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Tradurre la ricerca. Dal complesso al semplice, dall’incomprensibile al cliccabile

6 Dicembre 2022

“La traduzione non consiste solo nel rendere la ricerca più comprensibile, ma anche nel presentare la ricerca in formati digeribili e cliccabili, in grado di farsi notare”

Sto leggendo un libro. Falso. in verità sto leggendo diversi libri contemporaneamente, ma l’informazione sarebbe superflua per quanto qui intendo sostenere. Eppure l’ho data, potevo farne a meno. 

Non ho scritto questo incipit per smarrire me stesso o per far smarrire il lettore, ma a mo’ di introduzione: capita, quando si comunica, di aprire parentesi senza chiuderle, perdendo magari di vista quanto davvero conta. Ragioniamo sull’esempio appena fatto: cosa conta davvero: che sto leggendo un libro o che ne leggo tanti contemporaneamente? Risposta: che ne sto leggendo uno, Journalism Research That Matters

Si tratta di una raccolta di riflessioni scritte per presentare una panoramica completa sulle questioni più urgenti e stimolanti nel campo della ricerca sul giornalismo (non il giornalismo, ma la ricerca sul). Si spazia dalle potenzialità del data-journalism alle forme di comunicazione in funzione dell’alfabetizzazione di chi potenzialmente legge, dal cambiamento del pubblico delle news al mutamento dei modelli di business, e molto altro.

Dal capitolo scritto da Benjamin Toff prendo come spunto di riflessione questa citazione: “La traduzione non consiste solo nel rendere la ricerca più comprensibile, ma anche nel presentare la ricerca in formati digeribili e cliccabili, in grado di farsi notare” (“Translation is not only about making research more understandable; it is also about presenting research in digestible, clickable formats that are likely to stand out”). 

Chiudiamo il cerchio e torniamo all’esempio iniziale, quello del libro in lettura e dei libri contemporaneamente in lettura. Quanto davvero importa, insomma, è: nel libro che sto leggendo c’è una citazione talmente stimolante da volerla condividere con chi legge i miei editoriali. E per dirlo ho aspettato di essere arrivato quasi alla fine. Non avrei dovuto farlo. È una scelta qui riferita a un espediente retorico, la quale però non di rado viene presa più o meno inconsapevolmente e finisce con l’inficiare la bontà di tanta comunicazione (scientifica e non). Una delle regole fondamentali nello scrivere come anche nel parlare dovrebbe essere quella di mantenere la barra diritta, comunicare quello che si vuole comunicare, senza perdersi in strade intersecanti o parallele, magari persino in linguaggi poco comprensibili. Capita invece di leggere articoli nei quali la notizia (sto leggendo un libro che mi ha fatto riflettere) passa in secondo piano (io leggo diversi libri contemporaneamente). Lettrici e lettori che si affacciano con interesse all’articolo rischiano così di confondersi. Come cercare di evitarlo? Per rispondere, trovo molto azzeccato il ricorso al concetto di traduzione, che non può e non deve essere la semplice riproposizione in altra lingua o semplificazione di un testo. Serve pure trasformare, per venire incontro a chi legge, alle sue abitudini culturali (linguistiche). Sforzarsi di trovare formule efficaci, vecchie o nuove che siano, senza però paura di sperimentare, anche nel linguaggio. Ragionando di comunicazione scientifica, proprio “rendere la ricerca più comprensibile, presentarla in formati digeribili e cliccabili, in grado di farsi notare”.

Quanto alla traduzione letteraria, ne scriverà presto su queste pagine chi è più competente di me.


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