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Il nuovo FSE2.0: il Fascicolo Sanitario Elettronico nazionale

29 Giugno 2023

Finalmente, attraverso il PNRR, si attua anche in Provincia di Trento l’adeguamento che permetterà a tutti i cittadini di visualizzare in formato digitale i documenti sanitari in tutta Italia.

La gestione della storia clinica di ciascuno di noi non è più solo una questione personale o regionale, che riguarda il singolo cittadino o la singola regione. È diventata innanzitutto una questione di ordine nazionale. In sintesi, cosa significa? Presto detto: entro il 2026 la PAT dovrà adottare il nuovo FSE nazionale che renderà fruibili per tutti i professionisti sanitari italiani i documenti che riguardano la nostra salute, dalle lettere di dimissioni ospedaliere, ai verbali del pronto soccorso, ai referti del laboratorio analisi, o quelli di radiologia. Inoltre, i cittadini che cambiano residenza tra Regioni e Province autonome ritroveranno i propri dati nel Fascicolo della nuova Regione e potranno ricevere continuità assistenziale grazie alla condivisione della loro vita sanitaria tra professionisti e strutture sanitarie (sia pubbliche che privateovunque si trovino. Una vera rivoluzione, considerando che in Italia il fascicolo sanitario è stato alimentato in questi anni a “macchia di leopardo” e dati e documenti, spesso in semplice formato PDF, rispecchiano le scelte delle singole PA in materia di politica sanitaria e del livello di maturazione del processo di digitalizzazione. Praticamente, se oggi vengo ricoverata per un’urgenza durante le vacanze al mare, la mia dottoressa a Trento non è in grado di vedere nel mio fascicolo elettronico i referti degli esami e delle visite a cui sono stata sottoposta, salvo che io non glieli condivida, magari con una foto inviata attraverso una chat o la email, o glieli porti stampati a mano al rientro dalle ferie. Secondo lo studio “Il digitale a supporto della sanità territoriale. Quali modelli organizzativi?” realizzato dall’Istituto per la Competitività (I-Com) la diffusione dell’FSE è ancora lenta: nel corso del 2023 solo il 35% degli italiani lo ha utilizzato almeno una volta. 

Malgrado ancora lo scarso uso del Fascicolo, gli strumenti digitali – secondo lo studio – stanno trovando comunque ampio spazio anche nel campo della salute: più della metà degli italiani ha scelto internet per identificare possibili diagnosi e il 42% per cercare informazioni su sintomi e patologie prima di una visita. Il 73% degli specialisti, il 79% dei medici di medicina generale e il 57% degli infermieri utilizza applicazioni di messaggistica per comunicare con i pazienti.

Le cose dovrebbero cambiare in fretta grazie al nuovo FSE2.0. Ma non è necessario attendere il 2026: i primi risultati del progetto nazionale si potranno vedere già nel secondo semestre di quest’anno. Tra i vantaggi della digitalizzazione, se ancora non fosse evidente, c’è la possibilità di raggiungere più facilmente un numero maggiore di persone e, come previsto dalle riforme e dagli investimenti legati al PNRR, avvicinare la sanità ai pazienti, contribuendo anche a ridurre le disparità di accesso e i tempi di attesa.

Con quali obiettivi? Sono tre le direttrici su cui i tecnici e gli esperti stanno lavorando:

  1. Un’estensione a tutte le regioni del territorio nazionale, in forma omogenea, del Fascicolo originario, l’FSE1.0 che permette di condividere, nel rapporto medico – paziente, documenti dematerializzati originariamente in formato PDF. Quindi: tutti i referti che vengono generati nelle aziende sanitarie e nelle cliniche devono confluire nella rete regionale e nazionale.
  2. Una completa condivisione, con tecnologie di interoperabilità e dati standardizzati in formato omogeneo, di questi documenti dematerializzati su tutto il territorio nazionale e tra tutte le aziende sanitarie, principalmente a vantaggio della continuità della cura del paziente.
  3. La trasformazione di tutti i documenti in dati “strutturati“, cioè in un formato condiviso che consenta a tutto il Sistema sanitario nazionale di utilizzarli per la cura e la continuità di cura e la gestione delle risorse, il monitoraggio epidemiologico, la prevenzione e predizione delle malattie (una medicina più personalizzata), la programmazione sanitaria e la ricerca.

Ma facciamo un passo indietro. Cos’è innanzitutto l’FSE? Possiamo definirlo come un cassetto virtuale dove è riposta e ordinata tutta la documentazione sanitaria del cittadino. Nella TreC+ trentina, per esempio, si possono trovare in ordine tutti i documenti sanitari dal 2007 in poi. Ma solo quelli prodotti dalle strutture sanitarie locali. Questo almeno fino a poco fa. Sì, perché la rivoluzione in Trentino è partita e ora anche un esame fatto in una clinica a Milano compare nel nostro FSE in TreC+, esattamente come tutti gli altri referti.

