WebValley e la comunicazione della scienza
Lo scorso 7 luglio si è conclusa WebValley, la summer school di FBK dedicata quest’anno all’analisi della qualità dell’aria. Vi hanno partecipato diciotto giovani, che si sono impegnate e impegnati a raccontare i risultati del proprio lavoro, portato a termine grazie anche all’aiuto di tutor d’eccezione.
È dal 2001 che nella nostra Fondazione Bruno Kessler si organizza WebValley. Si tratta di una scuola estiva residenziale alla quale partecipano studentesse e studenti di diciassette/diciotto anni, scelti per sperimentare i primi passi nel mondo della ricerca. Nata come un’iniziativa rivolta alle scuole superiori del Trentino Alto-Adige, oggi WebValley ha acquisito una dimensione internazionale, come ben specificato nell’articolo pubblicato da stampagiovanile (nel quale viene dato spazio ad alcune voci partecipanti).
Nel 2023 le e i partecipanti hanno lavorato sull’analisi dei dati relativi all’inquinamento dell’aria, come si può vedere dal video dell’evento finale. Lo hanno fatto in lingua inglese, così da dare un respiro davvero internazionale al loro lavoro. Non è cosa da dare per scontata.
L’inglese consente non solo di aprire i banchi di WebValley a giovani provenienti da ogni angolo del mondo, ma induce anche ad accettare la sfida di comunicare le proprie conoscenze aggiungendo, per la maggioranza dei non madrelingua, un fattore di complicazione. La riduzione della complessità è uno dei grandi obiettivi della ricerca e della sua comunicazione in particolare, quindi ben vengano sfide simili.
Proprio alla comunicazione vorrei dedicare due pensieri ulteriori, affiancandoli a quello sulla lingua. Tra i percorsi di formazione della buona ricercatrice e del buon ricercatore sta guadagnando sempre maggiore spazio l’acquisizione di competenze relative al parlare in pubblico, all’uso dei programmi di video-presentazione e dei social network. Ci pensavo affacciandomi da semplice spettatore al programma di WebValley, osservando la capacità di costruire interazione sincera.
La prima considerazione: chi bene comunica è capace di stimolare le domande dettate dal vero interesse. Quanti di noi hanno familiarità con i convegni si saranno trovati di fronte alla richiesta degli organizzatori di pensare a qualche domanda da porgere dal pubblico, per evitare l’imbarazzato silenzio: “Chiedi qualcosa, mi raccomando!”. Conosciamo anche il cattivo costume di fingere domande all’esclusivo scopo di fare sapere all’uditorio che noi ne sappiamo di più: “Pur essendo d’accordo con il collega, mi preme aggiungere…”. Il teatrino del question time è estraneo alla reale curiosità della gioventù sinceramente interessata: non serve pregare e non serve vantarsi. Per concretizzare, ho seguito una lezione sull’Intelligenza Artificiale e solo il superamento dell’ora di pranzo ha fermato il flusso degli interrogativi, stimolati da Nello Cristianini, uno scienziato e comunicatore di altissimo livello (qui intervistato da Paolo Traverso).
La seconda considerazione: l’emozione e la voce tremante fanno parte della comunicazione. Riuscire a declinare le emozioni in coinvolgimento ritengo sia uno dei segreti per interessare davvero il pubblico a quello che stai raccontando. Nelle voci delle ragazze e dei ragazzi di WebValley ho riconosciuto talvolta questa emozione, come ho riconosciuto anche il talento. Ma come possiamo definire il talento comunicativo? Forse come la capacità istintiva innata di fare con facilità cose che non sono generalmente facili da fare. Raccontare le proprie attività in maniera coinvolgente può essere, insomma, anche questione di talento. Come ricercatori ‘esperti’ abbiamo il compito di riconoscerlo e coltivarlo nelle voci giovani.
A proposito del gusto della sfida, menzionato sopra, sarebbe stimolante immaginare per WebValley un futuro nel quale la riflessione delle scienze umane si unisca in maniera più stretta a quella delle scienze cosiddette dure. L’esempio del tema di quest’anno, l’inquinamento dell’aria, può essere illuminante. La misurazione dei dati è certamente indispensabile per la conoscenza dello stato delle cose e per la progettazione di un futuro virtuoso, allo stesso tempo, però, sarebbe davvero costruttivo proporre in parallelo un ragionamento storico sul come siamo arrivati fin qui, e uno filosofico sul perché siamo arrivati fin qui.