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Open Data 200 Italia: ecco il primo “censimento” sulle imprese italiane

12 Settembre 2017

Pubblicati i primi dati sulle aziende italiane. Il progetto è sviluppato dalla FBK in collaborazione con il GovLab della New York University

E’ online il sito del progetto Open Data 200 Italia, il primo studio sistematico sulle imprese italiane che utilizzano dati aperti per generare prodotti e servizi.

Il censimento è sviluppato dalla Fondazione Bruno Kessler in collaborazione con il GovLab – New York University che ha realizzato l’analogo progetto Open Data 500 negli Stati Uniti.

“Da oggi”, spiega Francesca De Chiara, ricercatrice della Fondazione Bruno Kessler che grazie al progetto FBK Mobility ha lavorato presso il GovLab di New York, “è possibile esplorare sul nuovo sito, disponibile in italiano e in inglese, i primi dati sulle aziende coinvolte. Da una prima analisi risulta che i dati più usati sono quelli geospaziali, anche grazie alla direttiva INSPIRE che ha fatto un po’ di ordine in materia. Molte aziende usano fonti alternative di dati, si spostano su sorgenti aperte e collaborative come Wikipedia e OpenStreetmap. La maggior parte del mercato dei dati aperti, o degli open government data, genera servizi per la PA, trovando una sua dimensione nel settore del Business to Business. Quest’ultimo aspetto evidenzia la necessità di avere molti dati da elaborare, unire, affinare e re-distribuire a terzi. Un esempio interessante viene dal Ministero della Salute che espone dati molto usati da aziende che operano nel settore del Turismo, in quanto il dataset più richiesto è quello delle farmacie georeferenziate. Preziosa la collaborazione con Spazio Dati per l’utilizzo della banca dati Atoka e l’interesse espresso da dati.gov e dalla Camera di Commercio di Padova, con i quali abbiamo organizzato webminar di divulgazione e sessioni di presentazione del progetto”.

“Quando si parla di open data”, sottolinea Maurizio Napolitano, responsabile di Digital Commons Lab alla FBK, “ci si riferisce alle molte aspettative legate ad una crescita che questi sono in grado di offrire alla comunità. I temi più ricorrenti sono quelli della trasparenza e dell’economia. Molte sono le stime di cosa potrebbe accadere se, l’open data, fosse una realtà concreta in grado di fornire dati aggiornati e ben strutturati. Purtroppo, questo percorso, è ancora lontano. Ci sono però persone che ancora ci credono. Fra i principali attori ci sono le aziende che fanno uso di dati. Si tratta per la maggiore di aziende che lavorano nel settore ICT. Queste, assieme alla realtà degli attivisti e dei ricercatori, sono la prova evidente di come il rilascio di dati da parte di pubbliche amministrazioni, enti para-statali, aziende stesse e comunità può realmente creare impatto economico e sociale. L’invito pertanto è quello di prendere visione (anche in maniera critica) dei risultati di questo studio e di continuare a segnalarsi al fine di migliorare e rendere sempre più efficace questa azione”.

Il Contesto

Con il termine “open data” si intende il libero accesso ai dati per qualsiasi scopo e riutilizzo. I dati sono descrizioni di fatti privi di ambiguità e archiviabili in formato digitale (es. temperatura, numero di abitanti, numero di mezzi presenti in questo momento in autostrada, la quantità di merce venduta e così via). L’evoluzione delle nuove tecnologie ha reso sempre più facile la raccolta e l’archiviazione dei dati in formato digitale. Diversi sono gli attori che raccolgono dati: pubbliche amministrazioni, aziende, comunità. Ognuno di questi, detenendo il diritto sulla banca dati, può decidere di renderli disponibili affinché terzi possano utilizzarli per qualsiasi scopo.

La pubblica amministrazione viene considerata quale attore principale in grado di aprire dati in quanto si occupa di beni comuni. Nelle politiche internazionali, l’open data è visto come uno dei punti di partenza per attivare processi di trasparenza, collaborazione e partecipazione (il tutto si sintetizza con il termine “open government” e Open Government Partnership è un’iniziativa internazionale che promuove la condivisione di questi principi, sono 65 le nazioni che hanno aderito).

L’open data è visto anche come uno strumento importante per favorire la crescita economica. Diversi sono gli studi di riferimento che intravedono, nell’apertura dei dati, scenari in grado di generare valore sociale ed economico.

Open Data 500

Open Data 500 è un progetto promosso e realizzato dal GovLab presso la New York University dove vengono messi in evidenza gli scenari di riuso da parte dei dati del settore pubblico da parte di 500 aziende negli Stati Uniti.

Il catalogo nazionale dei dati aperti statunitense ha una sezione “impact“, nella quale trovate una directory di aziende che usano open government data.

Open Data 200 Italia

Grazie al progetto Mobility promosso dalla Fondazione Bruno Kessler, Francesca De Chiara del Digital Commons Lab è stata resident fellow presso Govlab-NYU e ha sviluppato la stessa ricerca su scala italiana, partendo da una prima selezione di 200 aziende. La piattaforma di Open Data 200 Italy è disponibile in Italiano e in inglese.

Dopo una fase di identificazione delle aziende, somministrazione del questionario e ricerca sul campo, ora sono disponibili i primi dati dello studio che offrirà un quadro maggiormente chiaro e aggiornato sullo stato di salute dell’ open data in Italia, e importanti suggerimenti per una migliore implementazione delle politiche nazionali di apertura dei dati.

Dati emersi

Visitando il sito di Open Data 200 Italia è possibile prendere visione di un campione significativo di 55 aziende italiane (sono previsti ulteriori rilasci in futuro e si invitano le aziende a candidarsi compilando qui il survey per partecipare allo studio).

I dati evidenziano che il segmento principale dove queste aziende operano è per il 47% del campione nel B2B (business to business, quindi il mercato fra aziende) con attività di integrazione, analisi e rielaborazione di dati utili a terzi (es. strumenti di supporto per assicurazioni o banche).

Rimanendo nei segmenti di mercato solo il 17% sviluppa soluzioni per gli utenti finali (B2C). Qui la problematica si applica anche sul fronte della disponibilità di dati disponibili e della necessità di incidere su mercati già saturi.

Il restante 36% è occupato da aziende che lavorano nei servizi verso la pubblica amministrazione. Si tratta, per la maggiore, della creazione di piattaforme per la distribuzione di open data o di implementazioni di estensioni per estrarre e convertire dati secondo i paradigmi dell’open data (letteralmente “dati aperti”).


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