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Cosa influenza la scelta di un Nobel?

13 Dicembre 2019

L’assegnazione dei premi Nobel non è stata determinata esclusivamente dal merito ma anche da fattori quali nazionalità, sesso e prestigio accademico

L’assegnazione dei premi Nobel non è sempre stata determinata esclusivamente dal merito dei lavori sottoposti al vaglio dei giurati ma, nel processo selettivo, hanno influito anche altri aspetti come la nazionalità e il sesso dei candidati nonché il prestigio accademico di coloro che hanno sostenuto le candidature.

È quanto emerge dallo studio scientifico realizzato dai ricercatori Riccardo Gallotti Manlio De Domenico della Fondazione Bruno Kessler di Trento, pubblicato sulla rivista “Scientific Reports” di Nature con il titolo “Effects of homophily and academic reputation in the nomination and selection of Nobel Laureates”.

I ricercatori dell’Unità CoMuNe (Complex Multilayer Networks) della FBK hanno preso in esame i dati ufficiali delle procedure di assegnazione dei premi Nobel fra il 1901 e il 1965, in cui sono stati coinvolti 17.000 candidati, e li hanno analizzati mediante complesse tecniche statistiche. Il risultato è che, in generale, le scelte di coloro che hanno proposto i candidati e deciso i vincitori non sono state del tutto neutre.

Per quanto riguarda la nazionalità, o più ampiamente, le visioni politiche, ad esempio, si è rilevato che nel periodo tra le due guerre mondiali, rispetto a quello antecedente, sono diminuiti i premiati tedeschi e sono parallelamente aumentati gli americani. In generale c’è una correlazione fra la nazionalità dei valutatori e quella dei valutati che supera la pura casualità. “Le commissioni della Fondazione Nobel, basate in Svezia”, specifica Gallotti, “tendevano a proporre solo esperti di nazioni politicamente affini. Questo è stato particolarmente rilevante all’inizio del secolo passato, dove scienziati sovietici, tedeschi, e della Francia controllata dalla Germania nazista sono stati esclusi dal bacino degli esperti per la scelta delle candidature”.

Per ciò che concerne il genere, dallo studio è emerso che nelle selezioni del periodo considerato in generale gli uomini hanno avuto la tendenza a favorire gli uomini e le donne a favorire le donne. Vista la disparità di rappresentatività nei comitati a favore dei maschi, ciò si è tradotto in molti più uomini che hanno vinto il premio Nobel.

Per ciò che riguarda il prestigio accademico, è emerso ad esempio che i candidati sostenuti da vincitori di precedenti premi Nobel hanno avuto più probabilità di vincere rispetto agli altri.

È interessante che a partire dal 2019”, si legge nello studio, “i comitati del Nobel richiedono ai giurati di tener conto della diversità geografica, di genere e di argomenti dei lavori. Ulteriori misure sono state richieste per migliorare l’equilibrio di genere, compresi cambiamenti nei comitati che fanno le nomination e delle regole per le candidature. Qui abbiamo dimostrato che queste richieste sono ampiamente giustificate”.

I ricercatori infine hanno creato un modello che descrive le diverse fasi di nomination e selezione dei candidati e riproduce le osservazioni più salienti. “Grazie a questo modello”, spiega Gallotti, “siamo in grado di evidenziare che l’attuale meccanismo di candidatura e selezione rinforza e propaga nel tempo la predominanza di un nucleo di “egemonia accademica”. In particolare, questo effetto è aumentato dal costume di invitare coloro che hanno vinto il premio Nobel a suggerire candidature negli anni successivi. Questi effetti indesiderati potrebbero essere ridotti se venissero invece chiamati giovani esperti a proporre le candidature”.

Il motivo per cui lo studio ha preso in considerazione gli anni fra 1901 e il 1965 è che i dati delle procedure di selezione di quel periodo sono stati resi pubblici e quindi accessibili per le analisi.

Per maggiori informazionilo studio pubblicato sulla rivista “Scientific Reports” di Nature


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