Esplora! Esplora! Esplora!
Intervista a Massimo Di Gregorio: da Gordon Gekko a Oppenheimer, sono numerosi i tipi umani che si incontrano in un contesto di lavoro internazionale. L’intelligenza culturale aiuta a riconoscere l’unicità di ogni persona e a trasformare le diversità in vantaggio strategico per il gruppo di lavoro.
Gli inspirational talks sono degli incontri dedicati alla comunità di talenti in Fondazione Bruno Kessler, durante i quali personalità importanti provenienti da ambiti disciplinari e percorsi differenti fra loro condividono le proprie esperienze umane e professionali in un contesto informale di condivisione e discussione fra pari. A inaugurare il ciclo di appuntamenti, giovedì 18 settembre 2025, è intervenuto Massimo Di Gregorio, già general manager di Thomson Reuters. Lo abbiamo intervistato per ascoltare un suo commento e condividere alcuni passaggi chiave del suo discorso.
Voglio essere un “single contributor” o parte di un team, arrivando magari a gestirlo? In quale settore industriale voglio lavorare? Dove voglio vivere? Domande simili rappresentano il condensato di una esperienza pluridecennale che, con il senno di poi, esorta i giovani a capire quale sia la propria passione anche se può richiedere anni, un percorso lungo il quale cercare mentori che possano guidare, senza dimenticare che il mentoring è un processo a due vie. Richiede, cioè, un atteggiamento proattivo.
Giancarlo Sciascia (GS): Lei ha condiviso la sua esperienza con la comunità della ricerca di FBK. In un ambiente dominato da Hard Skills (competenze tecniche), perché ha scelto di concentrarsi sulle Soft Skills?
Massimo DI Gregorio (MDG): Mentre le abilità tecniche (Hard Skills) costituiscono la base della comprensione e consapevolezza, le Soft Skills – come comunicazione, lavoro di squadra, adattabilità e intelligenza emotiva – sono essenziali per la collaborazione efficace. La chiave è semplice ma profonda: sapere che non stai gestendo te stesso. Questo significa che apprezzare le differenze tra le persone è fondamentale per il successo. Ma il concetto di “cultura” non si limita alla nazionalità. Bisogna coltivare attivamente alcune competenze critiche, le stesse che sono alla base dell’impianto del Talent Development Program adottato dalla FBK:
- Consapevolezza Culturale: Imparare a conoscere norme, valori e stili di comunicazione diversi per migliorare la sensibilità interculturale e ridurre le incomprensioni.
- Adattabilità: Abbracciare la flessibilità e aprirsi a prospettive e approcci differenti nella risoluzione dei problemi.
- Capacità di Comunicazione: Praticare una comunicazione chiara, rispettosa e inclusiva, prestando attenzione alle barriere linguistiche e ai segnali non verbali.
- Competenza Interculturale: Sviluppare l’ascolto attivo, porre domande e mostrare apertura per costruire fiducia e rafforzare la collaborazione.
- Ampliamento del Network: Collaborare con colleghi di diversa provenienza per aprire le porte a nuove idee, metodi di ricerca e opportunità.
- Intelligenza Emotiva: Essere empatici e pazienti, riconoscendo i diversi modi di esprimere emozioni e idee.
- Prospettive più Ampie: L’esposizione a punti di vista diversi migliora la creatività e il pensiero innovativo.
- Riflessione e Apprendimento: Valutare regolarmente le proprie esperienze per imparare dalle sfide e celebrare i successi.
GS: Lei ha guidato team in diversi contesti internazionali. Quali sono state le sfide maggiori nel lavorare con team multiculturali, e come le ha trasformate in opportunità?
MDG: Gestire gruppi multiculturali richiede grande preparazione. Quando ero General Manager per CTI in Reuters, mi sono trovato a gestire tre regioni (CSI, Turchia e Israele) che non avevano nulla in comune con il resto del mondo. Invece di gestirle separatamente, ho promosso la collaborazione per costruire un call center multilingue. Questo è stato un successo e ha dimostrato che la diversità di prospettive non è solamente un “nice to have” in teoria ma è anche una risorsa strategica con effetti tangibili.
GS: Oltre alle differenze di nazionalità, lei ha citato altre differenze culturali importanti, come la cultura aziendale e quella interaziendale. Può farci un esempio?
