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Educazione digitale

7 Marzo 2025

FBK-IRVAPP ha organizzato a Trento il seminario di Marco Gui, professore associato e direttore del Centro di ricerca "Benessere Digitale" all’Università di Milano-Bicocca

A quale età consegnare uno smartphone a un figlio? E’ solo uno dei quesiti che, come punte di un iceberg, emergono spesso dal dibattito sociale quando si parla di uso dei media digitali da parte dei minori. L’ampio tema dell’educazione digitale è stato al centro del seminario organizzato dall’Istituto per la Ricerca Valutativa sulle Politiche Pubbliche (FBK-IRVAPP)  venerdì 7 febbraio a Trento e tenuto da Marco Gui, professore associato e direttore del Centro di ricerca “Benessere Digitale” nel Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università di Milano-Bicocca.

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Marco Gui, professore associato e direttore del Centro di ricerca “Benessere Digitale” nel Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università di Milano-Bicocca

“Con l’avvento di Internet”, ha spiegato Gui, “era iniziata un’era degli entusiasmi. Si parlava di digitale seguendo l’idea che Internet avrebbe portato grandi vantaggi per il futuro e avrebbe trasformato la scuola, in maniera positiva. Il digitale è stato visto come una sorta di ultima spiaggia, qualcosa che potesse dare una svolta alle nostre società un po’ in crisi. Si diceva che i nativi digitali avevano un diverso modo di apprendere e che la scuola avrebbe dovuto adeguarsi. Si parlava di miglioramento dei livelli di apprendimento, di sviluppo delle competenze digitali. Questo approccio ha dominato per molti anni il mainstream della narrazione e si è tradotto anche nella legislazione. Dagli anni 90 ad oggi però Internet si è trasformato. Sono arrivati i social media, la connessione mobile, l’IA generativa. Secondo dati OECD del 2024, l’investimento digitale in educazione non sta migliorando l’apprendimento dei minori. Alla luce di ciò che sta emergendo dalla letteratura in diverse discipline, si fa sempre più evidente l’esigenza di ripensare l’educazione digitale”.

Gui ha esposto dati delle ricerche più recenti sul tema. L’uso intenso di strumenti digitali si associa a una serie di problematiche, anche se una vera e propria causalità sulla diminuzione di benessere finora non è stata dimostrata. “Incomincia però ad emergere”, ha sottolineato Gui, “una causalità diretta su alcuni aspetti specifici. Ad esempio, un uso intenso dei dispositivi aumenta i disturbi del sonno, dà problemi di overload cognitivo e incide in generale negativamente sulle performance scolastiche. Tutti questi effetti collaterali si manifestano in maniera diseguale fra i ragazzi e sono più intensi per coloro che hanno svantaggi pregressi. Alla Bicocca abbiamo condotto alcuni studi dai quali emerge un impatto negativo relativamente alle performance in italiano e in matematica per coloro che nell’infanzia sono stati forti utilizzatori di schermi e social network, in particolare se questo uso è cominciato prima dei 9/10 anni di età”.

Ma come possono le famiglie gestire la pressione sociale che tende a far anticipare sempre più il momento in cui i figli richiedono ad esempio di poter utilizzare in modo autonomo uno smartphone e i social newtork?

La risposta secondo Gui è trovare un approccio di tipo sistemico, che implichi un patto sociale. La “Rete dei Patti Digitali” riunisce ormai oltre cento esperienze in tutta Italia: gruppi di genitori, scuole, istituzioni locali e associazioni che si accordano localmente sulle tappe più significative dell’educazione digitale di bambini e pre-adolescenti (www.pattidigitali.it). I Patti Digitali chiedono alle scuole di supportare la volontà di molte famiglie di organizzare per i propri figli un accesso graduale alla navigazione libera. Si delinea così una proposta per la costruzione della sicurezza e del benessere digitale in un accordo scuola-famiglie alla ricerca di un nuovo equilibrio nell’educazione al digitale che esige la collaborazione anche di altri attori del territorio come pediatri e amministrazioni locali. Perché, come si legge sul sito dedicato, “la sfida per un uso più sano del digitale si vince soltanto insieme”.


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