02_Visual-AppTreC-banner-300x300-01-300x300La sfida per raggiungere i tre obiettivi elencati più sopra è davvero demanding (ardua), per dirla all’inglese: intanto il tempo a disposizione richiesto dal Ministero è stretto. L’impegno dovrà essere distribuito nei prossimi tre anni. Il che significa che la sanità trentina, da qui al 2026, sarà molto concentrata ad adeguare infrastrutture tecnologiche e organizzazione per realizzare il nuovo Fascicolo. Per farlo, bisognerà adeguare innanzitutto l’attuale FSE agli standard tecnologici definiti a livello nazionale, perché i dati nativi digitali che lo alimenteranno dovranno essere omogenei per tutto il Paese. E qui sta il busillis della questione: come rendere quei dati, quei documenti, quei referti visibili, condivisibili e utilizzabili in tutta Italia, in modo da permettere una gestione integrata e unificata delle informazioni sanitarie, che comprendono anche la parte sociosanitaria?

Per rendere l’attuale Fascicolo sanitario elettronico uniforme su tutto il territorio nazionale e accessibile da assistiti e operatori sanitari si dovrà investire e lavorare su due livelli di intervento: uno tecnologico e uno formativo e comunicativo. Ad essere precisi, anche se sigle e numeri sono un po’ antipatici da riportare, l’intervento FSE2.0 si colloca all’interno della Missione 6 del PNRR, nello specifico la linea di attività M6 C2 1.3 “Rafforzamento dell’infrastruttura tecnologica e degli strumenti per la raccolta, l’elaborazione, l’analisi dei dati e la simulazione”La strategia del PNRR, in particolare quella dedicata alla Salute (Missione 6), ha come obiettivo quello di affrontare in maniera sinergica tutti gli aspetti critici evidenziati dalla pandemia da Covid19. Lo sforzo in termini di riforme e investimenti è allineare i servizi ai bisogni di cura dei pazienti in ogni area del Paese. Una larga parte delle risorse è infatti destinata a migliorare le dotazioni infrastrutturali e tecnologiche, e a promuovere la ricerca e l’innovazione e allo sviluppo di competenze tecnico-professionale, digitale e manageriali del personale. In totale: 15,63 miliardi di euro. Il primo intervento riguarda quindi la parte “hardware“, il potenziamento dell’infrastruttura digitale dei sistemi sanitari, a cui sono destinati a livello nazionale circa 300 milioni di euro, di cui circa 2 milioni e mezzo assegnati alla Provincia autonoma di Trento. Il secondo riguarda invece il capitale umano. O meglio, si punta ad incrementare le competenze digitali dei professionisti del sistema sanitario (formazione e comunicazione), a cui sono destinate poco più di 311 milioni di euro, di cui più di 2 milioni e mezzo assegnati alla PAT.

C’è un bel po’ di lavoro da fare insomma, perché si tratta di un tassello fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi indicati dal Piano Nazionale: l’85% dei medici di base dovrà alimentare il Fascicolo entro il 2025 e tutte le Regioni e Province Autonome dovranno adottare e utilizzare il Fascicolo entro il 2026.

Come dicevamo, i dati sanitari attualmente disponibili in Trentino sono già in parte utilizzabili dal cittadino sulla piattaforma TreC+ (al 1/6/2023 si contano più di 250mila assistiti dall’APSS che la utilizzano, con 93.780 accessi in media alla TreC+ ogni mese, e 113.331 installazioni della App TreC+), ma PNRR  e FSE2.0 (qui le Linee Guida di attuazione previste dal Decreto del 20 maggio 2022) rappresentano un’opportunità unica per spingere ancora di più verso la trasformazione digitale della sanità italiana e trentina e offrire nuovi servizi ai cittadini. Secondo le linee guida il nuovo FSE dovrà infatti diventare un:

«punto unico ed esclusivo di accesso per i cittadini ai servizi del Sistema Sanitario Nazionale; un ecosistema di servizi basati sui dati per la diagnosi e la cura dei propri assistiti da parte dei professionisti sanitari; uno strumento abilitante per un’assistenza sempre più personalizzata sul paziente; uno strumento informativo per le strutture e le istituzioni sanitarie, ai fini dell’analisi dei dati clinici e di una migliore erogazione dei servizi sanitari».

Per presentare questa rivoluzione, che in Trentino corre già su un binario ad alta velocità, e rispondere ad alcune delle domande che abbiamo posto qui sopra, è stato organizzato lo scorso 13 giugno al Centro Studi Erickson di Gardolo di Trento l’evento di lancio del nuovo progetto “Fascicolo sanitario elettronico 2.0” a cui hanno partecipato l’assessora alla salute Stefania Segnana e più di 350 professionisti, esperti ed attori della sanità pubblica e privata, collegati anche in streamingPer dare un quadro completo del progetto, tra i relatori si sono susseguiti vari interventi (vedi il programma_dell’evento) che hanno presentato e condiviso obiettivi, azioni, organizzazione e tempistiche. Sono intervenuti rappresentanti dell’Istituto superiore di sanità, del Dipartimento salute della Provincia autonoma di Trento, dell’Azienda provinciale per i servizi sanitari e della Fondazione Bruno Kessler, oltre a rappresentanti della medicina generale e della pediatria, nonché del mondo del volontariato.

