
Sull’elezione di Papa Leone XIV
Nell'immenso mare informativo, dedichiamo un'attenzione di ampio respiro a questa prima fase del nuovo Papato, grazie all'intervista con Massimo Leone e Massimo Rospocher, Direttori rispettivamente del Centro per le Scienze Religiose e dell'Istituto Storico Italo-Germanico FBK
(v.l.) Papa Leone XIV ha spiegato la scelta del proprio nome indicandolo in successione a quello di Leone XIII, il Papa che “con la storica Enciclica Rerum novarum affrontò la questione sociale nel contesto della prima grande rivoluzione industriale”, e ha sottolineato: “Oggi la Chiesa offre a tutti il suo patrimonio di dottrina sociale per rispondere a un’altra rivoluzione industriale e agli sviluppi dell’intelligenza artificiale, che comportano nuove sfide per la difesa della dignità umana, della giustizia e del lavoro”. L’interazione tra l’umano e l’AI è una tematica di cui si occupano anche i vostri Centri di ricerca?
Massimo Leone: “Anche il Centro per le Scienze Religiose della Fondazione Bruno Kessler dedica il suo seminario annuale per il 2025 al tema della dialettica tra trasformazione e conservazione nella religione e nell’etica. Una scelta che riflette la consapevolezza di una profonda complementarità tra le attività della Fondazione a Povo e quelle del nostro Centro presso Santa Croce. Non ci limitiamo a rappresentare la conservazione, pur valorizzando i principi sociali, culturali e religiosi iscritti nella nostra storia. Al contrario, ci poniamo come luogo di riflessione e interrogazione critica su cosa debba essere conservato in un’epoca di accelerazione tecnologica, in cui non solo le tecnologie, ma l’intera società, sono in trasformazione. Questa riflessione riguarda soprattutto l’umano. Se la Fondazione ha come motto for a human-centred AI, noi ci chiediamo quali siano i tratti essenziali di questa umanità e come preservarli nel contesto di uno sviluppo industriale sempre più permeato da tecnologie computazionali autonome. La domanda fondamentale è quindi quella del senso: che cosa implica affidare molte delle nostre attività a dispositivi sempre più autonomi? Come possiamo preservare i nostri valori umani, sociali, culturali e religiosi in questa transizione?”.
Massimo Rospocher: “La scelta di un nome non è mai casuale, tanto meno lo è per un papa. È il suo primo atto da pontefice ed è una decisione carica di storia, di riferimenti, di messaggi. Nella scelta del nome papale, oltre che un richiamo al tema della giustizia sociale, Leone XIV ha voluto rimarcare un’attenzione della Chiesa cattolica ad affrontare il cambiamento storico. Dalla sua fondazione nel 1973, la riflessione sui periodi storici di cambiamento e di trasformazione è un filo rosso che caratterizza le attività di ricerca dell’Istituto storico italo-germanico (FBK-ISIG). In passato, ISIG ha affrontato temi come l’avvento della modernità, le rivoluzioni mediatiche o le epoche di transizione, mentre la sfida del presente è quella di analizzare un mutamento tecnologico che ha un enorme impatto economico e sociale, ma anche culturale e scientifico. In questo contesto in rapida evoluzione è fondamentale per un Istituto come il nostro riflettere su quali sono i rischi e le opportunità dell’AI generativa per il mondo della ricerca e per la didattica nelle scienze umane. Si tratta di una sfida intellettuale da non eludere, ma da affrontare senza preclusioni”.
(v.l.) Facciamo un passo indietro, al momento del Conclave. Quali sono state le interazioni tra questo antico rituale e il modo in cui la comunicazione moderna influenza la percezione e l’interpretazione di un evento così tradizionale?
Massimo Leone: “Risponderei evidenziando due dinamiche apparentemente contrapposte, ma in realtà complementari. Da un lato, il processo di preparazione al Conclave è sembrato permeabile al sistema globale di circolazione del senso, sempre più rapido e frammentato. I social network violano la barriera tra pubblico e privato, rivelano microsegreti e alimentano un flusso costante di contenuti evenemenziali, progettati per catturare e mantenere l’attenzione. In questa prospettiva, il cammino verso il Conclave è apparso immerso in un pettegolezzo digitale globale, con scommesse sul nuovo Papa e una copertura mediatica che spesso scadeva nel kitsch, replicando la logica del frivolo e dell’effimero, propria della comunicazione social. Dall’altro lato, però, questa stessa pervasività ha paradossalmente accentuato la forza del sacro e la sua impermeabilità. Al pronunciarsi della frase extra omnes, il Conclave si è chiuso nel suo sacello di silenzio, mistero e segreto. Anche il costante brusio dei social media si è trovato costretto ad attendere. Nessuna diretta, nessun tweet poteva violare il mistero del sacro. In questa tensione tra l’onnipresenza digitale e il silenzio spirituale, il Conclave ha rivelato la sua doppia natura: aperto alle narrazioni frammentarie del mondo contemporaneo, ma al contempo profondamente resistente alla loro superficialità”.
