For a Human-Centered AI

Reputational Crisis Management: parla l’esperto Daniele Chieffi

4 Giugno 2025

Nella “casa di vetro” del digitale, ciò che conta non è la realtà ma la percezione. Gestire le crisi reputazionali è un processo complesso che richiede perciò trasparenza, capacità di conversazione, una forte identità e una preparazione strategica che anticipi i possibili scenari e le reazioni di audience e stakeholder nell'infosfera.

A margine di un seminario tenuto di recente da Daniele Chieffi per il personale di FBK, abbiamo colto l’occasione per condividere alcune delle sue riflessioni, basate su una lunga esperienza professionale, prendendo spunto da recenti casi di studio noti alle cronache.  

Il crollo di un ponte, il naufragio di una nave da crociera, il fallimento di una campagna pubblicitaria in Cina per un noto marchio della moda e l’autogol dell’influencer più quotata in Italia, a prescindere dai fatti in sé, hanno in comune gli effetti negativi: la perdita di mercato, il riposizionamento forzato o difficoltoso e addirittura l’impatto sul valore del brand stesso.  

Neuroscienze, mediazione culturale e realtà mediatica 

Data la rilevanza talvolta catastrofica di questo effetto domino, la prima considerazione che emerge dal confronto con Chieffi è la seguente: “una crisi reputazionale, nell’era digitale, ha una natura profondamente diversa rispetto al passato. Non è più definita primariamente da un evento oggettivamente traumatico o rilevante per i mass media. Ciò che innesca e alimenta una crisi oggi è soprattutto come un evento viene percepito e interpretato dagli stakeholder. La percezione governa la realtà soggettiva e l’interpretazione è sempre un atto di mediazione culturale. Di conseguenza, il danno reputazionale si produce indipendentemente da ciò che accade, ma dipende da come “il fatto” è percepito e valutato.” 

In tal senso, l’evoluzione dei media ribalta il meccanismo di propagazione delle informazioni, poiché al tradizionale innesco mediatico di una crisi si affianca sempre più spesso un innesco scaturito dai (comportamenti e contenuti pubblicati e condivisi sui) social media, con l’effetto di costringere molte testate a inseguire e risemantizzare ciò che accade solo in seconda battuta.

In un contesto corporate, l’ecosistema digitale fa sì che ogni azione o inazione dell’azienda posta di fronte all’insorgere di una crisi reputazionale possa essere immediatamente visibile e generare reazioni pubbliche. Anche il silenzio può rappresentare una scelta, purché ci sia la consapevolezza del fatto che il vuoto di senso può essere interpretato in molti modi, ad esempio come paura, ammissione di colpa o incapacità di trovare soluzioni.  

Quando scattano queste dinamiche, gli stakeholder entrano direttamente in contatto con la criticità emergente e costruiscono autonomamente il significato e la valenza del fatto dal loro specifico punto di vista, orientato dagli interessi di cui sono portatori. Analogamente, lo stesso avviene per i pubblici che si sentono toccati da un episodio, una scelta, un fatto o una omissione soltanto quando questi fenomeni intaccano i valori che appartengono a quello specifico pubblico. 

Per queste ragioni le crisi attuali si articolano in “conversazioni”, narrazioni che si autoalimentano, basate su interpretazioni spontanee e disintermediate all’interno delle  community.

Quale può essere una strategia vincente per navigare nella tormenta?

“Una strategia fondamentale per le imprese” – commenta Chieffi – “è passare dalla semplice “comunicazione” alla “conversazione”, considerandosi parte della comunità in cui operano e costruendo relazioni di valore. Diventa cruciale ottenere la “licence to operate”, ossia essere accettati e percepiti come parte della comunità degli stakeholder.”

In questo scenario, gestire una crisi significa “governare la percezione”. Ciò implica comprendere come le community costruiscono il significato dell’evento e prevedere risposte adeguate. Una crisi si manifesta con alta probabilità quando un evento, percepito come responsabilità dell’organizzazione (omissiva, colposa o dolosa), tocca valori fondanti o infrange il patto di fiducia con gli stakeholder. È essenziale gestire le aspettative dei propri pubblici di riferimento: se le azioni dell’azienda non sono percepite come sufficienti, si va incontro inesorabilmente a quello che viene chiamato il tradimento delle aspettative.

Quale atteggiamento richiede la gestione delle aspettative?

“Affrontare una crisi efficacemente” – sottolinea Chieffi – “richiede pianificazione preventiva. È necessario analizzare le potenziali vulnerabilità, identificare i possibili scenari critici e predisporre procedure e format di risposta. Durante la crisi, è vitale identificare i “thread” narrativi che emergono online, i loro “weavers” (coloro che li originano o guidano) e rispondere in modo empatico alla domanda che ogni thread sottende”.

Perché questa tematica interessa tutti?

“La reputazione riguarda le persone e gli stati, le associazioni e le imprese. Anche la più consolidata, a ben guardare, è fragile. Basta un sospetto, una diceria o un pettegolezzo, purché questi diventino “virali”, per danneggiarla, mandando in fumo in pochissimo tempo il capitale reputazionale accumulato in decenni.” 


Autore/i