Conciliazione lavoro-famiglia: uno studio evidenzia gli effetti principali della riforma parentale del 2007 in Germania
Un nuovo studio evidenzia le opportunità di conciliazione lavoro-famiglia, legate alla riforma parentale del 2007 in Germania
Bernd Fitzenberger, Direttore dell’Institut für Arbeitsmarkt – und Berufsforschung der Bundesagentur für Arbeit – IAB, nel seminario “ Changing Fertility and Heterogeneous Motherhood Effects: Revisiting the Effects of a Parental Benefits Reform” tenutosi in IRVAPP lo scorso 5 marzo, ha affrontato il tema della propensione verso la maternità indotta dalla riforma parentale del 2007 in Germania, considerando gli effetti in termini di occupazione e di guadagno sulla fertilità. Questo studio è stato possibile anche grazie alla disponibilità di un’ampia serie di dati inediti che collegano le informazioni relative all’assicurazione pensionistica con i dati amministrativi del mercato del lavoro e forniscono dati aggiornati su tutte le nascite del Paese. Abbiamo intervistato il Prof. Bernd Fitzenberger per scoprire le opportunità economico-sociali legate alla riforma del 2007.
- Lo studio prende in esame i nuovi effetti della riforma parentale del 2007 in Germania. Può darci qualche informazione di contesto relativa alla riforma e allo studio da Lei condotto?
Questa riforma è stata introdotta nel 2007 per permettere alle coppie di conciliare in modo più efficace il lavoro con la famiglia. La maternità delle donne con un alto grado di istruzione e un elevato tasso di potenzialità sul mercato del lavoro si era infatti ridotta precedentemente al 2007; il provvedimento, quindi, mirava a intervenire per migliorare la situazione e incentivare la maternità.
- La riforma per i congedi parentali in Germania è riuscita a cambiare il desiderio di diventare madri?
Questo studio è stato il primo ad analizzare tale aspetto grazie alla possibilità di accedere a dati amministrativi inediti sul mercato del lavoro in Germania, prima non disponibili. Se le donne lavoravano prima del primo figlio, la riforma rendeva più vantaggioso avere un altro figlio dopo aver iniziato a lavorare. Questo aspetto, in particolare, non era stato studiato precedentemente. La riforma ha quindi garantito i vantaggi introdotti per le donne che già stavano lavorando ed erano quindi già presenti sul mercato del lavoro, aumentando anche la propensione verso il secondo figlio a pochi anni di distanza dalla nascita del primo.
- Le donne con un reddito più elevato e quelle disoccupate sembrano avere una maggiore possibilità di scegliere la maternità. Lo conferma?
Nelle donne con stipendio più elevato, quindi con prospettive migliori sul mercato del lavoro, e in quelle disoccupate nei 2-3 anni precedenti la nascita del primo figlio, la riforma parentale ha portato ad un aumento del tasso di maternità rispetto ad altre categorie di donne. I benefici introdotti dalla riforma hanno infatti controbilanciato la diminuzione del guadagno, che solitamente faceva seguito alla maternità in misura maggiore nelle donne con stipendi più elevati, avvantaggiando quindi questa categoria di donne.
Per quanto riguarda le donne disoccupate, la riforma non intendeva in realtà incentivare la maternità neo loro specifico, ma lo studio ha evidenziato che il risultato è stato raggiunto in modo indiretto incentivandole ad entrare nel mercato del lavoro prima di avere un figlio. Successivamente alla riforma, quindi, il tasso di nascite è aumentato anche per questa categoria .
- In seguito alla riforma come si è modificato il mercato del lavoro in termini di composizione della forza lavoro? C’è stata una redistribuzione del reddito indotta da questa riforma?
Ci sono stati piccoli effetti positivi sui guadagni e sull’occupazione a partire dal secondo anno dopo la nascita del primo figlio, ma non ci sono stati effetti positivi sull’occupazione a tempo pieno nel medio termine.
La riforma ha esteso la possibilità di rientrare al lavoro in tempi diversi dopo la nascita del primo figlio, più tardi rispetto a prima, e in particolare non ci sono state differenze tra la scelta del part-time e del full time per le donne al rientro dalla maternità.
Entro 5 anni dopo la nascita del primo figlio, più del 50% di queste donne ha scelto di avere il secondo figlio.
Non c’è stata alcuna variazione tra la scelta dell’impiego a tempo pieno o parziale perché in Germania già la maggior parte delle donne lavoratrici opta per il part-time.
Un altro obiettivo che si proponeva la riforma, sempre nell’ottica della conciliazione lavoro-vita familiare, era il congedo di paternità. In modo similare alla riforma introdotta negli anni ‘90 in Norvegia, anche la Germania ha introdotto i mesi di congedo per i padri. L’intenzione era di estendere anche a loro la possibilità di usufruire di un congedo retribuito.
Ogni partner può prendere almeno due mesi. Se li prende solo la madre, il congedo in totale risulta di 12 mesi, ma se ne beneficia anche il padre, i mesi totali diventano 14. Se equamente divisi tra i genitori, ognuno può avere fino a un massimo di 7 mesi di congedo.
Subito dopo l’introduzione della riforma il congedo veniva utilizzato prevalentemente dalle madri mentre i padri se ne avvalevano meno, e comunque in media per un massimo di due mesi. Tuttavia, con l’aumento della propensione alla maternità permesso dalla riforma, con il passare del tempo anche i padri hanno iniziato ad usufruire del congedo in maniera più sistematica. In Germania, per esempio, il tasso di nascita è superiore rispetto all’Italia, così come è più alto il tasso di occupazione delle madri.
- Secondo lei la riforma ha in qualche modo cambiato il modello tradizionale di famiglia?
La riforma ha modificato leggermente il modello tradizionale di famiglia in Germania, aumentando la propensione verso la maternità e promuovendo la parità tra madri e padri in termini di opportunità di assentarsi dal lavoro tramite il congedo retribuito. In realtà non si può parlare ancora di vera e propria parità tra madri e padri, dato che permangono molte differenze nelle carriere di uomini e donne con figli. La riforma ha comunque permesso ai genitori di concordare come gestire la maternità e il lavoro, ampliando le possibilità di conciliazione lavoro-famiglia sia per le madri, sia per i padri.