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Povertà, preoccupazione per la propria situazione economica e investimenti dei genitori nella prima infanzia

28 Luglio 2024

I genitori che vivono in condizioni di povertà o a rischio di povertà affrontano quotidianamente difficoltà finanziarie, destreggiandosi tra le spese e cercando costantemente di far quadrare i conti. Questo può distogliere l'attenzione da altri compiti quotidiani importanti ma meno urgenti, come impegnarsi in attività educative con i propri figli, con potenziali impatti a lungo termine sullo sviluppo del loro capitale umano. L'articolo esamina le recenti evidenze scientifiche su questo tema e come le politiche pubbliche potrebbero sostenere meglio i genitori nel migliorare lo sviluppo dei loro figli durante un periodo chiave dell'infanzia.

Dopo aver ricevuto il Premio Nobel per l’Economia per i suoi contributi all’econometria e alla valutazione dei programmi, il Prof. James Heckman ha dedicato una parte significativa dei suoi interessi di ricerca all’economia del capitale umano e, in particolare, allo sviluppo della prima infanzia, cioè il periodo che va dalla nascita ai cinque anni. Il messaggio principale del suo programma di ricerca, denominato “equazione di Heckman”, è che gli investimenti nello sviluppo dei bambini svantaggiati durante la prima infanzia può avere il massimo rendimento in termini di risultati educativi, economici, sanitari e sociali nell’intero ciclo della loro vita. I ritorni sugli investimenti stimati per i principali programmi statunitensi vanno dal 7% al 13% annui.

Nonostante questi percorsi si rivelino promettenti, è molto difficile stenderli senza che la qualità e l’efficacia dell’attuazione vengano compromesse.  Pur essendo economicamente vantaggiosi nel lungo periodo, di solito sono intensivi e costosi.  Per aumentarne l’efficacia, sembra essere fondamentale il coinvolgimento dei genitori ma spesso i tassi di adesione o partecipazione sono bassi e l’impatto sulle abitudini dei genitori tende a svanire nel tempo.  La domanda che ci si pone è: perché i genitori provenienti da contesti svantaggiati non investono di più nei loro figli durante i primi anni di vita e perché è difficile coinvolgerli in questi percorsi?

Si è soliti attribuire i livelli più bassi di investimenti nella prima infanzia tra i genitori con redditi bassi a livelli di istruzione più bassi, alla mancanza di informazioni sulle pratiche genitoriali ottimali o a convinzioni errate sui benefici dell’investimento nei primi anni d’infanzia del bambino. Al contesto e alle circostanze dei genitori che vivono in condizioni di povertà o a rischio di povertà si è prestata poca attenzione. Una teoria recente e influente, denominata teoria della “scarsità/larghezza di banda mentale”, afferma che la povertà implica non solo la mancanza di risorse economiche ma anche di quelle mentali per concentrarsi su altre cose che non siano urgenze.  Quando una persona è a un passo dallo sfratto per un mancato pagamento dell’affitto o deve destreggiarsi tra spese che continuano ad aumentare e fa fatica ad arrivare alla fine del mese, concentrarsi su questioni che vanno oltre le necessità immediate diventa difficile. Azioni quotidiane meno urgenti, anche se molto importanti, quali parlare, leggere o impegnarsi in attività cognitivamente e socialmente arricchenti con i propri figli, possono passare in secondo piano. L’impatto cumulativo delle costanti crisi sulle scelte quotidiane dei genitori può essere considerevole.

