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Una scuola, tante scuole

11 Maggio 2022

Il modello di scuola che abbiamo vissuto non è l’unico possibile. Un viaggio nell’universo scolastico con gli storici Enrico Valseriati e Vanessa Roghi.

Nella cornice del festival dell’educazione EDUCA 2022, ritornato finalmente in presenza, si è svolto un incontro dinamico e stimolante in cui i protagonisti sono stati gli studenti e le studentesse delle scuole medie di Rovereto, che hanno parlato liberamente della loro idea di scuola con lo storico di FBK-ISIG Enrico Valseriati e la storica e ricercatrice indipendente Vanessa Roghi. Partendo dal libro della stessa Roghi, Voi siete il fuoco. Storia e storie della scuola (Einaudi ragazzi, 2021), gli alunni si sono interrogati sul loro modello di scuola, su ciò che vorrebbero fosse diverso, sui punti di forza e le problematiche inerenti. Il volume si propone infatti come tentativo di raccontare la storia della scuola agli studenti, che solitamente non sanno perché le cose vanno come vanno e perché si trovano all’interno di un determinato sistema educativo, come questo è stato definito e da chi.

La scuola italiana contemporanea è essenzialmente di tipo trasmissivo-nozionistico, si impara cioè più nella teoria che nella pratica, partendo dai libri di testo. Complice anche il Covid-19 e la necessità di isolamento e distanziamento, molti laboratori pratici sono saltati o comunque sensibilmente diminuiti in numero, con il risultato che gli studenti passano la maggior parte delle ore di scuola seduti ai banchi ad ascoltare un insegnante. In passato, invece, pare ci fossero molti più laboratori pratici: come l’autrice ha raccontato, all’interno di uno dei quali lei e i suoi compagni avevano cucito una grande coperta a riquadri che è diventata per lei una vera e propria fonte; una fonte che testimonia il tipo di modello scolastico che ne ha permesso la sua stessa creazione, che porta nella trama dei tessuti i gesti, il tocco, le voci, i ricordi di quei bambini e bambine che vi hanno amorevolmente lavorato.

Anche ai ragazzi partecipanti all’incontro è stato chiesto di portare una fonte, un oggetto simbolico che rappresenti la loro scuola: molti hanno portato delle fotografie, che hanno raccontato come ci si vestiva al tempo, se c’erano o meno grembiuli, se in classe si potevano indossare le ciabatte – e quindi i bambini potessero stare comodi e sedersi a terra – il rapporto con gli altri compagni. I compagni stessi sono una fonte che ha molto da dire sulla nostra esperienza scolastica, su chi siamo stati all’interno di quel modello educativo, come ne siamo entrati e come, infine, ne siamo usciti e cosa ci ha lasciato.

Un’altra fotografia portata ritraeva una bambina spaventata al suo primo giorno di scuola, che ha ricordato che un sentimento strettamente connesso con il concetto di scuola è proprio la paura, l’ansia, che spesso diventa vera e propria ansia da prestazione quando si lega ad un voto di valutazione. Su questo aspetto del sistema scolastico si sono soffermati i due storici, partendo dalla fonte portata da un’altra alunna, una verifica di grammatica con cui si era guadagnata un bel distinto: ma un voto, di per sé, è un semplice numero, che raramente viene pensato e plasmato sulle singole persone e si applica in modo indifferenziato a tutti, indipendentemente dalle proprie specificità. I voti, inoltre, rischiano di ridurre coloro cui vengono assegnati a un numero, che può essere perfino uno zero nei casi più sfortunati. Ciò crea ansia, vergogna e talora mancanza di autostima, mentre i voti espressi con “discreto, ottimo, ecc.”, pur rimanendo giudicanti, risultano meno impattanti a livello emotivo e psicologico in chi li riceve.

Il pedagogo Federico Batini ha fatto ricerche specifiche sulla dispersione scolastica e per farle ha voluto parlare direttamente con studenti e studentesse, secondo il motto “Niente su di noi senza di noi”: gli intervistati hanno affermato di essere tormentati dai voti, che diventavano la parte essenziale del percorso scolastico, mentre loro avrebbero desiderato ricevere più rassicurazioni, essere valutati anche per altro, apprendere competenze utili come imparare a seguire un telegiornale e riuscire a comprenderlo, indipendentemente dal fatto che andassero bene o meno in matematica o italiano.

La neuroscienza, che studia il modo in cui apprendiamo le cose, ha inoltre scientificamente stabilito che esistono vari tipi di intelligenze, di tipo molto diverso fra loro, frutto di un allenamento. Anche imparare di per sé è un allenamento, che risulta naturale e spontaneo in taluni momenti della vita mentre in altri diventa forzato e artificiale.

L’abbandono scolastico, dunque, è una conseguenza diretta del sentirsi ZERO, un numero. Ma esistono modi diversi di valutare una persona e di farla sentire o meno parte della comunità educativa in cui è inserita? Possono essere gli stessi studenti promotori e protagonisti di un modello di scuola diverso, plasmato secondo le loro esigenze in evoluzione, in cui per esempio un compagno in difficoltà venga aiutato dagli altri della classe senza dover ricorrere a costose ripetizioni che non tutti si possono permettere? In poche parole, si può cambiare assieme?

Questi e altri interrogativi sono stati lasciati agli studenti di Rovereto, con l’obiettivo di farli sentire non solo protagonisti attivi dell’incontro, con diritto di parola e pensiero, ma del modello scolastico all’interno del quale ogni giorno crescono insieme.

 


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