Massimo Rospocher: “ll conclave, ieri come oggi, funge da potente catalizzatore dell’opinione pubblica. Nei secoli, il periodo di sede vacante che precede l’elezione pontificia ha sempre generato un proliferare di voci, rumores, falsità e pettegolezzi d’ogni genere. Basti pensare alla pratica di affiggere anonimamente sonetti, canzoni e satire dissacranti sulla statua di Pasquino a Roma. Una pratica ancora in uso oggi e che non è poi troppo dissimile dai post pubblicati sui social media contemporanei, che in realtà non fanno altro che reinventare modalità comunicative di lunghissima durata. Anche il costume di scommettere sull’elezione papale affonda le radici nella storia: rappresentava un passatempo che attraversava tutti gli strati sociali nella Roma cinquecentesca, tanto da costringere la Chiesa a intervenire per arginare un fenomeno che talvolta poteva persino influenzare gli esiti del Conclave. Questo non vuol dire che nulla cambi nel corso della storia, basti pensare alla dimensione comunicativa globale raggiunta da questo rituale. Eppure, nonostante la retorica dominante celebri l’avvento di una “piazza digitale“, è significativo come fedeli e romani, all’annuncio della fumata bianca, continuino a riversarsi nello spazio fisico di Piazza San Pietro, testimoniando la persistente forza dei rituali collettivi tradizionali”.
(v.l.) Sul tema delle sfide da affrontare in questo contesto storico, un richiamo esplicito, dalle prime parole, è stato fatto alla pace, fino ad arrivare a un vero e proprio appello ai “grandi della Terra”. Quali sono stati gli esempi di Papi che sono riusciti a influenzare l’agenda politica internazionale? E quali sono le possibilità di riuscirci nel presente?
Massimo Leone: “Tutti i Pontefici possiedono in potenza, e spesso anche in atto, una straordinaria capacità di influenzare i destini dell’umanità e del pianeta. Questa influenza non deriva solo dal loro ruolo di leader spirituali per una vasta porzione dell’umanità, ma anche dalla loro posizione unica: immersi nel mondo, ma proiettati al di là di esso, grazie a una dimensione trascendente. Papa Francesco, ad esempio, ha avuto un impatto profondo su numerosi aspetti della vita contemporanea. La sua voce si è levata a favore dei poveri, dell’ambiente e della giustizia sociale, lasciando un’impronta che ha travalicato i confini della Chiesa. Ma l’eco della sua influenza è risuonata con forza anche dopo la sua morte: i funerali di Papa Francesco sono stati un’occasione di incontro per i grandi della Terra, e in quell’evento funebre si è manifestato quasi un miracolo politico. Le tensioni internazionali sembravano allentarsi, e lo slancio spirituale del Pontefice continuava ad agire anche dopo la sua scomparsa. Il successore, Papa Leone XIV, si trova in una posizione altrettanto favorevole. La sua biografia, la sua sensibilità spirituale e la sua proiezione internazionale lo collocano come una figura capace di esercitare un’influenza pari, se non maggiore, a quella del suo predecessore. Tuttavia, il suo approccio e la sua visione riflettono sensibilità peculiari, che potrebbero tradursi in nuove modalità di intervento. Se guardiamo al passato, il modello di Papa Giovanni Paolo II resta forse il più emblematico. Il suo ruolo nella caduta del Muro di Berlino e nella fine della Guerra Fredda ha mostrato come un Pontefice possa agire non solo come guida spirituale, ma anche come attore storico di primo piano. In questo contesto, la capacità di un Papa di influenzare l’agenda politica globale non dipende solo dalla forza delle sue parole, ma dalla sua capacità di trasformarle in gesti concreti, simbolici e diplomatici, capaci di risuonare ben oltre le mura del Vaticano”.
Massimo Rospocher: “Gli esempi nel corso della storia sarebbero innumerevoli, ma è almeno opportuno distinguere due tipologie di influenza sull’agenda politica internazionale. Per ciò che concerne l’età moderna, il fondatore dell’ISIG, Paolo Prodi, ha coniato la formula del ‘sovrano pontefice’, per identificare il duplice ruolo contemporaneamente temporale e spirituale che caratterizzò i papi di quell’epoca. Oltre che guida religiosa universale il papa era allora anche un capo di stato, come tale promuoveva guerre e stringeva alleanze con gli altri principi europei. In questo contesto, pontefici come Giulio II (1503-1513), il ‘papa guerriero’ ridisegnarono la mappa geopolitica del continente, attuarono una spregiudicata politica estera e dimostrarono un’inclinazione alla guerra che li rendono inconcepibili se pensiamo al ruolo del papato nel XXI secolo. In età contemporanea la funzione temporale del pontefice romano è ovviamente venuta meno, ma è evidente come alcuni pontefici abbiamo avuto un ruolo decisivo in alcuni punti di svolta del Novecento. Basti pensare al ruolo attivo di papa Wojtyla nella caduta del Muro di Berlino, oppure anche alle indecisioni di papa Pio XII nei confronti dei regimi fascisti. Oggi, la Chiesa cattolica mantiene dunque una sua funzione importante sullo scacchiere politico globale e i richiami di Francesco ai temi dell’ambiente, della giustizia sociale, dei migranti sono risuonati con grande forza nel dibattito pubblico internazionale. Difficile misurarne ora gli effetti, ancora più complicato è prevedere quali saranno le possibilità di riuscita di Leone XIV sui medesimi temi”.