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Dogma e Lettera: alle radici del fondamentalismo religioso

27 Novembre 2023

Proseguono gli articoli della rubrica “FBK Dictionary” con una panoramica storica e contemporanea sul concetto di fondamentalismo.

11 settembre, Bataclan, striscia di Gaza, Bin Laden, ISIS: questi sono solo alcuni dei nomi di luoghi, persone, eventi e organizzazioni che gravitano attorno al campo semantico di “fondamentalismo”, termine che da quel grande spartiacque che fu l’attentato alle Torri Gemelle si è integrato come un ospite inquietante nel discorso pubblico occidentale.

Eppure, il termine ha una storia più remota; il suo significato odierno si discosta parzialmente da quello originale: quando comparve non aveva una connotazione negativa. 

Brevi cenni storici

Se si volesse rivitalizzare il significato originario del termine, si  potrebbe parlare di “letteralismo”: fu infatti per ribadire l’importanza di un’adesione totale alla lettera del testo sacro che i “The Fundamentals” della Testimony Publishing Company of Chicago vennero pubblicati e diffusi in tutta America, negli anni ’10 del XX secolo. Il fondamentalismo fu una corrente di pensiero del protestantesimo, nata in seno alla Chiesa battista, che si opponeva al razionalismo teologico, al modernismo e in generale a tutte quelle reinterpretazioni liberali del testo sacro che tendevano ad accomodare la Rivelazione a esigenze ed evoluzioni della società contemporanea.

Il richiamo ai Fondamenti fu avvertito come necessario dal tradizionalismo protestante in quell’epoca di modernizzazione e innovazione, e per certi aspetti rappresenta uno dei poli di una dicotomia classica delle tradizioni esegetiche delle religioni abramitiche: attenersi a quanto viene detto nelle Scritture nel modo più accurato possibile o rileggerlo come un modello da adeguare ogni volta alle contingenze politiche e sociali. 

Tuttavia, lo stesso fondamentalismo è un’interpretazione. È stato Hans-Georg Gadamer a chiarire come sia impossibile avvicinare un testo e proporne un’esegesi senza pregiudizi e convinzioni personali che ne influenzeranno la lettura. Per trovare i tratti universali del fondamentalismo, bisogna focalizzarsi su due aspetti più formali che contenutistici: la fede cieca nel dogma e la “totalitarietà” del testo sacro su ogni aspetto della vita.  

Dogmi

“Così è e così non può non essere”: parafrasando Parmenide, potrebbe essere questa la convinzione alla base di ogni pensiero fondamentalista. Sin dalle origini, il fondamentalismo si è opposto alle attività di analisi e interpretazione, allo sviluppo di uno spirito critico individuale, insistendo su un’adesione cieca a dei principi intuitivi, di solito facilmente comprensibili, e a prescrizioni nette: i dogmi. A un occhio moderno, educato a una razionalità secolarizzata o comunque liberale dal punto di vista religioso, ciò potrebbe sembrare un residuo antiquato di tempi remoti e sorpassati. Tuttavia, questo sguardo non spiega la recrudescenza del fondamentalismo religioso: cosa spinge un giovane che nasce, cresce e viene socializzato nel mondo occidentale ad adottare stili di vita e pensiero di una religione di radici storico-geografiche remote (nelle sue declinazioni più estremiste), che in alcuni casi non fa nemmeno parte dalla nascita del suo bagaglio culturale?
La risposta può essere data su diversi piani: sociologico, educativo, esistenziale. Sicuramente, ogni risposta deve tener conto del senso di fallimento percepito dall’individuo, in quello che è il disallineamento fra le sue aspettative nei confronti della società e ciò che essa gli offre. Marginalizzazione sociale, assenza di senso, scarse opportunità di mobilità socioeconomica e situazioni d’isolamento sono alcuni dei fattori che aiutano a delineare il quadro dell’esperienza vissuta, unica e irripetibile, dell’individuo che abbraccia il fondamentalismo religioso. 

Fondamentalismo fondante

Un altro tratto peculiare del fondamentalismo religioso è il suo carattere totalizzante su ogni aspetto della vita quotidiana. Se si volessero considerare “per gradi” i diversi fondamentalismi, la classificazione potrebbe avvenire sulla base del grado di coerenza con il testo sacro della regolazione di ogni aspetto della propria vita.
Una coppia musulmana che decide di non essere poligama potrebbe aver riconosciuto il valore storico-sociale che aveva questa pratica ai tempi di Maometto, che permetteva a un uomo di sostentare economicamente più donne. Al contrario, uno wahabita potrebbe continuare a legittimare la poligamia, conformemente alla lettera del Corano.
Al-Qaeda e Isis, che sono spesso considerate in coppia, differiscono grandemente per come interpretano la jihad offensiva.  Al-Qaeda è nata con l’intento di scacciare le ingerenze occidentali nei paesi musulmani e instaurarvi un governo islamico. Per ISIS invece, la jihad è volta a una restaurazione del califfato, e con esso delle mire espansionistiche dell’Islam. In un caso la jihad è perlopiù una guerra di liberazione, nell’altro una guerra espansionistica.

Anche fra organizzazioni fondamentaliste (e letteraliste), quindi, le interpretazioni divergono. Ciò che rimane è una conformità acritica a quell’interpretazione e ai modi di vita che essa detta, e la conseguente scarsa disponibilità al dialogo: dialogo che – come ben sappiamo – è l’antidoto a queste forme di polarizzazione violenta, e che è doveroso cercare d’instaurare con queste alterità. Sia per capirle meglio noi, ma anche per capire se, come e quando, anche noi abbiamo sbagliato in qualcosa.


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