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Amare l’inverno

21 Settembre 2023

Un parallelismo tra l’approssimarsi della stagione invernale e la necessità di imparare ad esprimere e rispettare anche i momenti più difficili che la vita ci impone. E per affrontare meglio la fine dell'estate il 29/09 torna La Notte della Ricerca!

Settembre, si sa, si ama o si odia. Pare che il mondo si divida in due schieramenti più o meno distinti: quelli che sono rinvigoriti dall’accorciarsi delle giornate, dall’aria che si fa più frizzante e profuma di uva e dai ritmi consueti che riprendono (la scuola, il lavoro, il corso in palestra), e quelli che si rattristano per le stesse cose e piangono la fine della stagione più leggera e spensierata dell’anno. Cosa ci può essere di bello – si chiedono questi ultimi – nel clima freddo e uggioso e nelle lunghe giornate invernali che avviluppano il mondo nel buio e nel torpore?

Eppure, per quelli che appartengono invece alla prima schiera, l’atmosfera intimista e raccolta che promettono l’autunno e l’inverno è rincuorante dopo l’accecante bagliore estivo che vuole insistentemente essere celebrato, anche da chi non ne ha voglia, o motivo.

“Ogni giorno speravo che piovesse, perché se pioveva potevo starmene a casa, nascosta agli occhi del prossimo. Se non pioveva, avevo l’ordine dai miei genitori di ‘stare all’aria’, e ubbidivo, per antica sottomissione. Leggevo su un prato. Leggevo però senza alcun piacere. Sentivo cantare i grilli, mi assordava la pace abbagliante e sterminata del pomeriggio estivo. Essa sembrava promettere qualcosa, qualcosa che misteriosamente era destinato a tutti ma non a me.” 

Con queste parole, estratto del più lungo articolo scritto da Natalia Ginzburg per l’edizione de La Stampa del 22 agosto 1971, la scrittrice descriveva il suo mutato rapporto con l’estate, che da bambina adorava mentre poi, cresciuta, viveva con disagio perché si sentiva obbligata ad essere felice nelle radiose giornate di sole che trascorreva in montagna con la famiglia.

Il tema dell’ “obbligo alla felicità”, e all’ostentazione della stessa sui social media, è importante, soprattutto in un momento storico in cui ci sono probabilmente più persone che hanno motivi per non essere serene all’interno del contesto sociale, economico e finanziario che si è venuto a delineare negli ultimi tre anni: molte famiglie, quest’anno, non si sono potute permettere le vacanze per il rincaro dei prezzi che ha colpito praticamente ogni settore, non ultimo quello del turismo, e vivono nella preoccupazione di ulteriori impennate; la pandemia, l’infinita guerra in Ucraina, l’agghiacciante snocciolarsi di terribili fatti di cronaca (femminicidi, stupri, bullismo, ecc.) ci ha scavato dentro una serie di lutti di difficile e dolorosa gestazione; il clima impazzito, le piogge che sono diventate monsoni e le stagioni sovvertite generano eco-ansia negli animi più sensibili e preoccupazioni di immediata praticità in coloro che si vedono raccolti o imprese distrutte dai fenomeni meteorologici estremi sempre più frequenti.

“Risorge in noi l’antica disperazione dell’adolescenza, quando abbiamo capito a un tratto che eravamo chiamati a essere diversi e felici, ma noi eravamo incapaci di ubbidire a un simile richiamo”, per dirla ancora con le parole della Ginzburg.

I dati parlano chiaro: negli ultimi anni sono aumentati sensibilmente i casi di ansia e depressione e, purtroppo, la domanda supera nettamente l’offerta di trattamenti di supporto psicologico disponibili attraverso il sistema sanitario pubblico, mentre la terapia di tipo privato ha costi che i più non si possono permettere, sul lungo periodo. Oltre all’auspicabile incremento dell’accessibilità alle cure pubbliche, è essenziale togliere lo stigma non solo dalla malattia mentale, ma anche da stati di depressione o semplice apatia che possono interessare un individuo nel corso della vita. Dobbiamo imparare “L’arte di essere fragili”, come titola il libro di Alessandro D’Avenia che si propone, per l’appunto, di mettere sotto una diversa luce Giacomo Leopardi e scardinare le accuse di pessimismo estremo che lo hanno colpito nel corso dei secoli, da vivo come da morto, le stesse accuse che vengono spesso rivolte a persone particolarmente sensibili che si interrogano sul senso delle cose e che si sentono dire di essere causa della propria infelicità. “Nessuno è infelice se non per colpa sua” “, scriveva Seneca, ma forse si sbagliava.

Bisogna dunque riconoscere e dare valore anche alle esternazioni di disagio, preoccupazione e tristezza che talvolta sono un grido d’aiuto e altre semplicemente espressione di uno stato personale più o meno momentaneo che richiede senz’altro più coraggio della pubblicazione di un selfie dal bar della spiaggia, con un aperitivo in mano. Dobbiamo, insomma, imparare ad amare anche l’inverno e a considerarlo parte delle stagioni della vita.

Per rendere più lieto il passaggio alla stagione fredda, gli enti del sistema STAR del Trentino, ovvero FBK, MUSE, FEM e Unitn stanno organizzando per l’ultimo venerdì di settembre il ritorno della Notte della Ricerca, evento a cadenza biennale sempre molto partecipato e apprezzato. È un’occasione unica per il pubblico di “non addetti ai lavori” di sbirciare per una serata nel mondo della ricerca e nel lavoro di chi la porta avanti con passione e dedizione. I sei piani del MUSE – Museo delle Scienze si animeranno con postazioni interdisciplinari presso cui ricercatori e ricercatrici saranno a disposizione dei visitatori dalle 17:30 alla mezzanotte di venerdì 29/09 per mostrare demo, proporre questionari e parlare degli argomenti e dei progetti della loro ricerca. Per FBK ci saranno ben 24 proposte di vario genere, dalla robotica alla realtà virtuale, passando per le politiche pubbliche e di genere, la transizione energetica, la cybersecurity, l’ormai imprescindibile intelligenza artificiale e molto altro. Una serata che si prevede all’insegna della curiosità e della conoscenza, la freccia più importante del nostro arco contro la pericolosa diffusione di fake news e informazione scorretta.


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