Chi parla male, pensa male e vive male!
Riccardo Gallotti intervista Luca De Biase: un dialogo inedito e a parti invertite fra uno scienziato e un giornalista, all’insegna dell’ecologia dei media, fra analisi critica dello scenario dell’informazione di oggi e proposte di intervento che aiutino a ridefinire le regole del gioco per favorire la qualità dell’informazione.
Mercoledì 19 novembre 2025 presso la sede del polo umanistico di FBK, il giornalista esperto di innovazione Luca De Biase è stato protagonista dell’inspirational talk intitolato “Non si pensa bene se si è informati male”.
A dialogare con lui è intervenuto Riccardo Gallotti, FBK Science Ambassador, a capo del CHub Lab del Centro FBK Digital Society e coordinatore del progetto europeo AI4TRUST, che negli ultimi anni ha prodotto una piattaforma contro la disinformazione che combina l’apporto dell’intelligenza artificiale con le verifiche di un network di giornalisti e fact-checker.
Il tema centrale è stato quello dell’ecologia dei media, da sempre caro all’ospite. Con questa espressione De Biase identifica la qualità dell’informazione non solo come un bene da preservare ma come un “nutrimento” irrinunciabile per rinnovare il confronto democratico e favorire la costruzione di opinioni informate, il più possibile ben informate, per l’appunto.
Il contesto attuale in cui questa riflessione si inserisce è quello di un avvitamento che coinvolge la sfera mediatica, quella politica e quella culturale, da cui deriva una sorta di selezione avversa delle informazioni che tende ad alterare la percezione dei fatti, in una realtà di cui non si ha contezza perché sovrastata da spinte propagandistiche e commerciali che producono distrazione, sfiducia, svuotamento di senso, polarizzazione e conflitto permanente.
Le parole sono importanti
Riccardo Gallotti: “Tante informazioni disponibili ma poco autorevoli e confuse, spesso confuse ad arte, configurano il problema dell’affidabilità dell’informazione di cui ci “nutriamo” quotidianamente attraverso i feed che riceviamo. Le parole sono ancora importanti? In un mondo in cui abbiamo creato generatori automatici di parole, non sono ora inflazionate? L’AI ha avviato un “trend negativo”?”
Luca De Biase: “Siamo immersi in un contesto che sottovaluta gli effetti della macchina che gestisce le parole. Gli LLM sfidano però a migliorarsi. Io considero e invito a considerare ciò che l’IA generativa produce come un documento in più, nient’altro che questo. E come tale, come ogni documento, deve esser sottoposto a verifica per soppesare quanto è attendibile e consistente il contenuto che se ne ricava. Un altro aspetto fondamentale di cui non dovremmo dimenticarci è che l’AI non è affatto cosciente né in relazione con le persone, come noi.”
Il ruolo dei social media nella società
RG: “Le piattaforme dei media sociali digitali attualmente più usate offrono interfacce che suggeriscono agli utenti altre persone da seguire, alimentano l’ambizione di raccogliere molti seguaci, spingono a giudicare qualsiasi messaggio. Queste scelte progettuali si spiegano con una narrativa che valorizza la competizione per il prestigio e la notorietà; questa narrativa, ha fatto di ognuno/a di noi un “esperto/a” titolato a una opinione, non necessariamente informata. Quanto dei problemi sociali e politici che stiamo affrontando in questi anni è colpa delle piattaforme sociali digitali?”
