Intervista esclusiva a Piero Angela: “Il nostro futuro? È come una partita a scacchi”
La tecnologia sta rivoluzionando in modo profondo la nostra società, con scoperte che un tempo sarebbero state considerate fantascienza. Secondo Piero Angela, la rivoluzione in atto comporta però anche molti rischi, specie per i giovani
Il giornalista e divulgatore scientifico Piero Angela è stato il protagonista della sesta “Bruno Kessler Lecture”, dedicata al ruolo giocato dalla tecnologia nel cambiare la nostra società. Lo abbiamo incontrato per discutere alcuni aspetti della rivoluzione tecnologica che stiamo vivendo, passando per la fantascienza (che oggi può già diventare realtà) e provando a immaginare i possibili scenari futuri dell’umanità.
Piero Angela, in che modo la tecnologia ha cambiato e cambierà la nostra società?
«Stiamo vivendo in un’epoca di grande rivoluzione tecnologica: se ci guardiamo indietro e al tempo stesso guardiamo avanti, ci accorgiamo di essere proprio al centro di questa enorme trasformazione. All’epoca dell’unità d’Italia il 70% degli italiani era analfabeta: i nostri connazionali dell’epoca erano perlopiù contadini, poveri e vivevano poco, con una speranza di vita di 40 anni. Improvvisamente però nei campi e nelle officine arrivarono le ruote e cambiò tutto: una sorta di “moltiplicazione dei pani e dei pesci”. Oggi viviamo una seconda rivoluzione, quella dei computer e dell’intelligenza artificiale. I computer sono sempre più veloci e possano accumulare ed elaborare tantissime memorie: ciò significa che queste macchine ormai stanno entrando dappertutto, rivoluzionando le professioni.»
Quali sono i rischi di una rivoluzione così rapida?
«Sappiamo che esistono molte preoccupazioni sulla competizione che si verrà a creare tra le macchine e l’occupazione. Tocca alla politica gestire questa transizione così veloce, puntando soprattutto sull’educazione, perché occorre preparare al meglio le nuove generazioni a questa rivoluzione in atto. E bisogna farlo subito: quando si parla di 2050 o 2100 si pensa a qualcosa di molto lontano, ma in realtà i giovani che oggi vanno a scuola avranno 50 anni nel 2050 e quando avranno la mia età, nel 2090, saranno ancora molto efficienti. Il futuro è loro, e non di qualcun altro che non c’è ancora.»
Nel suo libro “Il mio lungo viaggio” racconta di aver incontrato Isaac Asimov, uno dei padri della fantascienza. Quanto di quella fantascienza oggi potrebbe già essere realtà, grazie alle conquiste della tecnologia moderna?
«Oggi si parla molto di colonizzare Marte, una cosa in realtà estremamente difficile e che richiede tempi lunghissimi. Ricordo che lo stesso Asimov sosteneva che il futuro dell’uomo potrebbe essere garantito non tanto dalla colonizzazione di altri pianeti, ma dalla realizzazione di colonie artificiali: dei grandi tubi rotanti lunghi 25 chilometri e alti tremila metri, in grado di ospitare ventimila persone, che ospitino al loro interno campi, mucche e perfino le nuvole. Al centro di queste colonie, che partirebbero dalla Terra per avventurarsi nell’Universo, si potrebbe anche volare, essendo a gravità zero. Forse tutto ciò non si farà mai, ma Asimov immaginava questo scenario proiettato su un futuro molto lontano, ben oltre la nostra epoca: in realtà da un punto di vista tecnologico si tratta di qualcosa che oggi sarebbe già fattibile.»
Come si immagina l’umanità tra cento anni?
«Non lo so, ma possiamo paragonare il nostro futuro a una partita a scacchi: come sarà la situazione tra dieci, venti, cinquanta o cento mosse? Dipende tutto dall’abilità del giocatore. Noi però stiamo giocando male: facciamo come quei principianti che mangiano subito un pezzo perché hanno un vantaggio immediato e perdono di vista la strategia di gioco. Insomma, non stiamo mettendo i nostri pezzi nella posizione giusta. Giocando bene non possiamo sapere quale sarà, tra cento anni, la posizione dei nostri pezzi. Ma se continueremo a giocare male come facciamo oggi, perderemo la partita.»