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Cento anni di Bruno Kessler

15 Febbraio 2024

Cento anni fa nasceva Bruno Kessler. Da una valle periferica riuscì ad arrivare al centro del Trentino, senza mai dimenticare le sue radici. Fu presidente della provincia all’apice della modernizzazione del Trentino, alla quale contribuì notevolmente.

Un anno di ricerca potrebbe sembrare sufficiente per ricostruire gli avvenimenti di una vita. Non è così. Soprattutto se quella vita è, seppur relativamente breve (67 anni), densa di attività e di idee. Soprattutto poi se è calata all’interno di quello che Hobsbawm ha definito il secolo breve: dalla nascita nel 1924 in una terra ancora alle prese con il dopoguerra, alla morte nel 1991, alla vigilia di Tangentopoli. A un certo punto però bisogna iniziare a fissare il proprio lavoro: ecco quindi una prima bozza di biografia di Bruno Kessler.

Bruno Kessler nacque a Cogolo di Peio il 17 febbraio 1924. La sua famiglia era originaria di Vermiglio, ma il padre Giovanni aveva trovato lavoro come magazziniere al cantiere della diga del Pont. Secondo di quattro figli perse il padre a soli 4 anni. La madre Rosa decise allora di tornare al suo paese d’origine, Terzolas, dove avrebbe potuto contare anche sull’assistenza dei padri cappuccini. Infatti i figli maggiori, Onorato e Bruno, poterono studiare con i frati: il primo da subito in collegio, il secondo dapprima in paese, poi anche lui a Trento. I percorsi dei due fratelli, divisi da soli due anni, furono speculari, ma se padre Angelico (Onorato), fece carriera nell’ordine arrivando a diventare padre provinciale dei Cappuccini, fra Donato (Bruno) decise di lasciare il noviziato prima dello scadere dell’anno. Sostenne quindi la maturità al liceo di Rovereto nel 1944 e fu poi cooptato nell’Operazione Todt, agenzia di lavoro coatto tedesca. Passò gli ultimi mesi della guerra a presidiare il Pont dei Vodi a Lavis, mentre già pensava all’università. 

Si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza dell’Università di Padova. Non riuscì però a frequentare e per mantenersi agli studi svolse dapprima alcuni lavoretti (manovale al “magazin dei Petteni”, forestale), poi diventò cancelliere presso il Tribunale e infine venne assunto alla Banca di Trento e Bolzano, diretta dal padre dell’amico Nino Andreatta. Si laureò il 25 febbraio 1953 con una tesi in diritto penale seguita dal professor Giuseppe Bettiol, padre costituente democristiano e presidente del gruppo DC alla camera e, pochi mesi dopo, ministro della pubblica istruzione. 

L’interesse per la politica di Bruno si sviluppò presto (passione che emerge chiaramente in alcuni suoi temi d’italiano del liceo), anche se nel primo dopoguerra la sua partecipazione attiva alla politica non andò oltre la presidenza della sezione della DC di Terzolas.

Nelle regionali del 1956 si candidò in rappresentanza dei giovani democristiani, contro il parere di Beniamino Andreatta sr. Cominciò così una brillante carriera politica. I 5.784 voti gli permisero non solo di entrare in Consiglio regionale e provinciale, ma di assumere anche il ruolo di capogruppo DC in regione e quello di assessore alle finanze della provincia di Trento. La sua prima legislatura in consiglio regionale e provinciale venne però ricordata soprattutto per quello che fu da subito definito come “Piano Kessler”, ossia il discorso presentato in merito alla questione altoatesina nel febbraio 1960, dove si proponeva un ampliamento delle competenze provinciali a scapito di quelle regionali e si riconoscevano le ingiustizie perpetrate in Alto Adige dal fascismo.