LDB: “Oggi la piattaforma ha un impatto enorme. L’algoritmo di raccomandazione è centrale. Di fatto le piattaforme esercitano un’azione editoriale e sono responsabili dei contenuti che veicolano, come del resto stabilisce correttamente il Digital Services Act europeo. Il vecchio adagio “non è colpa mia, non è mia responsabilità, sono gli utenti che lo fanno” è crollato. La piattaforma dice inoltre qualcosa di molto importante sul risultato culturale che emerge dall’interazione con le piattaforme stesse – sono mezzi diventati messaggi – come preconizzava Marshall Mc Luhan, in questo modo il flusso di input informativi e comunicativi configura nel bene e nel male il nostro tempo. Tuttavia, la colpa non è delle piattaforme ma delle persone che le hanno costruite così e che, quando hanno scoperto i danni prodotti, hanno continuato a perpetrarli. Per questo vedo una grande assonanza con l’ecologia. Il mondo dei media è un ecosistema inquinato. Occorrono regole diverse. Ai tempi di Clinton la libertà dalle regole è servita per far crescere quelli che sono diventati poi giganti oligopolisti tanto potenti da influenzare oggi lo stesso governo degli USA. La relazione che si è sviluppata fra piattaforme e società è di tipo coloniale. Le piattaforme hanno contribuito a mettere in crisi la nostra democrazia. Esite, infatti, una stretta correlazione fra uso di informazione di qualità e voto. L’iperpolarizzazione ha trasformato gli interessi delle masse spingendo la maggioranza della popolazione a credere che “sono tutti uguali, è meglio stare tutti a casa”. Da sempre questa è stata la strategia dei dittatori.”
ECOSISTEMA ed ECOLOGISMO dei MEDIA
RG: “Come può una società continuare a prosperare senza essere informata?”
LDB: “Ci vuole un’altra logica per superare questa impasse. Una logica che si connette al fisico. Considerare l’opportunità di ridare centralità alle relazioni rendendo marginali le piattaforme nelle nostre vite. Non bisogna chiudere le piattaforme ma trovare le dimensioni giuste, limitare lo sviluppo delle tecnologie, introdurre la fisicità del contesto delle interazioni in cui esse vanno a inserirsi, riconsiderarle per quello che sono: mezzi di comunicazione, conversazione, al servizio della nostra interazione, collaborazione. Una proposta che emerge è quella di applicare una etichetta su immagini prodotte dall’AI. A questo io aggiungo che, dato il numero crescente di questo genere di immagini, sarebbe opportuno introdurre anche una etichetta che ci permetta di riconoscere a colpo d’occhio i contenuti prodotti da umani, come un marchio “bio” dell’informazione.”
Comunicare la scienza e importanza del metodo scientifico
RG: “Sei stato fra i fondatori della SOCIAL DATA SCIENCE ALLIANCE (di cui fa parte anche Bruno Lepri), che richiede esplicitamente uno spazio di accesso ai dati per ricercatori esperti di comportamenti sociali online, in linea col dettato della normativa europea Digital Service Act. Cos’è il DSA? Che aggiornamenti abbiamo?”
LDB: “La scienza deve poter accedere ai dati contenuti nelle piattaforme. L’obiettivo è definire una pratica per poter far uso della legge e poter interagire con le piattaforme in maniera prevedibile e facilitata. Esiste una divaricazione fra realtà e irrealtà, non si distingue più fra pubblicità e contenuti editoriali. Il metodo scientifico e quello giornalistico in questo frangente ci soccorrono, è come un faro per costruire fiducia: il giornalismo è una “versione artigiana” del metodo scientifico. Occorre verificare, documentare, sentire fonti indipendenti, esplicitare eventuali conflitti di interesse e così via. Il problema principale è insito nella divaricazione fra fatti e percezione. Il 2016 è stato la Chernobyl dei media, la realtà è deflagrata nella convergenza fra la Brexit e lo scandalo Facebook – Cambridge Analytica che ha portato all’avvento di Trump.”
RG: “Una maggioranza silenziosa dell’89% della popolazione vorrebbe interventi più forti per lottare contro il cambiamento climatico, ma pensa di non essere maggioranza, anche per colpa della sovra-rappresentazione di tesi scientificamente “sbagliate” in base al principio del contraddittorio. Qual è il ruolo e la responsabilità dei ricercatori nella comunicazione dei risultati scientifici? Come far fare emergere la verità scientifica?”