Dati sanitari condivisibili, visibili e utilizzabili ovunque in tutta Italia. Bene. Resta però un altro nodo aperto sulla questione dal terzo obiettivo del Piano nazionale: la riservatezza dei dati sanitari. Il tema è altrettanto dibattuto. Se da un lato infatti il sistema sanitario coinvolge il cittadino nel rispetto della sua privacy in un percorso di sviluppo della medicina personalizzata, dall’altro è il cittadino che dovrà condividere consapevolmente i dati per garantire a se stesso ed agli altri (la comunità) cure sempre migliori. Ricordiamo quanto stabilisce il decreto legge n. 34 del 19 maggio 2020 che ha modificato l’art. 12 del D.L. 179/2012:

«tutte le prestazioni sanitarie fruite dagli assistiti devono alimentare automaticamente il FSE e tale alimentazione non determina alcun automatismo sulla possibilità di accesso e di lettura di tali documenti da parte dei soggetti e degli esercenti le professioni sanitarie che prendono in cura l’assistito, sia nell’ambito del Servizio sanitario nazionale e del Servizio sanitario provinciale, sia al di fuori degli stessi. Detti soggetti non possono accedere al FSE se non previa acquisizione di apposito consenso (c.d. consenso alla consultazione), che può essere sempre revocato».

Il che significa che resta fermo il diritto riconosciuto alle persone non solo di condividere, ma anche di oscurare singoli dati o documenti, che non saranno più consultabili attraverso il Fascicolo dagli altri soggetti che se ne prenderanno cura. Naturalmente, se il cittadino decide di oscurare un proprio dato e non concedere ad alcuno la possibilità di consultarlo (o viceversa, di revocare l’oscuramento) non verrà pregiudicato il diritto all’erogazione delle prestazioni sanitarie.

La domanda che ci poniamo è però: perché, per svolgere la funzione di cittadino che opera nell’interesse della comunità – non solo pagando le tasse – non si dovrebbero mettere i propri dati di salute – in forma protetta – a disposizione dell’interesse collettivo e del miglioramento della salute di tutti? I dati, si sa, non sono mai disgiunti dal contesto che li genera. Quelli clinici poi sono espressione di una vita intera, sono il risultato di un caleidoscopio di fattori. Colesterolo e glicemia derivano da caratteristiche genetiche specifiche, ma anche da comportamenti e stili di vita propri. Ne consegue che la storia clinica di ogni cittadino è una risorsa che deve essere presa in seria considerazione quando vi è anche da tutelare l’interesse della communis, compiendo il nostro “ruolo” di cittadini insieme con altri. Ma questa è un’altra storia e andrebbe affrontata in un capitolo a parte.

E in caso di inadempimento dell’obbligo imposto dal Ministero?

Il Decreto dell’8 agosto 2022 sancisce:

«In caso di mancato rispetto da parte delle regioni, delle Province autonome di Trento e di Bolzano, delle città metropolitane, delle province e dei comuni degli obblighi e impegni finalizzati all’attuazione del PNRR e assunti in qualità di soggetti attuatori, consistenti anche nella mancata adozione di atti e provvedimenti necessari all’avvio dei progetti del piano, ovvero nel ritardo, inerzia o difformità nell’esecuzione dei progetti, il Presidente del Consiglio dei ministri, ove sia messo a rischio il conseguimento degli obiettivi intermedi e finali del PNRR e su proposta della Cabina di regia o del Ministro competente, assegna al soggetto attuatore interessato un termine per provvedere non superiore a trenta giorni. In caso di perdurante inerzia, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro competente, sentito il soggetto attuatore, il Consiglio dei ministri individua l’amministrazione, l’ente, l’organo o l’ufficio, ovvero in alternativa nomina uno o più commissari ad acta, ai quali attribuisce, in via sostitutiva, il potere di adottare gli atti o provvedimenti necessari ovvero di provvedere all’esecuzione dei progetti, anche avvalendosi di società di cui all’art. 2 del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 o di altre amministrazioni specificamente indicate».

Non resta che rimboccarsi le maniche e ricordare che:

«Il modo più efficace di fare qualcosa è farlo» [Amelia Earhart – aviatrice statunitense]

 

Nota di chiusura: per addentarsi un po’ di più sul tema della protezione e del trattamento dei dati sanitari, suggeriamo intanto la lettura dei documenti pubblicati sulla pagina dedicata all’FSE sul sito web del dipartimento salute e politiche sociali della PAT.


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