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Violenza contro le donne: il diritto e le responsabilità

20 Maggio 2020

In Italia norme e sentenze hanno legittimato a lungo la cultura della subalternità femminile e talvolta assecondato violenze contro donne "disobbedienti"

La verità è che troppo spesso proprio il diritto è stato responsabile se non mandante morale di molte violenze di genere. A tutte le latitudini la violenza contro le donne si alimenta di stereotipi che perpetuano generazione dopo generazione l’idea che si addica alla donna stare ‘un passo indietro’ all’uomo.

Incredibilmente, e in Italia forse più a lungo che altrove, legislatori e giudici sono stati complici di quegli stereotipi. Norme e sentenze hanno legittimato la cultura della subalternità femminile e talvolta assecondato violenze contro donne ‘disobbedienti’. Vediamo come.

Per esempio, fino alla fine degli anni Sessanta l’adulterio poteva essere causa di separazione e punito come reato soltanto se commesso dalla donna.

E solo nel 1968 l’infedeltà del marito è stata equiparata all’infedeltà della moglie.

Solo nel 1965 le donne hanno avuto accesso alla magistratura grazie ad una legge di due anni prima.

Prima della riforma del diritto di famiglia, si riteneva che non esistesse la violenza sessuale tra coniugi e così, di fatto, si riconosceva al marito una specie di ‘diritto allo stupro’.

È stata cancellata soltanto nel 1981 la rilevanza penale della causa d’onore per cui se l’uomo uccideva la moglie, la figlia, la sorella o il loro amante nel momento e «nell’atto» in cui ne scopriva «la illegittima relazione carnale» poteva al massimo essere condannato a sette anni di carcere ma non ai 21 anni previsti per l’omicidio volontario.

È stato necessario attendere ancora il 1981 per l’abrogazione dell’istituto del matrimonio riparatore, rimedio ad una situazione ritenuta disonorevole come una gravidanza.

Soltanto nel 1996, e dopo una lunga battaglia culturale e parlamentare, la violenza sessuale, fino ad allora un’offesa alla morale, diventa delitto contro la persona.

In Italia i maltrattamenti domestici sono stati tollerati come ‘fatto privato’ ancora per molto tempo dopo l’abolizione dello ius corrigendi (1975), almeno fino a quando la conferenza di Pechino del 1995 ha introdotto il punto di vista gender sulla violenza contro le donne.

Un’amara constatazione
Non possiamo stupirci allora se, come raccontano le cronache giudiziarie, all’inizio degli anni Novanta c’era ancora chi, in Italia, credeva che fosse consentito picchiare la propria moglie. Si sbagliava, certo, ma nemmeno così tanto.


Questo è il terzo di quattro approfondimenti in tema: il primo della serie è intitolato “Cos’è la violenza contro le donne“; il secondo “Violenza di genere. Violenza contro le donne. Femminicidio“. Prossimamente verrà pubblicato l’ultimo contributo.

Gabriele Fattori, guest blogger di FBK Magazine da aprile 2020, insegna Diritto ecclesiastico e canonico all’Università degli Studi di Foggia e collabora con il Centro per le Scienze Religiose (ISR) della Fondazione Bruno Kessler. Per l’Università di Foggia è anche Coordinatore del Corso di Laurea Magistrale in Scienze Giuridiche della Sicurezza e Delegato rettorale al Sistema Bibliotecario d’Ateneo.


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