
Un sensore per il più debole dei segnali
Nicolò Crescini spiega uno studio nel campo delle tecnologie quantistiche pubblicato su Nature Communications
Nel campo delle tecnologie quantistiche c’è sempre stata una sfida più evidente delle altre: la rivelazione di singoli fotoni a microonde. Queste particelle sono notoriamente difficili da catturare a causa della loro bassissima energia, misurata in pochi yoctojoule. Tuttavia, la loro importanza va ben oltre la semplice curiosità scientifica: essi rappresentano la chiave per il progresso delle tecnologie quantistiche, l’esplorazione della materia oscura e la comprensione delle leggi fondamentali della fisica quantistica.
“La nostra ricerca, recentemente pubblicata su Nature Communications, rappresenta un progresso significativo in questo campo. Sfruttando le proprietà uniche delle giunzioni Josephson, abbiamo sviluppato un sensore superconduttore in grado di rilevare questi fotoni con straordinaria efficienza e basso rumore, che si posiziona come uno dei rivelatori più sensibili mai realizzati” racconta Nicolò Crescini, ricercatore e Science Ambassador di FBK.
L’Esperimento e il Sensore
Rilevare i segnali più deboli richiede condizioni meticolosamente controllate. Il nostro esperimento è stato condotto in un refrigeratore a diluizione che opera a soli 0.01°C sopra lo zero assoluto, in un ambiente schermato da qualunque disturbo elettromagnetico esterno.

Figura 1: Lo stadio più freddo di un refrigeratore a diluizione recentemente installato presso la Fondazione Bruno Kessler, che raggiunge una temperatura inferiore a 10 millikelvin, su cui sono fissati componenti di elettronica a microonde.
Al centro del sistema vi è una cavità a microonde progettata ad-hoc, uno strumento familiare per un fisico ma in questo caso utilizzato in modo diverso dal solito. La cavità non solo confinava i fotoni a microonde al suo interno, ma consentiva anche un controllo preciso della loro emissione. Riscaldando delicatamente la cavità di pochi millesimi di grado, abbiamo prodotto singoli fotoni termici, un segnale talmente debole da emettere pochi quanti di luce al minuto.
Il nostro sensore, una giunzione Josephson integrata in un circuito di adattamento d’impedenza, ha rilevato con successo questi fotoni. Quando un fotone colpisce la giunzione si innesca una transizione misurabile ad uno stato resistivo, un “click” ben definito che segnala la rilevazione del fotone. Con un’efficienza superiore al 40% e un tasso di conteggi spuri inferiore a uno ogni dieci secondi, il dispositivo ha superato le aspettative, affermandosi come uno dei rivelatori più sensibile mai costruiti.

Figura 2: In alto – Schema del sistema sperimentale, con la cavità a microonde a sinistra e il rivelatore di fotoni a destra.
In basso – Traccia temporale dei click del rivelatore in funzione della temperatura della cavità: ogni tratto verticale indica la rilevazione di un fotone a microonde.
Uno degli aspetti più interessanti di questo lavoro è stata la capacità di osservare la natura quantistica dei fotoni rilevati. Variando la temperatura della cavità, abbiamo confermato che la statistica di arrivo dei fotoni sia super-Poissoniana, dimostrando una correlazione quantistica tra un fotone e il successivo, un segno distintivo della loro origine termica e uno sguardo affascinante sul caos quantistico.
Implicazioni e Prospettive Future
Questo risultato apre la strada a una vasta gamma di applicazioni. Dalla computazione quantistica e la comunicazione alla ricerca di materia oscura, il potenziale della rilevazione di singoli fotoni è immenso. Ad esempio, gli aloscopi utilizzati nella ricerca sugli assioni potrebbero beneficiare enormemente di questa tecnologia, superando i limiti degli amplificatori quantistici.
Guardando al futuro, puntiamo a perfezionare il design del sensore per ottenere una sensibilità ancora maggiore e una più ampia applicabilità. Spingendo i confini della rilevazione dei fotoni a microonde, speriamo di scoprire nuova fisica e trasformare gli strumenti disponibili per le tecnologie quantistiche. In definitiva, non vediamo l’ora di utilizzare questo sensore per ulteriori scoperte.
Infine, questo risultato evidenzia l’importanza della collaborazione internazionale, con contributi da team in Russia, Italia e Svezia. Sottolinea il valore della ricerca aperta e cooperativa per favorire il progresso e superare le sfide scientifiche.
Per chi fosse interessato ai dettagli completi dei nostri risultati, l’articolo è disponibile qui.