti sin dagli albori del cinema. Anche altri racconti biblici furono adattati al cinema. La stretta relazione tra l’Apocalisse e la fantascienza cinematografica a partire dagli anni ‘20 europei oppure l’influsso dell’epica delle tradizioni indiane sullo sviluppo di Bollywood sono esempi significativi. Hanno portato a generi e filoni cinematografici che hanno successo anche nel mondo contemporaneo. 

  • Conducendo i suoi studi più recenti sulla religione nelle Alpi, cosa l’ha colpita maggiormente come persona e come ricercatrice?

Le culture alpine sono un laboratorio di ricerca sulla religione e sono poco studiate se si considera la loro ricchezza e varietà. La conformazione del territorio forma una barriera che rende difficile gli scambi: il clima, i grandi dislivelli e i pericoli della montagna sono sempre stati un ostacolo anche per la produzione del sostentamento. Eppure, grazie ai passi, le montagne sono sempre state anche un luogo di contatto e quindi di legame tra culture e religioni diverse. A partire dall’Ottocento diventano poi un luogo turistico di svago che attrae chi vive in città. Tutte queste trasformazioni segnano la varietà di pratiche e concetti religiosi alpini.

A livello personale le Alpi sono per me importantissime: la mia biografia è segnata dal passaggio regolare tra la Svizzera del sud, il Ticino, e il nord delle Alpi. Le gite in montagna sono per me un’attività insostituibile, anche come contrappunto ai ritmi di vita lavorativi impegnativi. È appunto praticando sport alpini che ho scoperto la rilevanza della religione in questi territori.


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