LDB: “Lo scienziato non porta certezze ma probabilità nelle condizioni date di osservazioni dei fenomeni. Si formano situazioni di consenso attorno a evidenze che suffragano teorie. Può esserci d’aiuto l’esempio dell’istituzione dell’international panel for climate change. L’IPCC è stato fondamentale per sottolineare che il consenso fra gli scienziati attorno al tema era schiacciante, con il 99% degli scienziati d’accordo fra loro e l’1% di voci dissonanti. In un contesto del genere dare lo stesso peso a posizioni opposte vuol dire distorcere gravemente la percezione generale delle questioni trattate. Qui si torna al metodo: parlare in modo proporzionato è una regola del giornalismo, non si possono raccontare i fatti senza tener conto della proporzione delle cose. L’uso strumentale dell’obbligo di contraddittorio produce, in questo senso, distrazione di massa, alterando il consenso pubblico e sbilanciando le opinioni a favore delle percezioni e a scapito dei fatti. Di conseguenza, questa spirale di cause ed effetti conduce a scelte peggio informate, meno lungimiranti.”
Nel dibattito conclusivo è intervenuto il Presidente FBK Ferruccio Resta con un’osservazione e una domanda: “Il fattore tempo condiziona la nostra capacità di raccogliere e soppesare input informativi fino a trarre conclusioni utili a decidere. Nell’economia dell’attenzione che caratterizza il presente, attraversato da un flusso continuo di aggiornamenti, si rischia di prendere decisioni affrettate o azzardate. Che cos’è l’informazione?”
LDB: “La rincorsa continua non deve spaventarci. Sta a noi selezionare le fonti che riteniamo di qualità e stabilire il grado opportuno di approfondimento necessario per ogni tipo di analisi che vogliamo condurre o decisione che dobbiamo prendere. L’informazione, così intesa, precede il qui e ora e ha lo scopo di prepararci ad affrontare i fatti nell’immediato, diventa un metodo valutativo e interpretativo frutto di una lunga esperienza pregressa che ci permette di riconoscere velocemente dentro accadimenti inediti degli schemi ricorrenti e di applicare delle chiavi di lettura adeguate al caso in esame. Bisogna imparare a collegare pattern che già conosciamo con fatti nuovi, o come dice Alessandro Bergonzoni, “ci vuole un filo intermentale”. L’informazione, vissuta in questa maniera, non è altro che cultura.”
L’incontro si è concluso con la presentazione della seconda edizione del programma FBK Science Ambassadors, il cui obiettivo consiste nel formare giovani appartenenti alla comunità della ricerca e innovazione di FBK nella divulgazione scientifica attraverso storytelling, public speaking e comunicazione digitale. Il programma offre un percorso di alta formazione che coinvolge Fondazione Feltrinelli e Scuola Holden e si sviluppa attraverso attività pratiche di divulgazione. Infine, ma non per importanza, ogni ambassador rappresenta FBK in occasione di eventi pubblici come questo e ha l’opportunità di costruire un confronto interdisciplinare a partire dalla tensione comune per condividere la meraviglia e l’avventura della conoscenza.

LUCA DE BIASE
Giornalista dell’innovazione a “Il Sole 24 Ore” e autore e voce a Rai Radio 3. Docente all’Università di Pisa e alla Luiss di Roma, gateway designer al National Biodiversity Future Center, ha diretto la ricerca sulla Media Ecology per Reimagine Europa a Bruxelles. Tra i suoi libri più recenti: Il lavoro del futuro (Codice, 2018), Eppur s’innova (Luiss, 2022), Il codice del futuro e La legge dell’intelligenza artificiale (entrambi con Roberto Viola, Sole 24 Ore, 2023 e 2024), Apologia del futuro (Luiss, 2025). Nel 2016 ha vinto il premio James Carey Award for Outstanding Media Ecology Journalism.