For a Human-Centered AI

Zero emissioni? Riportiamo le fabbriche in città

18 Maggio 2018

Sembra un paradosso, ma secondo Wolfgang Wahlster, CEO e direttore scientifico del DFKI, è inutile costruire i futuri centri produttivi a emissione zero se gli spostamenti dei lavoratori rimangono altamente inquinanti

Abbiamo incontrato il prof. Wahlster nella sede di FBK durante il convegno “The pleasure of research in AI”, e abbiamo fatto una chiacchierata sul futuro dell’intelligenza artificiale e dell’industry 4.0. Ci ha parlato di come sia difficile per un ente di ricerca competere con le big companies nel trattenere i talenti, ma anche delle grandi opportunità legate all’industria manifatturiera in Europa.

Tutti parlano di IA, qual è la sua definizione?
Vedo l’intelligenza artificiale come una parte molto importante dell’informatica. Naturalmente ha molte connessioni con le scienze cognitive e ci sono due approcci: l’approccio cognitivo e l’approccio ingegneristico. Penso che FBK e DFKI abbiano più l’approccio ingegneristico, il che significa che vogliamo costruire computer che mostrano comportamenti che chiameremmo intelligenti se fatti dagli umani.

Basandosi sulla sua esperienza nella ricerca in intelligenza artificiale, quali sono i fattori di successo per un fruttuoso ecosistema dell’innovazione?
Uno dei fattori più importanti per avere realmente un impatto, sia a livello sociale che industriale, è avere un buon ecosistema attorno all’istituto, come lo avete qui in FBK. Ci vuole un po ‘di tempo, ma penso si debbano trovare ottimi partner industriali, grandi aziende da un lato, ma anche molte spin-off e piccole e medie imprese che lavorano su un obiettivo comune. Un esempio potrebbe essere la produzione manifatturiera, oppure su nuovi tipi di automobili, sistemi energetici e così via. Questo è un punto di forza che abbiamo in Europa con cluster che vedono l’industria e il mondo accademico lavorare assieme.

Quali sono le caratteristiche distintive della ricerca e dell’innovazione europee nell’IA, rispetto ai mercati e alle tendenze globali?
Penso che il mercato globale sia principalmente orientato al consumatore, con grandi aziende del mondo di internet come Amazon, Google e Facebook negli USA e Alibaba in Asia. In Europa siamo piuttosto deboli in questo settore. Il nostro ecosistema si basa più sulla produzione di oggetti fisici e penso che siamo molto bravi nell’utilizzo di intelligenza artificiale relativamente ai prodotti fisici che stiamo producendo. In Germania abbiamo le nostre macchine, abbiamo ottimi elettrodomestici e le lavatrici migliori. Inoltre abbiamo ottimi mezzi per la raccolta in agricoltura e disponiamo di ottime attrezzature mediche. La nostra idea è quella di portare l’intelligenza artificiale in questi sistemi fisici e non di spingerla nei sistemi internet, dove c’è si è orientati al consumo.
Questo accade anche perché in Europa abbiamo uno svantaggio importante: un mercato digitale molto frammentato. Abbiamo da un lato la barriera linguistica, ma anche diverse culture, il che è il bello dell’Europa, ma allo stesso tempo questo rende molto difficile lanciare un prodotto. Se vai in Cina hai milioni e milioni di persone, basti pensare a Pechino con 22 milioni di abitanti. In Europa alcuni stati, come la Finlandia, hanno solo 7 milioni di persone e c’è la necessità di adattarsi alla lingua finlandese. Quindi pensiamo sia meglio attenersi ai beni fisici e iniettare l’intelligenza artificiale lì, ed è quello che stiamo facendo con molto successo.

In che modo le relazioni tra gli istituti di ricerca pubblici e le aziende globali stanno cambiando nella ricerca in intelligenza artificiale?
Penso che le aziende globali riconoscano sempre più l’importanza dell’IA per l’innovazione della propria azienda, dei propri prodotti, ma anche dell’organizzazione interna dei processi produttivi. Non conosco nessuna grande azienda globale che non abbia un dipartimento IA. Sempre più le big companies hanno posizioni molto interessanti per i ricercatori in intelligenza artificiale, quindi come istituzioni pubbliche avremo difficoltà a mantenere i nostri migliori talenti al nostro interno, perché ovviamente lo stipendio è di gran lunga migliore in questi laboratori industriali. E migliori sono le condizioni di ricerca, più le persone hanno la tendenza a spostarsi. Ogni settimana abbiamo offerte da tutto il mondo e ho difficoltà a convincere i ricercatori a stare con noi in DFKI.

In che modo l’industria 4.0 influenzerà le nostre vite in termini di livelli di occupazione e qualità del lavoro?
Molte persone sono spaventate dall’industria 4.0, pensando che potrebbero perdere il lavoro. Ma ciò che sta accadendo è tutto il contrario: osserviamo che i Paesi in cui abbiamo la maggior presenza di robot in Europa sono quelli in cui ci sono meno disoccupati. La dimostrazione è data anche dalla tendenza onshoring nel settore manifatturiero. Molte aziende che hanno spostato la propria produzione in Asia ora stanno tornando perché l’industria 4.0 sta per portare alla personalizzazione di massa.
Un esempio: se vuoi configurare la tua scarpa sportiva Adidas sul tuo laptop non vuoi aspettare 4 settimane prima che arrivi dalla Malesia, perché la vorresti a casa in uno o due giorni. Questo significa che il luogo di produzione deve essere vicino ai consumatori, ed è per questo che le fabbriche devono tornare in Europa. Quindi, al contrario della percezione generale, penso che l’IA porterà a più occupazione. Per quanto riguarda i lavoratori, credo che questo sistema, se ben progettato, possa essere una possibilità di sollievo, un’assistenza per poter lavorare meglio. Non stiamo parlando di fabbriche senza vita, ma di  fabbriche in cui uomini e robot lavoreranno mano nella mano.

Quale può essere il contributo delle tecniche di intelligenza artificiale per affrontare i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile fissati dalle Nazioni Unite nel 2000 per sradicare la povertà, la fame, l’analfabetismo e le malattie?
Un obiettivo concreto è che, attraverso l’industria 4.0, le fabbriche intelligenti diventino a zero emissioni e che si possano collocare nel centro delle città. Per lungo tempo abbiamo avuto il grosso problema che la maggior parte delle grandi fabbriche erano situate al di fuori dei centri abitati. Quindi, anche se le industrie diventano sempre più pulite, c’è ancora un pendolarismo molto presente tra il luogo di abitazione e quello di lavoro.
Ciò che vogliamo fare, per mezzo dell’intelligenza artificiale, è avere fabbriche intelligenti che possano stare direttamente nelle zone residenziali, in modo che le persone possano effettivamente camminare o usare una bicicletta per andare a lavorare, risparmiando CO2. Perché non ha senso avere una fabbrica con il livello di Co2 pari a zero, ma con il traffico automobilistico fuori controllo.
Siamo quindi convinti che solo con l’intelligenza artificiale sia possibile fare una gestione intelligente delle risorse nelle fabbriche, in modo che lo spreco di risorse sia ridotto al minimo essenziale.


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