La via stretta dell’intelligenza artificiale
Le menti italiane dietro il mondo dei robot. Il nostro Paese è in ritardo sulla diffusione dell'Intelligenza artificiale nelle aziende e nella pubblica ammistrazione. Ma brilla con la Germania nella ricerca mondiale. La fotografia dello studio di Ahk Italia e Deloitte
Lo studio evidenzia un sostanziale allineamento tra Italia e Germania per quanto riguarda le sfide percepite delle aziende. Le imprese italiane e tedesche identificano infatti due grandi ostacoli all’implementazione dell’intelligenza artificiale: da un lato, la mancanza di competenze adeguate, dall’altro lato le modalità di integrazione delle nuove tecnologie nei ruoli e nei processi aziendali e l’impatto a livello di modelli di business. Coerentemente con questi risultati, è una netta maggioranza delle imprese di entrambi i Paesi a prevedere l’assunzione di molti o alcuni nuovi profili nei prossimi anni (67% per le italiane e 80% per le tedesche).
La Germania ha deciso di investire 600 milioni di euro entro il 2020 di investimenti pubblici per introdurre l’intelligenza artificiale nei processi di produzione. L’Italia sta muovendo i suoi primi passi, più timidi, impegnando 70 milioni di euro nei prossimi due anni.
Il nostro Paese non primeggia per nuove tecnologie nelle società private, scontando anche la struttura del sistema industriale italiano in gran parte composto da piccole e medie imprese. E ciò vale, salvo alcune eccellenze, anche per l’uso dell’intelligenza artificiale nella pubblica amministrazione.
Allargando lo sguardo a livello globale a trainare la competizione sono le due superpotenze economiche USA e CINA. Il numero di società che hanno incorporato tecnologie di IA sono rispettivamente di poco oltre 2 mila e di poco oltre mille. Seguono UK (392) e Canada (285), India, Israele, Francia e Germania (fra 150 e 100), Svezia e Spagna (di poco oltre 50), Olanda, Giappone e Svizzera (40), e infine l’Italia attorno a quota 30 insieme a Polonia Australia, Irlanda, Sud Corea e Singapore, davanti alla Russia (17). Confrontando le macroregioni nel complesso l’Unione Europea investe 1 miliardo di euro a fronte dei 4 degli USA e dei 7 in Cina.
Tuttavia lo scenario non è fatto solo di ombre perché la qualità della ricerca sull’IA è un primato europeo, in particolare dell’Italia e della Germania che grazie alla conoscenza prodotta dai centri di eccellenza vedranno fiorire l’adozione di nuove tecnologie e modelli di business già a partire dal prossimo anno.
L’Europa è il continente che produce il più alto numero di pubblicazioni scientifiche nel settore: il 28% del database internazionale Scopus (il più grande database di letteratura scientifica peer-reviewed) è di autori europei contro il 25% di cinesi e il 17% di statunitensi.
Inoltre, è il valore delle pubblicazioni a approfondire la differenza. Il rapporto fra il numero di pubblicazioni accolte rispetto a quelle sottomesse parla chiaro e depone a favore della qualità della ricerca nel vecchio continente.
Nel 2018, infatti, circa il 70% delle istanze presentate all’Associazione per l’avanzamento dell’intelligenza artificiale (Aaai), la maggiore comunità scientifica internazionale per lo sviluppo delle nuove tecnologie informatiche, è arrivato da Cina e Usa.
Al contempo, però, sono stati gli autori italiani e tedeschi a vedere più accolte le loro ricerche: il 41% contro il 28% degli americani e il 21% dei cinesi. Germania e Italia sono nell’ordine anche il secondo e il quarto Paese più presenti tra i progetti finanziati nel 2019 dal Consiglio europeo della ricerca (Erc).
Fra gli esempi di eccellenza nostrana, lo studio di Ahk Italia e Deloitte sottolinea come gli scienziati italiani abbiano un impatto anche dall’Italia, nelle strategie che si stanno elaborando in Germania. Da FBK, due esperti (Oliviero Stock e Paolo Traverso) aiutano il governo tedesco nella commissione creata per valutare la ricerca proprio sull’IA.
Le iniziative di sistema che stanno perseguendo l’obiettivo di unire le forze di questa realtà frammentaria ma dall’enorme potenziale di impatto economico e sociale si concentrano attorno a due iniziative in particolare: la Confederazione europea dei laboratori per l’IA (Claire), di cui fa parte anche il polo di eccellenza per la Ricerca tedesca sull’intelligenza artificiale (Dfki), istituto di natura pubblico-privata nel quale dal 2015 anche Google ha una partecipazione.
Sempre a paritre dallo scorso anno l’Italia ha raccolto attorno al Consorzio Interuniversitario Nazionale per l’Informatica, CINI, le migliori menti attive sui temi inerenti l’IA, è nato così il coordinamento del Laboratorio Nazionale di Intelligenza Artificiale e Sistemi Intelligenti, AIIS, che comprende oltre 600 ricercatori, almeno 80 dei quali provengono da FBK. Quali sono i settori di leadership? A titolo di eempio si può citare l’impiego dell’IA per servizi pubblici essenziali come la salute. Con la tecnologia Da Vinci (di produzione americana) l’Italia è all’avanguardia in Europa per la diffusione di chirurgia robotica negli ospedali, e per la formazione internazionale di chirurghi 4.0 alla Scuola di Chirurgia robotica di Grosseto.
L’Europa prevede che ci sarà nel mondo da qui al 2030 un mercato dell’Intelligenza Artificiale (IA) pari a 15 milioni di miliardi di dollari, corrispondente al 14% del Pil mondiale. Per coglierne le opportunità sappiamo che sarà fondamentale investire adeguatamente in conoscenza, per trasformare i modelli di business esistenti o introdurne di nuovi, e per aggiornare continuamente le competenze necessarie. In una sola parola, sarà sempre più importante #imparareaimparare