In un articolo pubblicato sul Journal of Behavioral and Experimental Economics, insieme ad Anandi Mani (Università di Oxford), Piero Ronzani (ISDC) e Lucia Savadori (Università di Trento), mettiamo alla prova questa teoria nel contesto dello sviluppo della prima infanzia e della genitorialità. In un esperimento di indagine online con circa 350 genitori inglesi con figli di età compresa tra 0 e 4 anni, esaminiamo come le preoccupazioni finanziarie derivanti dal fatto di vivere in condizioni di povertà o a rischio povertà influenzino l’allocazione del budget dei genitori tra priorità immediate e priorità a lungo termine, e la loro reattività ai sussidi finanziari per queste ultime.  Abbiamo ideato un compito inedito in cui ai genitori viene dato un budget di 30 sterline che possono spendere liberamente in un mercato sperimentale, non dissimile da un qualsiasi negozio online.  Tra gli articoli disponibili sul mercato c’erano prodotti che rispondevano a esigenze domestiche urgenti, quali generi alimentari e altri prodotti per la casa, e beni educativi per bambini, quali libri e giochi educativi che richiedevano il coinvolgimento diretto dei genitori. A metà dei genitori partecipanti, selezionati in modo casuale, i prodotti educativi per bambini sono stati proposti con uno sconto del 50%, simulando un potenziale strumento di policy governativa, cioè un sussidio.

 

Prima di prendere le decisioni di acquisto, ai genitori è stato chiesto come la loro famiglia avrebbe affrontato ipotetici scenari economici, come ad esempio l’affrontare una spesa imprevista o l’aumento generale dei prezzi o dei costi dei servizi per l’infanzia.  La gravità degli scenari presentati è stata randomizzata tra i genitori: alla metà sono stati presentati scenari lievi, mentre all’altra metà scenari più impegnativi. Per quest’ultimo gruppo, l’obiettivo era quello di innescare e simulare le preoccupazioni economiche che i genitori a basso reddito sperimentano regolarmente.

 

I risultati dello studio sono stati particolarmente sorprendenti. Quando viene offerto lo sconto del 50% e vengono presentati scenari di difficoltà economiche di lieve entitài, i genitori a basso reddito rispondono positivamente, richiedendo più prodotti educativi per i loro bambini o neonati. Anzi, sono molto reattivi, raddoppiando la loro richiesta di tali prodotti. In presenza di scenari economici difficili, invece, i genitori con redditi bassi rispondono molto meno al sussidio offerto per i prodotti educativi.   Al contrario, riallocano una parte maggiore del loro budget per le necessità immediate della famiglia, quali la spesa o altri prodotti per la casa.

I risultati presentati sopra si sono accentuati di più tra i genitori man mano che si allontanava l’ultimo giorno di paga. Perché? Molti genitori nel Regno Unito vivono di busta paga in busta paga. Le statistiche ufficiali del Regno Unito indicano che più della metà dei cittadini con responsabilità familiari ha dichiarato di non riuscire ad arrivare a fine mese. Ciò implica che le famiglie subiscono variazioni nell’arco del ciclo di paga, trovandosi in difficoltà economiche maggiormente quando si avvicinano alla fine del ciclo di paga, un dato confermato dai genitori che hanno partecipato allo studio.

I risultati di questo studio e di altri studi correlati suggeriscono che la progettazione di piani per la prima infanzia efficaci dal punto di vista dei costi per i bambini svantaggiati richiede una maggiore attenzione alle esigenze e alla situazione dei genitori. Nel progettare questi piani, occorre prestare molta attenzione a non imporre ulteriori oneri a genitori già troppo gravati. Infatti, è stato dimostrato che interventi a basso costo, come messaggi di testo con semplici attività educative basate sulle attività che i genitori già svolgono con i loro figli, sono particolarmente efficaci nel migliorare l’impegno dei genitori e le capacità di alfabetizzazione dei bambini senza imporre ulteriori oneri ai genitori.  Oltre a questo, per garantire migliori risultati in termini di genitorialità ai bambini provenienti da famiglie più povere, potrebbero essere necessarie migliori reti di sicurezza sociale che rendano la vita quotidiana meno gravosa dal punto di vista cognitivo. Negli Stati Uniti, questo è stato confermato da un lavoro pubblicato il mese scorso su Nature che valuta l’effetto di un intervento che fornisce un trasferimento di denaro incondizionato alle madri povere durante i primi anni di vita dei loro figli. Lo studio rileva effetti positivi sull’acquisto di beni educativi per i bambini e un maggiore tempo dedicato ad attività di apprendimento precoce specifiche per i bambini (senza influenzare l’offerta di lavoro), anche se il programma non prevedeva alcuna componente di formazione sulle pratiche genitoriali.

 


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