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L’aborto: scelte culturali, politiche, mediche a confronto

3 Luglio 2023

Un’analisi contemporanea sul (non) diritto all’aborto in Italia, in Europa e nel mondo tra politica, legislazione e medicina.

In questi decenni del XXI secolo, come era avvenuto nel XX secolo, il corpo femminile è stato utilizzato come terreno di scontro tra opposte concezioni biopolitiche, pro choice o pro life. Anche per quanto riguarda l’interruzione volontaria di gravidanza (IVG) le politiche messe in atto dagli Stati hanno prodotto effetti contraddittori: in alcuni casi si sono indirizzate verso una maggiore liberalizzazione, depenalizzazione o regolamentazione dell’IVG, in altri nella direzione opposta, verso la negazione del diritto all’aborto. 

Gli USA da questo ultimo punto di vista rappresentano un caso paradigmatico:il 24 giugno 2022, con cinque voti favorevoli e quattro contrari, la Corte Suprema ha posto fine a cinquant’anni di protezione costituzionale federale dell’IVG consentendo a ciascuno Stato di decidere se limitare o vietare l’aborto e, in questo modo, annullando di fatto la sentenza Roe v. Wade che, nel 1973, aveva revocato gran parte delle restrizioni in merito.

In Europa, la Polonia aveva operato scelte molto simili. Nell’ottobre 2020 la Corte costituzionale aveva dichiarato incostituzionale l’IVG nel caso in cui dagli esami prenatali fosse emersa l’elevata probabilità di una malattia incurabile o di una menomazione del feto. L’IVG è quindi possibile solo in caso di stupro, incesto o nel caso di pericolo per la vita della madre. Queste decisioni hanno avuto e hanno un impatto non solo sulle donne e ragazze polacche ma anche sulle donne rifugiate ucraine provenienti da uno Stato dove l’aborto è sempre legale fino alla dodicesima settimana di gestazione. Per rispondere a questa emergenza alcune organizzazioni come Women on Web e Abortion Without Borders hanno creato dei servizi online tramite i quali è possibile richiedere l’invio per posta dei farmaci per l’aborto farmacologico, oppure aiutano le donne ad accedere agli aborti farmacologici a casa o all’estero, nelle cliniche e negli ospedali. 

Nell’ultimo decennio, però, non sono mancati gli Stati in cui decisioni politiche o giuridiche sono andate nella direzione di depenalizzare e/o legalizzare l’interruzione volontaria di gravidanza. In Europa è il caso, ad esempio, dell’Irlanda (18 settembre 2018) e dell’Irlanda del nord (ottobre 2019). In America Latina dell’Argentina (dicembre 2020) e del Messico (settembre 2021), mentre in Cile il diritto di aborto è stato inserito nella Costituzione (marzo 2022); in Colombia (2022) la Costituzione elimina il reato di aborto fino alla 24° settimana. In Ecuador (2021) è ammessa l’IVG nei casi di violenza sessuale. In controtendenza rimangono i casi di El Salvador e della Repubblica Dominicana dove ad oggi vige la proibizione totale all’aborto. 

In tutta l’America Latina, in particolare nei casi dell’Argentina e del Brasile, le campagne a favore dell’autodeterminazione femminile sono state promosse da movimenti femministi, come ad esempio Non una di meno, che hanno mostrato una consapevolezza globale e intersezionale e hanno posto il problema dei diritti riproduttivi come strettamente interconnessi alle battaglie contro il razzismo e contro le disuguaglianze sociali. 

La pandemia di Covid-19 da un lato ha reso più difficile l’accesso IVG a causa del forzato isolamento delle persone e delle difficoltà di accesso alle strutture sanitarie. D’altro lato, però, ha accelerato alcuni processi che vanno nella direzione di riconoscere l’aborto come un diritto all’interno della sfera dei diritti sessuali e riproduttivi. Fondamentale, dal punto di vista dell’affermazione dei diritti, è stato nel marzo 2022 il documento attraverso il quale l’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS) si è pronunciata a favore di un aborto sicuro, in grado di tutelare il diritto alla salute individuale. Anche alcuni organismi internazionali e organizzazioni non governative come Amnesty International hanno portato avanti campagne in cui si chiede agli Stati di garantire il diritto all’aborto come un diritto umano. 