MDG: Assolutamente. La Cultura Aziendale è pervasiva. Ad esempio, Reuters ha radici profonde nel servizio editoriale, con la reputazione di essere imparziale e di attenersi ai fatti. Questa cultura si trasferisce ovunque. Per questo, Reuters non usa la parola “terrorista”, perché ciò che è definito tale in una parte del mondo può essere considerato un “combattente per la libertà” altrove (come nel caso di Nelson Mandela).
Quando Thomson ha acquisito Reuters nel 2008, creando Thomson Reuters, mi sono trovato a gestire quattro unità di business molto diverse. Lì ho incontrato l’Intercompany Culture. Ad esempio, chi lavora nel mercato finanziario (il mio campo) tende ad essere estroverso e aggressivo (come Gordon Gekko nel film Wall Street), mentre chi lavora nel mondo scientifico (IP&S) è più introverso e dedito alla scienza in modo silenzioso (come Oppenheimer, sempre pescando dall’immaginario cinematografico). Ho imparato ad apprezzare queste prospettive diverse, incoraggiandole attivamente. Ho ammesso la mia ignoranza nei loro campi di competenza e ho chiesto aiuto, portando alla crescita professionale del team e del mio successore.
GS: In che senso “NON ESISTONO DOMANDE SBAGLIATE, ESISTONO SOLO RISPOSTE SBAGLIATE!”?
MDG: Esprimere la propria unicità è fondamentale anche se talvolta richiede coraggio. Difendere le proprie idee, anche quando non sono condivise dalla maggioranza, purché sempre con argomentazioni e rispetto, è un’abilità che si apprende con la pratica. Nel corso della carriera possono essere molte le occasioni in cui la propria prospettiva, unica, si rivela fondamentale per il bene dell’organizzazione.
GS: C’è una pratica che vuole segnalare per la sua generatività in particolare con un’attenzione alla collaborazione intergenerazionale?
MDG: il REVERSE MENTORING è una pratica adottata in molte organizzazioni (inclusa Thomson Reuters) che consiste nell’esercizio d’inversione dei ruoli consueti fra SENIOR e JUNIOR, dove quest’ultimo/a agisce da mentore di un/a SENIOR. Tale pratica presenta numerosi vantaggi: abbattere le gerarchie permette di facilitare la condivisione del sapere e fa emergere il potenziale di leadership che risiede nei/nelle figure JUNIOR, espandendo l’importanza della mentorship e favorendo l’emersione di creatività e conoscenza tacita, ossia quella incarnata nel modus operandi frutto di esperienza professionale stratificata, attraverso la riflessione comune calata in situazione.
GS: Infine, parlando di sviluppo a lungo termine, lei ha menzionato i quattro punti chiave: scoprire il proprio potenziale, seguire la propria passione, esprimere la propria unicità ed esplorare. Qual è il suo consiglio principale a chi si sta orientando nell’ecosistema della ricerca?
MDG: Il primo passo è scoprire il proprio potenziale. Per raggiungerlo, la preparazione è fondamentale. Come diceva il leggendario tennista Arthur Ashe, “Una chiave importante per il successo è l’autostima. Una chiave importante per l’autostima è la preparazione”. La mia più grande raccomandazione è ESPLORARE. Come ho appreso a un corso di leadership, “DEEP CHANGE OR SLOW DEATH” (Cambiamento profondo o morte lenta). All’inizio della mia carriera, lasciare un’azienda statale sicura (ENI) per la piccola Reuters è stato un cambiamento profondo. Anche se si fanno errori – come il mio ruolo di Marketing Manager Europa a Ginevra, che mi portò fuori dalla mia passione – l’esplorazione è cruciale. Ogni cambiamento, anche quello che sembra un passo falso, è un “punto” che, come diceva Steve Jobs, può essere connesso solo guardando indietro. Uscire dalla zona di comfort e continuare a esplorare mi ha permesso di sviluppare Soft Skills essenziali e di trovare la strada che desideravo, gestendo persone e sviluppando talenti in Svizzera, Turchia, Russia, Cina e Dubai.
Prossimi appuntamenti con gli Inspirational Talks di FBK in ottobre con Stefano Paleari e in novembre con Luca De Biase.

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