Dopo le elezioni del 1960, fu nominato presidente della Provincia di Trento, ruolo che mantenne poi per ben tre legislature, risultando a tutt’oggi uno dei presidenti più longevi. Il suo governo fu da subito contraddistinto dalla programmazione, tutta rivolta alla necessità di modernizzare il Trentino e favorirne uno sviluppo economico e sociale che potesse sostenere quell’autonomia provinciale, che ancora non c’era formalmente, ma che Kessler esercitava al massimo delle possibilità concesse dallo Statuto. Il primo statuto d’autonomia prevedeva infatti grandi competenze per la regione e solo poche per le province, su quelle però fece leva per svolgere la sua azione politica.

Sfruttò le competenze provinciali sulla cultura per fondare nel 1962 l’Istituto Trentino di Cultura (ITC), grazie al quale diede avvio al percorso di creazione dell’università a Trento con l’Istituto universitario superiore di scienze sociali. Kessler seguì poi tutte le lunghe trattative legali con il governo per il riconoscimento prima della Libera Università e infine della statalizzazione dell’ateneo.

Sfruttò le competenze sull’urbanistica per promuovere il Piano Urbanistico Provinciale (PUP), primo esperimento in Italia in tal senso. Frutto di anni di lavoro da parte di tecnici e politici, quel piano mirava a promuovere uno sviluppo economico e sociale coerente dell’area trentina grazie al coordinamento degli interventi pubblici e privati. Importante innovazione promossa dal PUP fu poi la creazione di enti intermedi tra i paesi e la provincia: i comprensori, che avrebbero dovuto portare al centro gli interessi delle comunità così da permettere uno sviluppo equilibrato. Il PUP venne approvato nel 1967 a firma di Giuseppe Samonà, Sergio Giovanazzi e Beniamino Andreatta jr. 

Gli anni Sessanta furono in Regione gli anni in cui si ridefiniva il nuovo statuto dell’autonomia. Dopo gli attentati terroristici in Alto Adige, dopo la presentazione della vertenza di fronte alle Nazioni Unite era emersa ancora più evidente la necessità di rivedere le norme che disciplinavano l’autonomia. La Commissione dei 19, a cui Kessler, suo malgrado, non partecipò, elaborò quindi un nuovo statuto che, approvato nel 1972, prevedeva uno svuotamento delle competenze regionali a favore delle due province di Trento e Bolzano. 

Alla vigilia dell’ottenimento dei fondi economici per sostenere quelle competenze, nel 1973 Kessler non fu rinnovato per decisione del partito alla carica di presidente della provincia, nonostante le moltissime preferenze ottenute (23.900, 8.000 in più del secondo, Grigolli, che appunto prenderà il suo posto). A lui fu dunque affidata la presidenza della regione, che tenne però poco, solo il tempo di potersi candidare alle elezioni politiche. Nel 1976 venne eletto alla Camera dei Deputati. Il suo maggiore alleato romano era però Aldo Moro, la cui parabola politica era destinata a concludersi tragicamente solo un paio di anni dopo l’ arrivo in parlamento di Kessler. Fu poi sottosegretario al ministero dell’Interno, con ministro Virginio Rognoni, nel primo Governo Cossiga (8 agosto 1979 – 4 aprile 1980). Dal 1983 fu poi senatore. Dopo una breve malattia morì a Trento il 19 marzo 1991.

In una lettera ad alcuni elettori delusi delle Giudicarie nel dicembre 1973 aveva promesso che il mancato rinnovo della presidenza della provincia non sarebbe stata la sua Sant’Elena. In effetti riuscì a mantenere un ruolo importante in Trentino, sebbene non fosse più presidente. Nonostante le sue intenzioni, il ruolo di Kessler non fu più però centrale come lo era prima nello sviluppo politico del Trentino. Concentrò la sua azione soprattutto nell’ambito culturale in quell’Istituto Trentino di Cultura di cui ancora deteneva presidenza e che conobbe un enorme sviluppo grazie alla nascita di centri di ricerca: l’Istituto Storico Italo-Germanico (ISIG) nel 1973, l’Istituto di Scienze Religiose (ISR) nel 1975 e l’Istituto per la Ricerca Scientifica e Tecnologica (IRST) nel 1976. Pose le basi insomma di questa nostra fondazione che oggi porta il suo nome.


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