Scrive Amnesty International: “Invece di considerare l’accesso all’aborto semplicemente come un problema di salute, o qualcosa che colpisce solo determinate persone, la nostra posizione riconosce che l’accesso sicuro all’aborto è essenziale per portare a compimento l’intera gamma dei diritti umani e raggiungere la giustizia di genere, sociale, riproduttiva ed economica. Chiediamo ai governi di depenalizzare completamente l’aborto e di garantire l’accesso universale a servizi di aborto sicuri a tutte le persone che ne hanno bisogno. Ciò dovrebbe includere l’eliminazione dell’aborto dalle norme penali e la rimozione delle sanzioni per le persone che ottengono, forniscono o assistono alla fornitura di aborto”.

Anche in seguito alla spinta delle emergenze sanitarie provocate dalla pandemia, si è modificato l’approccio alle pratiche abortive passando dalla medicalizzazione – l’ IVG in ospedale e da parte di personale medico – all’ autogestione – la pratica di interruzione della gravidanza in casa attraverso l’utilizzo di farmaci abortivi come la RU-486 e attraverso la telemedicina.

In Italia, dall’agosto 2020, il Ministero della salute ha cambiato le regole per quanto riguarda l’aborto farmacologico permettendone il ricorso fino alla nona settimana di gravidanza presso strutture ambulatoriali pubbliche adeguatamente attrezzate, funzionalmente collegate all’ospedale ed autorizzate dalla Regione, nonché consultori, oppure day hospital. L’aborto farmacologico autogestito è quindi stato escluso dalle nuove direttive; nello stesso modo la nuova policy non si è pronunciata riguardo all’uso della telemedicina. 

In altri paesi europei, al contrario, la pandemia ha accelerato l’applicazione della telemedicina anche per quanto riguarda l’aborto farmacologico. In Inghilterra, ad esempio, il 30 marzo 2022, il Parlamento inglese ha legalizzato in forma definitiva il telemedical early medical abortion secondo il quale il medico, dopo una consultazione da remoto, può prescrivere le pillole abortive. I farmaci prescritti vengono inviati presso l’abitazione della donna oppure possono essere ritirati in ospedale. 

 

Per un approfondimento del tema si veda: Maternità negata Maternità rifiutata. L’Aborto tra Otto e Novecento, in “Annali dell’Istituto Storico Italo Germanico”, a cura di Marina Garbellotti e Cecilia Nubola, n. 2, 2022

Editoriale / Editorial | pp. 5-7

  • Marina Garbellotti e Cecilia Nubola, Aborto: uno sguardo tra storia e attualità
    pp. 9-24
  • Maria Mesner, Ein Recht auf Abtreibung? Politische Dynamiken in Österreich und den USA seit den 1970er Jahren
    pp. 25-45
  • Alessandra Gissi, Destiny, Duty, Self-Determination. Abortion in Twentieth-Century Italy
    pp. 47-66
  • Lucia Pozzi, The Mother’s Sacrifice? Moral Debates over Therapeutic Abortion in Italy in the 1930s
    pp. 67-95
  • Paola Stelliferi, «An Apparent Victory»? The Struggle for Abortion in Italy Prior to the 194/1978 Law
    pp. 97-121
  • Azzurra Tafuro, «Italian Girls in Trouble». Abortion Travels and Transnational Abortion Referral Networks (Rome, London, Paris, 1967-1981)
    pp. 123-148
  • Carlotta Cossutta, Quello che la diossina racconta sui corpi gestanti. Il caso Seveso come paradigma
    pp. 149-167
  • Elena Caruso, Sull’aborto farmacologico in telemedicina: spunti di riflessione per un dibattito in Italia
    pp. 169-188

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