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Pandemia: struttura sociale, trasmissibilità e strategie di intervento

20 Novembre 2018

La prestigiosa rivista scientifica Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS) ha pubblicato l'articolo "Measurability of the epidemic reproduction number in data-driven contact networks". Fra gli autori, i ricercatori FBK Stefano Merler e Marco Ajelli

Il virus dell’influenza, in particolare un nuovo ceppo pandemico, può essere trasmesso a molte più persone, e in definitiva diffondersi molto più velocemente nella popolazione, all’inizio dell’epidemia rispetto a quanto predetto dalla teoria tradizionale.

Le cause di questa accelerazione sono da ricercarsi nella struttura dei contatti tra individui (con quante persone veniamo in contatto in un giorno, per quanto tempo, dove), o meglio nelle differenze sostanziali di queste strutture da individuo ad individuo. Ad esempio, i bambini tendono ad avere molti contatti con altri bambini a scuola, dove passano gran parte del loro tempo. Viceversa, gli anziani spendono il loro tempo prevalentemente con un gruppo ristretto di persone, tipicamente in ambiente famigliare. Queste differenze fanno in modo che, ad inizio epidemia, il virus possa diffondersi molto rapidamente in ambienti caratterizzati da un alto numero di contatti tra individui.  Ad esempio, questo è il motivo per cui le scuole possono agire da amplificatore iniziale della trasmissione epidemica.

Il fatto poi che tutti gli individui tendano ad incontrare ogni giorno prevalentemente sempre lo stesso gruppo di persone, può far decelerare altrettanto rapidamente la trasmissione epidemica, una volta che ad esempio si sono esaurite le possibili trasmissioni tra bambini nelle scuole. Anche questo è un risultato in contrasto con la teoria tradizionale.

A questi risultati i ricercatori sono giunti studiando le differenze nelle strutture dei contatti tra individui in ambito famigliare, a scuola, nei posti di lavoro e nella comunità generale, e analizzando come queste differenze possano incidere sulla trasmissibilità dell’influenza.

“Questi risultati,” – afferma Stefano Merler – “che abbiamo validato analizzando retrospettivamente la pandemia influenzale del 2009, la cosiddetta influenza suina, sono importanti per due motivi: il primo è che possono contribuire a sviluppare una nuova generazione di modelli matematici per predire in modo più accurato l’andamento di una futura pandemia influenzale. E questo è il primo passo per poter gestire in modo adeguato una grave emergenza sanitaria come quella derivata dell’emergere di un nuovo ceppo influenzale. Il secondo è che questi risultati possono avere un impatto immediato sui piani di preparazione pandemica, fornendo indicazioni utili sulla tempistica di implementazione di alcune policy di intervento, come ad esempio quelle relative alla chiusura delle scuole. Infatti, queste potrebbero risultare molto utili se implementate ad inizio epidemia, perdendo di efficacia se implementate in corso avanzato di epidemia.”


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