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Bioetica: scenari e scelte di fine vita

2 Maggio 2022

Continua la riflessione della ricercatrice ISR sul tema delicato ma doveroso del fine vita

È ripreso di recente alle Camere il dibattito sul fine vita, in particolare si sta discutendo della possibilità di chiedere un’assistenza medica alla morte, come recita il titolo del Disegno di legge 2553, “Disposizioni in materia di morte volontaria medicalmente assistita”. È questa l’ennesima tappa di un confronto acceso, e di un dibattito mai sopito, che riprende con regolarità in Italia e che è stato segnato negli ultimi anni dall’approvazione di leggi e dall’emissione di sentenze che hanno una grande rilevanza rispetto ai temi e agli scenari di fine vita cui essi rimandano. Proviamo a ricostruire queste tappe, procedendo in ordine temporale, per capire come si sia arrivati al punto e alla discussione presenti.

Nel dicembre 2017 è stata approvata la legge 219/2017, “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento”, che prevede la possibilità e riconosce il diritto di ogni persona ad esprimersi in merito ai trattamenti sanitari che la riguardano, tramite il consenso informato: la legge 219 ha riconosciuto valore legale alle “disposizioni anticipate di trattamento”, con le quali ogni persona può esprimere le proprie volontà anticipate su trattamenti ed interventi clinici e sanitari che desidera o non vuole le vengano praticati in una condizione di emergenza, nel caso fosse impossibilitata a scegliere e decidere, ad esempio perché si trova in una condizione di incoscienza. La legge prevede la possibilità che una persona che già vive una condizione di malattia decida e pianifichi – dopo essersi confrontata in merito con il proprio medico –  quali trattamenti vuole ricevere: si parla in questo caso di “pianificazione anticipata delle cure”. La possibilità di definire in maniera condivisa il percorso di cura vale anche per i minori e per le persone con problemi psichici.

Questa legge, risultato di un lungo lavoro – anche culturale – rispetto al diritto di scegliere sulla propria salute e all’accompagnamento e alle scelte di fine vita, riconosce l’importanza della comunicazione tra il medico, l’équipe curante e il paziente, vista come momento preliminare rispetto a scelte complesse inerenti alla vita, alla salute e alla malattia. L’articolo 5 della legge recita “Il tempo di comunicazione è tempo di cura”. La centratura sul rapporto di cura permette di capire che le scelte in medicina non possono mai essere unilaterali, al contrario esse richiedono un’informazione da parte del medico al paziente e un confronto sugli scenari complessi che una condizione di malattia potrebbe delineare e chiedere quindi di affrontare.

La sentenza 242/2019 della Corte costituzionale, emanata nel dicembre del 2019, fa riferimento alla situazione di Fabio Antoniani e alla sua richiesta di esser accompagnato in Svizzera per compiere il suicidio assistito: a partire dall’analisi di tale situazione, la Corte costituzionale ha deliberato che, ad alcune ben specifiche condizioni, non sia punibile l’aiuto prestato a persone che richiedono il suicidio. Sono quattro le condizioni previste per non incorrere nella punibilità dell’aiuto al suicidio: può chiedere un’assistenza medica al suicidio una persona che 1) vive una malattia irreversibile, 2) che le causa sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili, 3) è pienamente capace di intendere e volere; si prevede inoltre che 4) la richiesta venga valutata da un comitato etico territorialmente competente. La sentenza indica che al paziente deve essere proposto un appropriato trattamento di cure palliative e ribadisce la non punibilità del medico che, alle suddette condizioni, agisce su richiesta del paziente. Le istituzioni sanitarie di riferimento devono garantire la possibilità che un paziente possa richiedere tale percorso di accompagnamento e devono pertanto attivarsi nel caso un paziente formuli tale richiesta, come è successo di recente nelle Marche e ad Ancona. Nella sentenza la Corte invitava inoltre il Parlamento a legiferare in merito, cosa che nell’immediato non è avvenuta.

Anche a seguito del respingimento nei mesi scorsi della richiesta di referendum sull’eutanasia, è stata avanzata la proposta di legge 2553, che prevede la possibilità di richiedere un’“assistenza medica al morire”. Ancorché orientato a riconoscere alla persona la possibilità di definire e scegliere la modalità e il momento della propria morte, il disegno di legge sembra semplificare le complesse dimensioni che l’aiuto al morire presenta, proceduralizzando molto la richiesta. Senza entrare nel merito delle ragioni che potrebbero motivare tale richiesta, ci pare che la legge sorvoli su aspetti e condizioni contestuali che sono fondamentali per comprendere e soppesare la richiesta di aiuto a morire che una persona, in una condizione di malattia grave, può formulare. È stata perciò sottolineata la necessità di un confronto più ampio, che consenta di non disattendere principi morali, valori e pratiche che tutelano le persone e che devono rimanere strutturanti per la nostra società, dal momento che vengono considerati tali nella nostra Costituzione: il dibattito è aperto, la discussione continua.

 


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