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Mobility Story: Giovanni Garberoglio #4 Ritorno a casa

24 Marzo 2017

Bilancio finale di una intensa esperienza di viaggio di conoscenza, di incontri, di prove ed errori, di lezioni apprese.

Come ogni bella avventura, anche la Mobility è ormai alla fine. Nei giorni successivi metto a posto le ultime cose, mi accordo con Karl ed il suo studente per continuare a lavorare assieme, mettiamo in cantiere alcuni calcoli necessari a fare un altro piccolo
passo nel nostro progetto, e… tornando a casa scopro che il mio occhio cerca di stabilire se tutto quello che mi sono comprato nel frattempo riuscirà a stare nella microvaligia quasi piena che avevo portato dall’Italia. Per fortuna alla fine non devo sacrificare quasi niente, anche se il peso mi sembra decisamente aumentato (non il mio, quello della roba da riportare indietro!). Il viaggio di ritorno procede senza problemi di sorta. Ritorno a Denver e dormo lì una notte, approfittandone per un ultimo hamburger americano con IPA d’ordinanza. Il giorno dopo salgo sull’aereo che mi riporterà a casa, con cambio in Germania.

Appena atterrato all’aeroporto di Monaco sento subito l’aria di casa… ci metto un po’ a capire esattamente cosa sia che mi fa capire che questo aeroporto non è in USA, ma alla fine l’illuminazione mi arriva chiara e lampante: per la prima volta da quattro
mesi a questa parte sono l’unico che sta indossando un cappellino da baseball! Il viaggio mi ha messo un po’ di sete e tempo che aspetto la coincidenza mi vado a comprare una bottiglia d’acqua. E anche in questa semplice azione mi sento di nuovo nella vecchia e cara Europa: il prezzo che c’è scritto sull’espositore delle bottiglie è effettivamente quello che pago alla cassa! Per qualche motivo a me ignoto il prezzo negli USA non è mai quello definitivo: a quello esposto vengono poi sommate, in fase di pagamento, le tasse locali, quelle federali e – nel caso dei ristoranti – bisogna aggiungere una mancia di circa il 15% per i camerieri.

Un altro piccolo volo di un’ora ed atterro a Verona, dove una mia collega è gentilmente venuta a raccattarmi per portarmi a casa insieme al suo compagno.

Alla fine mi ritrovo ad essere contento di essere stato in America, ma anche contento di essere tornato in Italia. Non mi sembra vero di potermi rivolgere a qualcuno nella mia lingua nativa.

In questa Mobility sono successe tante cose, sia dal punto di vista della ricerca che dal punto di vista delle esperienze personali, e un po’ le racconto durante il viaggio in macchina verso casa. Una scena risulta essere particolarmente divertente. Durante la
Mobility ero comunque tenuto a timbrare la mia presenza al lavoro come se fossi in Italia, e non potendo ovviamente farlo di persona era stato attivato un sistema che mi permetteva di farlo via Internet. Dopo due o tre volte in cui mi ero regolarmente
dimenticato di farlo, avevo deciso di stabilire una regolare abitudine che mi aiutasse a non scordarlo di nuovo. Durante il percorso verso il lavoro mi ritrovavo spesso a pensare al lavoro, organizzando cosa fare durante la giornata, in modo da iniziare di
slancio non appena arrivato in ufficio. Se volevo ricordarmi di timbrare, sarebbe stato meglio farlo prima che il lavoro mi occupasse la mente una volta uscito di casa. Io sono nato a Sanremo, e dei recenti fatti di cronaca avevano riportato la vicenda di
alcuni assenteisti che – per motivi che a me non sono tuttora chiari – timbravano la mattina in mutande. Mi resi conto che anche io avrei potuto farlo, sostanzialmente in maniera legale.

Potete chiedere ad Oscar Wilde se sono riuscito a resistere alla tentazione.


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