La scienza in offerta speciale
A Bonn abbiamo incontrato Norbert Steinhaus, uno dei responsabili del “Science Shop” cittadino, una struttura in grado di mediare tra le esigenze dei cittadini e quelle di diversi stakeholder locali
In giro per l’Europa ci sono “negozi” un po’ speciali: non vendono alimentari, capi di abbigliamento o gioielli. Anzi, di solito non vendono proprio. Piuttosto offrono. E la merce è molto varia: puoi trovare conoscenza, partecipazione, formazione, e tante altre cose. In una parola, scienza.
Stiamo parlando dei “Science Shop”, una realtà nata negli anni ’70 in Olanda e ora fortemente radicata in molti paesi europei (e non solo). Si tratta di strutture – spesso inserite all’interno di università o enti di ricerca – che offrono l’opportunità ai cittadini di essere protagonisti attivi della ricerca e dell’innovazione, avanzando idee, richieste e proposte di ricerca. Il Science Shop raccoglie queste richieste, le seleziona e le sottopone ai ricercatori, che in alcuni casi le trasformano in veri e propri progetti di ricerca. Oppure è il Science Shop stesso, quando è strutturato come ente indipendente, a offrire dei servizi ai cittadini, sempre con l’obiettivo di favorirne la partecipazione e il coinvolgimento su temi di attualità scientifica. Negli ultimi anni anche l’Unione Europea si è accorta di queste realtà, finanziando molti progetti e favorendo la creazione di Living Knowledge, una rete che unisce i Science Shop europei.
Tra i tanti esempi di successo ce n’è uno che spicca per originalità e longevità: è il Science Shop di Bonn, “aperto” nel 1984 e oggi punto di riferimento, oltre che della comunità locale, della rete europea. È una realtà indipendente, che lavora come organizzazione no-profit facendo da “ponte” tra le esigenze dei cittadini e quelle della città e dell’università. A Bonn, nella sede del Science Shop, abbiamo incontrato Norbert Steinhaus, project leader e responsabile delle relazioni internazionali, oltre che “memoria storica” del Science Shop (dove lavora ininterrottamente dal 1988).
Norbert, che tipo di progetti vengono portati avanti nel Science Shop?
Premetto che, a differenza di altri Science Shop (specie quelli strutturati nelle università), noi non conduciamo ricerche di tipo prettamente sperimentale: non abbiamo un laboratorio e non facciamo analisi chimiche o cose del genere. Le nostre ricerche e attività si concentrano sul valore delle persone, e puntano soprattutto su sondaggi, indagini di mercato, consulenze, ma anche attività di engagement e educative per (e con) i cittadini.
Un settore in cui siamo molto attivi è quello delle energie rinnovabili: in particolare analizziamo le competenze richieste per essere assunti dalle aziende del settore, offrendo poi corsi di formazione sul tema delle consulenze ambientali rivolti a laureati disoccupati. Abbiamo poi sviluppato un servizio su abbonamento che raccoglie, su base principalmente nazionale, le offerte di lavoro nel settore delle scienze naturali e ambientali, pescando da un database composto da un centinaio di quotidiani, magazine e siti Internet.
È un lavoro che portiamo avanti da circa vent’anni, quindi ormai abbiamo molti dati e una conoscenza precisa di quali siano le necessità delle compagnie di energie rinnovabili. Inoltre, abbiamo realizzato indagini e consulenze anche per le università, in particolare quelle che vogliono inserire nuovi corsi di studi su questi temi.
Un altro settore che ci vede in prima linea è quello della biodiversità, con particolare riferimento al problema del consumo di suolo, che è purtroppo di grande attualità in Germania (e non solo). In questo momento in particolare stiamo lavorando a un progetto che coinvolge in modo diretto alcune società immobiliari e i cittadini per creare spazi verdi all’interno di zone residenziali.
E poi ci sono tanti progetti di engagement…
Educazione, partecipazione, creazione di conoscenza sono parole chiave per noi. Abbiamo un centro educativo con una grande varietà di offerta ma anche con un preciso focus sull’educazione per lo sviluppo sostenibile. E lavoriamo molto anche nella formazione degli insegnanti.
Inoltre, per coinvolgere i cittadini abbiamo sviluppato una serie di divertenti giochi di ruolo, destinati a persone di età diverse (ma soprattutto giovani) e su vari argomenti. In alcuni di questi abbiamo ad esempio assegnato ai cittadini il ruolo di rappresentanti dei partiti politici nel parlamento locale, dando loro il compito di discutere questioni specifiche della loro città. In altre occasioni i partecipanti sono chiamati a dibattere su temi controversi, come la gestione delle foreste, l’olio di palma, l’installazione di parchi eolici. Si tratta di strumenti gratuiti, che offrono ai cittadini un’opportunità unica di coinvolgimento su temi politici e ambientali di attualità.
Infine, organizziamo workshop, dibattiti pubblici e laboratori creativi (simili agli hackaton, anche se non su temi legati all’ICT) in cui mettiamo insieme esperienze provenienti da settori diversi.
Come è strutturato il Science Shop?
Agli inizi, quando eravamo in pochi e lavoravamo su base volontaria, tentammo di strutturarci come un’unità dell’università, come fanno molti Science Shop. Tuttavia non fu possibile, anche perché all’epoca l’università di Bonn era decisamente conservativa e poco aperta a iniziative innovative come la nostra. Così decidemmo di strutturarci come un’organizzazione no-profit. Il vantaggio è l’auto-regolamentazione: tutte le decisioni sono prese dallo staff, in democrazia, e non dobbiamo “subire” decisioni che piovono dall’alto o da enti esterni.
Come finanziate le vostre attività?
Essendo un’organizzazione indipendente, non riceviamo alcun finanziamento ufficiale, a parte una sovvenzione parziale di un ente regionale per il nostro centro educativo. Le nostre fonti di finanziamento derivano dalla vendita dei nostri servizi di consulenza e da progetti di ricerca finanziati da enti terzi, sia nazionali che internazionali. In questo momento ad esempio siamo coinvolti in quattro progetti all’interno del programma Horizon 2020.
Tra i progetti europei a cui avete partecipato ce n’è qualcuno che considera particolarmente importante?
Uno è sicuramente SCIPAS, nei primi anni 2000, che è stato il primo progetto a creare una “rete” di Science Shop europei, creando le basi per la formazione del network Living Knowledge. Inoltre, alcuni risultati di quel progetto furono poi implementati nel “Science and Society Action Plan” della commissione europea: fu la prima volta che i Science Shop furono citati a un livello europeo, un riconoscimento politico davvero importante.
Altri progetti chiave sono stati PERARES, che ha portato alla creazione di Science Shop in contesti nuovi rispetto al passato, e RRI-Tools, che attraverso il concetto di “ricerca responsabile e innovazione” ha favorito lo sviluppo di attività innovative di coinvolgimento della società civile in settori molto diversi, come ad esempio la sicurezza alimentare e la bioeconomia.
Quanto è cresciuto il livello di consapevolezza della comunità locale rispetto ai vostri progetti?
Il percorso è stato lungo: basti pensare che abbiamo impiegato dieci anni per ottenere un riconoscimento dalla municipalità di Bonn, con il primo progetto realizzato con la città, e altri cinque anni per arrivare al primo progetto con l’università. Oggi però possiamo dire che la nostra realtà è del tutto riconosciuta: ad esempio l’università di Bonn e anche alcuni esponenti politici locali fanno parte del nostro comitato esecutivo, il che rappresenta un riconoscimento molto importante del valore del nostro lavoro.